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Un ragazzo d'oro   versione testuale

Regia: Pupi Avati;
sceneggiatura: Pupi Avati e Tommaso Avati;
interpreti: Sharon Stone, Riccardo Scamarcio, Cristiana Capotondi, Giovanna Ralli, Guia Zapponi, Viola Graziosi, Tiziana Buldini, Christian Stelluti;  
produzione: Duea Film, Combo Produzioni, Rai Cinema;
distribuzione: 01; durata: 102’; origine: Italia, 2014.
Il tema della paternità (e della figliolanza) ricorre molto spesso nella cinematografia di Pupi Avati (Il papà di Giovanna, La cena per farli conoscere, Il figlio più piccolo). Quel genitore che al regista è mancato nell’infanzia (morì quando lui aveva dodici anni, nel 1950, in seguito ad un incidente stradale) continua a ritornare nel suo cinema con varie sfaccettature e colorazioni. Ed è presente anche in questa sua ultima opera dal tono delicato, anche se talvolta un po’ ingenuo e didascalico.

La vicenda. Davide Bias è un trentenne che fa il pubblicitario creativo a Milano, ma la sua passione è quella di fare lo scrittore. È legato sentimentalmente a Silvia e soffre di disturbi psichici. Un giorno riceve la notizia della morte del padre, Achille, uno scrittore di sceneggiature di serie B abitante a Roma. Il rapporto di Davide con il padre era sempre stato pessimo; tuttavia il giovane si reca con Silvia al funerale per consolare la madre. Poi ritorna a Milano. Qui le cose si mettono male dal punto di vista professionale e Davide perde il lavoro. Per di più si rende conto che Silvia è ancora legata al suo compagno precedente dal quale non riesce a staccarsi. Decide così di tornare a Roma. Qui incontra Ludovica, un’affascinante signora (ex amante di Achille) che fa l’editrice e che gli rivela che il padre stava scrivendo un libro autobiografico che si preannunciava molto interessante, invitandolo a scoprirlo. Vivendo con la madre nella casa di famiglia, Davide ha modo, poco alla volta, di conoscere meglio quel padre tanto detestato e di rendersi conto che era una persona fragile che, tutto sommato, gli voleva bene. Quando scopre che quel romanzo, di cui aveva cominciato ad occuparsi, era soltanto abbozzato per mancanza d’ispirazione, Davide decide di scriverlo lui, lavorando febbrilmente e rifiutando di prendere le medicine che gli inibivano l’ispirazione. Ne verrà fuori un capolavoro che però lo farà impazzire con conseguente ricovero in clinica psichiatrica. Forse avrebbe la possibilità di venirne fuori e di diventare un vero scrittore, ma preferisce rimanere in clinica, gioendo per il successo che il libro "del padre" aveva ottenuto in tutto il mondo.