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| Intervista al Dott. Luigi Bartolomei*
a proposito del libro “L'Architettura del Battistero. Storia e progetto” a cura di Andrea Longhi (2003)
* Luigi Bartolomei, ingegnere PhD. Dal 2007 al 2012 professore incaricato di arte sacra presso la Facoltà Teologica dell'Emilia Romagna. Nell'Università di Bologna è stato co-fondatore della ricerca interdisciplinare “Progetto di Luoghi e Spazi del Sacro” presso la Facoltà di Ingegneria Edile; dal 2010 è assegnista di ricerca sulla progettazione dell'Architettura Sacra presso il DAPT; è Direttore della rivista IN_BO, ricerche e progetti per il territorio, la città l’architettura del Dipartimento di Architettura. A Bologna è membro della Commissione Diocesana per l'Arte Sacra, Responsabile del Censimento degli Edifici di Culto ed è Presidente del Centro Studi Cherubino Ghirardacci. Collabora con “Il Giornale dell'Architettura”.
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22/01/2018 Ergo il ruolo del battistero nelle chiese diviene fondamentale per risignificare quel passaggio. Come esaltarne la presenza nelle chiese esistenti, come renderlo più visibile nella città contemporanea?
Una nascita è una novità tanto radicale da presupporre in tutte le culture la necessità di un rito, un rito che conferisca dignità al nuovo nato e che gli conquisti uno spazio nell’ordine socio-culturale in cui la sua esistenza si configura. Oggi, l’equilibrio tra rilevanza propriamente sacramentale del Battesimo e suo ruolo sociale mi pare più a favore di questa seconda istanza, ed esso mi pare insomma una festa in cui si celebra un’appartenenza più culturale che propriamente religiosa. Il battesimo (e quindi il battistero) si pone pertanto come momento di raccordo con la società, e se vogliamo riutilizzare la metafora della “Porta”, che la collocazione dei battisteri antichi sostiene e Dante ribadisce, oltre che ad un ingresso verso la Chiesa, esso oggi è soprattutto una soglia offerta dalla Chiesa per guardare il mondo. Il battesimo, e quindi il battistero, è un luogo privilegiato di incontro tra Chiesa e società. Al progettista non dovrebbe a questo punto sfuggire la complessità del tema: certamente liturgico ma anche pastorale e quindi sociale; per uno spazio che dovrebbe poi collaborare a enunciare un comportamento non solo etico, ma propriamente religioso.
L'architettura dovrebbe accompagnare il recupero della dimensione cristiana del battesimo, restando quale memoria dell'ingresso nella comunità cristiana, porta della vita spirituale. Credo occorrano architetture capaci di produrre il silenzio, capaci di svelare interrogativi profondi e di portare le preoccupazioni di breve periodo in un secondo piano. Architettura e liturgia devono concorrere a costruire un’atmosfera capace di fare silenzio per condurre l’attenzione sull’atto che specificamente si celebra, e ciò significa oggi passare per un coinvolgimento emotivo e sensoriale essoterico, aperto ai neofiti e addirittura ai profani.
Molti battisteri contemporanei, così come la disposizione liturgica di tante chiese di recente costruzione, non va in questa direzione: a partire dagli anni immediatamente successivi al Concilio, il diffondersi di “pedane plenarie” dove si accostano tutti i luoghi liturgici attorno all'altare, propone una nuova “teatralizzazione” della liturgia e una difficoltà a cogliere l’autonomia del momento del battesimo. Nella chiesa sarebbe utile ritrovare la comprensione della gradualità dell'iniziazione alla vita cristiana, espressa anche nella disposizione e nella forma degli apparati architettonico-liturgici.
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22/01/2018
Seppure le famiglie richiedano il battesimo per i neonati in omaggio a una tradizione antica, la forza di cui questa è dotata può ben manifestarsi anche nella disposizione architettonica e artistica; nella capacità di rievocare al contempo la radice del cristianesimo e la sua attualità.
Il coinvolgimento in uno spazio capace di avvolgere in una vibrazione emotiva, aiuta a portare le famiglie, siano o no composte da praticanti, a ripensare con serietà e profondità al senso dell'iniziazione cristiana che chiedono per i propri bambini. Ma certamente occorre che l'organizzazione dello spazio liturgico rifletta il senso del percorso cristiano: nella cura del luogo, nella sua posizione, nei suoi apparati artistici e decorativi, nel rapporto con gli altri luoghi liturgici e con l’assemblea.
A volte nelle chiese si assiste a diverse forme di provvisorietà. Talvolta il battesimo non prevede altro che una bacinella provvisoria posizionata in luoghi diversi a seconda delle preferenze del celebrante. Talvolta ogni spostamento dell’assemblea (foss’anche una diversa direzione dello sguardo) viene biasimato come origine di distrazione o – peggio – di scomodità.
Un tempo invece i battisteri avevano tanta dignità da meritare edifici autonomi. Ciò corrispondeva sia a evidenziare la gradualità nel processo della vita cristiana, sia a enfatizzare il momento dell’ingresso in un ethos. E non a caso è l’età comunale a conoscere i battisteri più rimarchevoli, come quelli di Pisa e di Parma, o i più antichi battisteri romanici lombardi. È indubbio che il luogo del battesimo ha ottenuto le sue forme più monumentali e magniloquenti quando questo era la porta all’appartenenza non solo al cristianesimo, ma soprattutto ad una civitas orgogliosa della propria identità e ascendenza specifica.
Oggi la sovrapposizione tra comunità dei cittadini e quella dei fedeli è accantonata, ma l’occasione del battesimo è per molte famiglie quella di riprendere una frequenza della Chiesa e del luogo di culto. Ciò dovrebbe suggerire non solo una pratica pastorale, ma anche una riflessione sull’architettura e la collocazione dei battisteri. La gradualità nell’approccio pastorale potrebbe suggerire la processionalità in quello architettonico…
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22/01/2018
La vasca battesimale contiene in sé un simbolo potente, ossia quello del passaggio più arduo e liminale, quello dalla morte alla vita. L’acqua del fonte è immagine della morte, ma anche della vita nuova. L’ambivalenza del simbolo è stata pienamente colta da sant'Ambrogio, quando fondando il battistero milanese di San Giovanni alle Fonti in forma ottagona scriveva di essere lieto che la forma tipica dei mausolei e dei luoghi della morte fosse quella del battesimo dei cristiani, perché questi, morti in Cristo, con lui risorgano a una vita nuova. Per dirla con san Paolo, la forma dei primi battisteri ottagonali celebrava da un lato la morte dell’uomo vecchio, dall’altro la nascita dell’uomo nuovo.
L’autonomia architettonica del fonte battesimale come edificio finisce definitivamente con il Concilio di Trento. Da allora in poi il battistero diventa parte del corredo liturgico di tutte le parrocchie, nella tipica forma di bacinella su stelo, mentre precedentemente il battistero era solo nelle pievi e in poche altre chiese che, per rilievo e tradizione, avevano assunto il titolo di Chiese Battesimali. I cristiani, prima del Concilio, dovevano in alcuni casi percorrere diversi chilometri prima di raggigungere la chiesa battesimale, favorendo così una certa consuetudine ai battesimi impartiti da laici nelle molte situazioni di urgenza, in cui si temeva per la vita dei fanciulli.
Come si impartisse il battesimo nei battisteri più antichi, è invece ancora materia di discussione. Ove i battisteri erano costruzioni autonome si preferiva il rito per immersione. L’acqua era celebrata come elemento di morte nel momento dell’immersione, e come elemento di vita in quello dell’emersione, prima impedendo il respiro, poi permettendo di ritrovarlo. La forma di queste vasche battesimali doveva essere simile a quella che ancora si vede a Pistoia, o a Pisa, o ancora simile a quella che Dante riferisce essergli stata coeva nel battistero fiorentino, di cui nella Commedia ricorda i fori “che que’ che son nel mio bel San Giovanni, / fatti per loco d’i battezzatori; / l’un de li quali, ancor non è molt’anni, / rupp’io per un che dentro v’annegava: / e questo sia suggel ch’ogn’omo sganni” (v. Inferno, XIX, 13-21).
Dopo il Concilio, nel richiamo alle origini del Cristianesimo, il battistero per immersione è stato oggetto di una riscoperta e, anche a Bologna, alcune delle chiese lercariane ne presentano delle varianti. Negli anni ’80 e ’90 il Battistero per immersione è stato ripreso anche per la pressione del movimento Neocatecumenale che ne aveva fatto un proprio segno distintivo. Nell’uso attuale, il battesimo per immersione, per ragioni pratiche e per le trasformazioni cui è andata soggetta la percezione del corpo, specialmente nella nudità, è stato pressoché abbandonato nella Chiesa cattolica di rito latino.
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22/01/2018
Non nascondo che, in prima battuta, non ho un’immagine che mi balzi in mente. In realtà, le prime immagini cui penso sono “laiche”, e precisamente i paesaggi d’acqua ideati da Carlo Scarpa. Credo che se dovessimo selezionare un architetto che ha avuto l’abilità di trasmettere l’acqua connotata nella preziosità del simbolo, questi sarebbe proprio Carlo Scarpa. In tutti i suoi recinti sacri, che sia il giardino della Querini-Stampalia o la Tomba Brion, egli ha il gusto di disegnare crogiuoli in cui l’acqua è esibita in tutta la sua preziosità, quasi fosse oro, dalla singola goccia al ruscello.
Se invece vogliamo ricondurci all’architettura sacra, mi sono particolarmente cari quei battisteri che tendono a ritrovare una continuità tra esterno e interno, come a Bologna la Beata Vergine Immacolata, di Glauco Gresleri, o come, più recentemente, la chiesa Gesù Redentore a Modena, di Mauro Galantino, dove il fonte battesimale è ben visibile a chi entra pur restando defilato e in rapporto con una lunga vasca esterna.
Questa relazione tra interno ed esterno, tra chiesa e paesaggio, tra materia del sacramento e acqua naturale come bene comune, assume talvolta i tratti di una relazione visiva. Notevole a questo proposito è il battistero disegnato da Alvar Aalto per la chiesa di Riola di Vergato, dove esso è ribassato rispetto all'aula, in rapporto visivo col fiume vicino, e con uno spazio a cavea che attornia il fonte sotto una cuspide di vetro: nel segno dell’acqua il movimento orizzontale del fiume si congiunge a quello verticale della luce e del cielo.
Nelle chiese moderne in cui ancora il battistero presenta un ruolo introitale, è da considerare quella di San Giovanni Battista, nota come Chiesa dell'Autostrada, progettata da Giovanni Michelucci. Questa presenta un battistero interno all'edificio della chiesa ma separato dall'aula eucaristica, con in indubbio valore di centralità nel percorso che conduce all’aula principale.
Riguardo alla più recente ripresa del battistero per immersione a opera del movimento Neocatecumenale, emblematica è la chiesa di San Bartolomeo in Tuto a Scandicci (Firenze), opera la cui formulazione attuale dei luoghi liturgici risale ai primi anni '90. La vasca sta sotto il livello del piano di calpestio e resta coperta da una grata: la sua presenza è evidente, ma allo stesso tempo essa è sacrificata sotto le suole dei passanti. Mi pare manifesti una contraddizione: da un lato si vuole esaltare il fonte collocandolo in asse all’ingresso, dall’altro lo si occulta ponendolo in luogo interrato. Il riferimento geometrico congiunge la pianta ottagona alla croce dello splendido battistero della Basilica Panagia Ekatontapyliane di Paros, di cui però non possiede la dignità, mancando qui ogni rilievo in alzato.
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