L'architettura delle chiese italiane del secondo Novecento è un fenomeno quantitativamente rilevante, la cui interpretazione storiografica tuttavia si avvale di categorie critiche ancora circoscritte. Se si considera che la Pontificia Commissione Centrale per l'Arte Sacra in Italia ha esaminato nel primo decennio del Dopoguerra circa 5.000 progetti, per arrivare a 10.000 a metà degli anni Ottanta, è evidente che la conoscenza di tale immenso patrimonio architettonico è ancora parziale, limitata alle opere dei "maestri" o all'attività degli episcopati più noti.
Paradossalmente, proprio per il periodo che dovrebbe essere quello più ricco di fonti documentarie e di testimonianze, restano solitamente ignorati i quesiti sottesi all'architettura per la liturgia di ogni epoca:
- chi sceglie il linguaggio architettonico da adottare per una chiesa?
- qual è il ruolo teologico del committente nell'impostare il lavoro del progettista?
- quale comprensione dell'architettura e del suo significato hanno i fedeli che frequentano l'edificio e che partecipano ai riti?
- quali sono gli attori in gioco attorno al progetto e al cantiere della chiesa, soprattutto in uno scenario complesso di conflittualità politica e sociale?
- qual è il rapporto tra i (pochi) "monumenti" e la prassi edilizia?
In sintesi, sono ancora rari gli studi che prendono in considerazione fonti documentarie specifiche per lo studio dei nodi tematici più complessi:
- il valore sociale ed ecclesiale dell'architettura di chiese;
- il ruolo dell'architettura nel condizionare la vita quotidiana e l'auto-percezione ecclesiologica delle comunità;
- i caratteri che determinano la "qualità" e la riuscita di una nuova chiesa, nei diversi contesti.
Si rende quindi necessario proporre un approccio interdisciplinare, attento alle dimensioni teologica, pastorale, sociale e istituzionale delle chiese, considerando non solo le fonti consuete per l'analisi dell'architettura (documenti di progetto), ma soprattutto le tracce relative alla percezione comunitaria e sociale degli edifici nei carteggi tra committenti e progettisti, nei bollettini parrocchiali e associativi, nella letteratura religiosa e teologica, nei diari e nelle biografie, nelle vicende politiche locali, nei resoconti giornalistici e televisivi, nelle citazioni cinematografiche o letterarie.
La traccia di scheda qui proposta – necessariamente sintetica per una comunicazione via web – offre una traccia di metodo, ma soprattutto intende aprire percorsi di approfondimento e analisi locali, nel tentativo di avvicinarsi a una lettura delle chiese non solo formale, ma ecclesiale e pastorale. Innanzitutto ci si chiede:
- chi prende le decisioni e la responsabilità di fare una nuova chiesa?
- come si individua il progettista? con quali criteri?
- chi sceglie il linguaggio architettonico?
La lettura proposta nella scheda comincia dall'interno (aspetti liturgici), per ragionare quindi sulla forma della comunità (aspetti ecclesiologici e pastorali), per arrivare infine all'esterno (aspetti sociali e urbanistici).
Da ultimo: la storia di una chiesa non si esaurisce né nel progetto, né nel solo cantiere di costruzione: tutta la vita della comunità è un cantiere, sia pastorale sia artistico-architettonico. La vita dell'edificio diventa una vita quotidiana, in cui ogni giorno qualcuno è chiamato a rinnovare delle scelte, ad aprire nuove strade o a ritornare indietro nel caso di errori. Naturalmente è difficile documentare un cantiere permanente: testimonianze, ricordi, incontri, volumi locali di memorie o bollettini parrocchiali sono testimonianze forse sottovalutate dalla letteratura storico-architettonica, che però restituiscono in modo prezioso l'autenticità del vissuto e le esigenze espresse dalle comunità.
In termini più ampi, e passando da una interpretazione storica a una visione progettuale, si auspica che la proposta contribuisca a far cresce la consapevolezza che ogni intervento, anche quotidiano e poco invasivo, necessita di un progetto.
E un progetto non è solo architettonico, ma soprattutto pastorale.
arch. Andrea Longhi