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In che cosa percepisce più profonda la distanza tra chiesa storica e quella attuale'   versione testuale

Mario Botta, uno degli architetti che ha realizzato le chiese attuali, a mio parere più interessanti, ha parlato della progettazione di una cattedrale come di un’occasione straordinaria per affermare “la verità come presenza”. Una cattedrale, ha detto, è il segno di un nuovo atteggiamento dell’uomo verso il proprio spazio di vita. In troppi casi, però, il cemento armato, l’acciaio, l’essenzialità estrema, la stilizzazione degli elementi portanti, insieme a vetrate assai discutibili, sono state il contrario della “nobile semplicità” evocata da Winckelmann, dove l’opera d’arte combinava elementi sensibili e spirituali come il bene, il bello e gli ideali morali. Hanno prevalso il mero funzionalismo, quando non la rozza banalità. Con ragione il direttore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci, ha parlato di chiese che sembrano “musei o grandi magazzini”, e il cardinale Gianfranco Ravasi, di inospitalità, dispersione, opacità di luoghi dove ci si trova sperduti. Così distanti dalla limpidezza delle basiliche paleocristiane, dalla finezza spirituale di quelle bizantine, dalla grandezza del romanico, dalla forza mistica del gotico, dalla lucentezza del rinascimento, dalla magnificenza del barocco, dall’armonia del settecento e del neoclassicismo.
 
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