Come indicato nei presupposti del “formare simbolico” di Benedetti, la chiesa assume l’esplicito richiamo alla torre-fortezza e alla montagna-sacra. Una vera e propria “cittadella sacra”, espressione “di una realtà fatta per l’uomo, ma ‘diversa’ dalle ‘ dimore dell’uomo’. Una diversità che non si contrappone all’uomo, ma che si caratterizza e si coinvolge con lui, onde fondarne e sostenerne l’esperienza terrena” (Bendetti 1987-1988, ripreso in Benedetti 1995, p. 141).
Tale fortezza, tuttavia, nella sua
conformazione cristallina non si presenta come monolite impenetrabile e impermeabile:
il sistema delle torri manifesta
esternamente quella molteplicità spaziale che si dispiega internamente, e la pluralità dei punti di vista, degli scorci e dei punti di avvicinamento racconta – in termini geometrici – i possibili approcci personali alla ‘montagna’ e alla ‘torre’. Le torri, inoltre, non determinano un volume del tutto chiuso, ma sono assemblate lasciando
tagli di luce , feritoie, che consentono una comunicazione tra spazio esterno e interno. Anche la porta angolare, unica ‘apertura’ nella fortezza, assume un valore del tutto particolare e inconsueto, tagliando lo spigolo frontale della composizione cristallina.
Le opere pastorali restano ospitate nel primo nucleo della parrocchia: la prima chiesa è diventata sala di riunione di preghiera, ospitando anche
i primi arredi liturgici rimossi dall’aula (altare, ambone, tabernacolo)