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Home page - Una chiesa al mese - Diocesi di Aosta, parrocchia di Santo Stefano a Gressan - Scheda completa | | Pila-Pesein, comune di Gressan (Aosta) | |
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25/07/2013
La chiesa della stazione sciistica di Pila è l’esito di un concorso di idee promosso, dopo una prima consultazione informale, dal parroco di Gressan, don Rinaldo Venturini, e bandito dalla diocesi di Aosta nell’estate del 1989, durante l’episcopato di mons. Ovidio Lari (1968-1994). La Commissione Diocesana per l’Arte Sacra, giuria del concorso, individua in due dei progetti concorrenti, quelli di Roberto Rosset e Pier Giorgio Trevisan, alcuni elementi di interesse comune, ed assegna l’incarico congiunto ai due professionisti per una nuova rielaborazione condivisa delle idee progettuali segnalate dalla Commissione; il progetto è approvato dalla Commissione stessa il 21 giugno 1990. Completato l’iter delle approvazioni civili e canoniche, l’opera è realizzata dal 1996, sotto la direzione lavori di un tecnico di fiducia della Curia, Alberto Devoti, mentre gli aspetti liturgici sono curati dal parroco, don Michel Ottin.
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25/07/2013
Pila è un complesso di attrezzature turistiche invernali ed estive, realizzato secondo il modello dei grandi complessi alpini multifunzionali e omnicomprensivi, sviluppatosi in Francia dagli anni Sessanta. Tale modello prevede la costruzione di mega-strutture, pianificate secondo un’attenta regia complessiva e promosse da un unico soggetto imprenditoriale, in grado di soddisfare ad ogni esigenza del turista e del villeggiante. Nel nostro caso, a partire da una preesistente attività mineraria, dagli anni Quaranta del Novecento si era verificato un embrionale sviluppo turistico, con i primi alberghi e infrastrutture. Su tali presupposti si formula l’idea di una nuova grande stazione sciistica a circa 1800 metri di quota, il cui progetto definitivo è elaborato nel 1971 da Laurent Chappis, esperto del tema. Il complesso è realizzato – per parti – nei decenni successivi: attorno a un tunnel coperto si sviluppano gli edifici residenziali e i servizi, che si inseriscono organicamente nella morfologia del versante, pur se totalmente riplasmato dalle opere ipogee. Le maniche residenziali assumono sviluppo prevalentemente lineare, hanno un’altezza contenuta e, pur adottando un disegno esplicitamente moderno, sono rivestite da tavolati in legno che richiamano le tradizioni costruttive locali. Gli edifici e gli impianti di risalita hanno sostanzialmente ridisegnato il paesaggio ma, grazie all’interramento di parcheggi, servizi e attività varie, restano visibili le trame storiche del paesaggio montano e delle precedenti attività agro-silvo-pastorali. La stazione sciistica ha goduto di una buona fortuna grazie alla connessione diretta con Aosta mediante cabinovia. Durante le stagioni turistiche estiva e invernale Pila offre attualmente circa 5mila posti letto in seconde case e 1500 in albergo, a fronte di poche decine di residenti permanenti. Il piano urbanistico originario prevedeva un centro di servizi religiosi, ma nei primi decenni di attività le funzioni sono state svolte in un salone polifunzionale, poco ospitale verso le celebrazioni liturgiche e del tutto privo di caratteri religiosi. Il problema della stagionalità e della particolarità della comunità cristiana di Pila è stato posto con lucidità dal vescovo mons. Giuseppe Anfossi, durante il cui episcopato (1995-2011) si è sviluppato il progetto: “Come si giustifica la costruzione di una chiesa in un luogo di sola villeggiatura, in assenza o quasi di comunità credente residente?”; infatti “la comunità che accoglie e lavora, per ora, non ha fatto di Pila un paese vero e proprio, e alla comunità ospitata stanno a cuore soprattutto lo svago, lo sport sciistico e il riposo” (Anfossi 2005). Inoltre i turisti hanno provenienze e abitudini liturgiche le più disparate: se una chiesa deve essere plasmata su una specifica visione di Chiesa, “quale comunità si ‘manifesta’ in questa chiesa? Quale liturgia può esprimere una appartenenza così diversificata e occasionale?”. La chiave dell’ approccio progettuale scelto si trova nella forza del legame con la preesistente cappella: luogo di preghiera e luogo di festa tradizionale durante la stagione degli alpeggi, manifesta un legame con la natura, con la storia e con i defunti locali, ed è tappa di cammino lungo i sentieri della valle. La chiesa nuova nasce dunque come sviluppo della cappella antica, per offrire ai visitatori e alle nuove attività turistiche un luogo al tempo stesso di silenzio e di incontro, una “spazio di accoglienza per tutti coloro che cercano un luogo di sosta per riprendere il faticoso cammino della vita, un luogo di comunione per incontrare altri compagni di viaggio, un luogo di ascolto, per dare voce ai tanti turbamenti nel cuore e per accompagnare la quotidianità degli uomini e delle donne del nostro tempo” (Anfossi 2005).
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25/07/2013
Uno spazio liturgico che nasce senza una “propria comunità” deve necessariamente poter ospitare forme di celebrazione diverse per dimensione (dai pochi frequentatori occasionali di bassa stagione alle folle di Natale e Pasqua, periodi di picco turistico), ma differenti anche per tipo di partecipazione, per abitudini celebrative ecc. La committenza ha quindi scelto il modello più tradizionale e – al tempo stesso – più versatile, in cui qualsiasi turista possa in qualche modo riconoscersi, ossia quello della navata basilicale ipostila con presbiterio frontale . Certamente comunità più affiatate e consolidate possono proficuamente adottare assetti più partecipativi e avvolgenti, come era stato proposto nell’idea concorsuale di Rosset, con assemblea emiciclica attorno all’altare; l’incognita dell’effettivo volto della comunità ha consigliato un modello longitudinale rassicurante per ogni visitatore, quali che siano la sua formazione liturgica e il suo senso di appartenenza. Ai ranghi ordinati dei fedeli è destinato lo spazio centrale in penombra, racchiuso tra due file di colonne in calcestruzzo armato, illuminato perimetralmente sia dalle ampie vetrate sud ed est, sia dai lucernari lineari lungo le due pareti contro-terra. Sono previsti circa 350 posti a sedere, ma gli ampi spazi perimetrali consentono di ospitare durante le festività fino a mille fedeli. Sull’ampio presbiterio sono stati collocati arredi ancora provvisori: l’ altare costruito dai forestali per la messa del papa Giovanni Paolo II a Cogne nell’agosto 1994, cui è stato associato un ambone del medesimo gusto naturalistico. Il polo dell’altare è sottolineato dal lucernario troncoconico, che fa piovere luce diretta sulla mensa. La parete di fondo del presbiterio nel 2002 è stata rivestita con tavole di legno recuperate da una chiesa storica, semplificando l’iniziale idea progettuale di parete lignea articolata tridimensionalmente e arricchita di effetti luministici. Sulla superficie realizzata si dispiega invece il complesso programma iconografico che rimanda alla storia religiosa della valle e del sito, infra descritto. La sede è ancora provvisoria. Per favorire momenti di preghiera individuali o per assemblee piccole, è stata prevista una cappella di forma avvolgente per la custodia eucaristica ; tale spazio è percepibile anche dall’aula, verso cui si proietta con la parete curva a sinistra del presbiterio . Il tabernacolo non è però ancora stato realizzato con il doppio affaccio (verso il presbiterio dell’aula e verso la cappella), ed è quindi apribile solo verso il presbiterio. Lo spazio della cappella è quindi stato finora utilizzato come luogo per le confessioni , allestito con arredi lignei e con il crocifisso proveniente dal primo salone polivalente del complesso sciistico.
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25/07/2013
Il programma iconografico è stato realizzato autonomamente rispetto alle premesse progettuali dello spazio liturgico, che prevedeva nude pareti interne in pietra (richiamanti il paesaggio tradizionale esterno) e arredi sostanzialmente aniconici. Sotto la regia del parroco è stato invece impostato un programma iconografico di ampio respiro, pensato sia per comunicare agli ospiti le tradizioni religiose della vallata, sia per essere comprensibile a culture figurative di provenienza e formazione disparate. Per tali ragioni è stato adottato il linguaggio delle icone di ispirazione orientale, che attualmente è di sicuro quello più diffusamente apprezzato da cristiani di provenienza e cultura diversa. La storia del cristianesimo è ricordata nella parete presbiteriale grazie a un polittico, articolato sui misteri della Salvezza e sulla storia della santità, con una particolare attenzione alla religiosità della Valle. Al centro il Cristo Pantocratore, con il libro delle Scritture aperto sul passo che invita a riposarsi nel Signore: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro” (Mt 11,28). Attorno al maestro una deesis : a sinistra una sequenza di santi che indica la via contemplativa per arrivare a Cristo: Maria, San Giovanni Evangelista e Maria Maddalena (patroni delle due parrocchie di Gressan ora accorpate) e Sant’Anselmo di Aosta arcivescovo di Canterbury (tradizionalmente ritenuto originario di Gressan). A destra, la via del martirio, con San Giovanni Battista, Santo Stefano (patrono della parrocchia di Gressan da cui Pila dipende), San Lorenzo (cui è dedicata la chiesa di Pila) e San Grato (patrono della diocesi, che si ritirava a pregare in un eremo vicino all’attuale Pila). Sovrapposte alle otto figure di santità sono poste le scene fondamentali della storia della Salvezza, principali feste dell’anno liturgico: Annunciazione, Nascita, Battesimo e Trasfigurazione (a sinistra) e Crocifissione, Discesa agli Inferi, Ascensione e Pentecoste (a destra). Il crocifisso , realizzato su un modello iconografico medievale, è posto sulla parte destra del fondale del presbiterio. Le opere sono state dipinte da Paolo Curtaz, noto teologo e scrittore, occasionalmente prestato alla pittura di icone. Alle spalle dell’altare è collocata, sollevata, la riproduzione dell’Icona della Trinità di Andrej Rublev , realizzata dall’atelier di pittura delle monache benedettine di Saint-Oyen: il racconto dell’ospitalità di Abramo, immagine della Trinità raccolta attorno alla mensa, si associa prospetticamente alla visione dell’altare sottostante l’icona, su cui si celebra l’eucaristia. Le medesime monache hanno anche realizzato la tavola della Madonna di Vladimir, collocata nella luminosa cappella ricavata vicino all’ingresso laterale, spazio di accesso alla cappella delle confessioni. Di grande interesse la definizione iconografica dello spazio di ingresso principale: al di sopra dell’acquasantiera lapidea, scolpita da Fulvio Cunèaz, è collocato un trittico che interpreta il tema dell’acqua di vita: a sinistra, Mosé nel deserto che invoca dal Signore l’acqua per il suo popolo, che viene fatta sgorgare dalla roccia (Es 17,7); a destra la Samaritana al pozzo che chiede a Gesù l’acqua di vita (Gv 4, 15). Un medesimo corso d’acqua unisce le due scene, dando da bere al gregge e alle cerve. Il santo cui è dedicata la chiesa, San Lorenzo, è ricordato dalla statua lignea posta nello spazio devozionale sinistro, ricavato lungo la vetrata perimetrale; l’opera è di Fulvio Cunèaz (2006). Se la cultura figurativa dell’icona orientale può rappresentare un medium universale, adatto a un luogo con una comunità molto eterogenea, è da segnalare anche il tentativo di utilizzare l’ arte contemporanea non figurativa per completare il programma iconografico dell’edificio. Una recente installazione di Francesco Correggia, docente di scrittura creativa all’Accademia di Belle Arti di Brera, definisce narrativamente la parete perimetrale nord (quella contro terra), illuminata dall’alto dal lucernario lineare e rimasta semplicemente intonacata. L’opera nasce da un progetto culturale di ampio respiro promosso dalla Diocesi nel 2004, con l’Accademia di Brera e la Regione Autonoma Valle d’Aosta: un laboratorio, con artisti e studenti di Brera ospiti in valle, per realizzare opere da destinare a chiese officiate o da esporre temporaneamente in spazi religiosi, sul tema del confronto tra l’arte contemporanea e la storia dei luoghi. Francesco Correggia ha operato in Valle, ospite della diocesi per un periodo di tre settimane, per “respirare” il luogo e lavorare in un atelier appositamente offerto all’artista nel Seminario diocesano; l’esito, nelle parole dell’autore, è un “dialogo tra la chiesa e le luci esterne, tra lo spazio di culto e gli spazi del cielo”, affidando il tracciato dell’opera al commento di alcuni passi delle Scritture, in un “doppio testo” di verbo e colore. In corrispondenza dei varchi tra le colonne della navata sono collocati ampi pannelli che, con una gamma cromatica variabile gradatamente nei toni dell’azzurro e dei colori caldi, evocano alcuni versetti del libro della Genesi.
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25/07/2013
Il tema della luce è decisivo nella qualificazione dello spazio interno. L’assemblea resta in penombra, ma circondata da sorgenti luminose diverse: una vetrata continua verso sud ed est consente un diretto contatto con il contesto paesaggistico alpino, verso i lati nord e ovest (pareti contro terra) un’ asola luminosa continua – alimentata da lucerari sporgenti dal solaio verde –separa la copertura dalla parete perimetrale, illuminando di luce radente la navata laterale e lo spazio posteriore al presbiterio . Al di sopra dell’altare, l’ oculo troncoconico illumina la mensa. La parete dello spazio di devozione mariana è completamente vetrata, mentre la cappella dell’adorazione (ora delle confessioni) ha alcune piccole aperture con vetrate colorate . Ulteriore elemento importante per la definizione dello spazio interno è il pavimento in pietra, realizzato con un manto continuo di lastre di granito verde valdostano. Per quanto attiene il comfort termico, il riscaldamento è ad aria (immessa dalla parete contro terra nord), mentre d’estate l’aula, grazie alla soluzione ipogea, è sempre raffrescata naturalmente.
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25/07/2013
Come indicato nel paragrafo di apertura, la chiesa di Pila è destinata a una comunità molto variabile e imprevedibile: oltre alle poche decine di abitanti stabili (addetti alla manutenzione e agli esercizi commerciali permanenti della stazione turistica), si tratta di turisti occasionali o di villeggianti nelle seconde case. Quest’ultima categoria costituisce forse la comunità relativamente più stabile, in quanto periodicamente torna a Pila e stabilisce qualche legame di amicizia, mentre il resto dei visitatori è del tutto occasionale. Per garantire comunque una presenza ecclesiale, offerta a chi si trova anche solo in transito, la chiesa resta sempre aperta nei periodi di maggiore frequenza turistica (stagione estiva e stagione sciistica), e negli anni è ormai diventata un luogo di incontro e di passaggio abituale, grazie anche alla totale permeabilità visiva dell’involucro dell’aula e alla sua integrazione nei percorsi più frequentati dai turisti. Un custode garantisce la sorveglianza e l’apertura. Certamente, creare una “comunità” è un obiettivo pastorale non perseguibile secondo i tradizionali criteri: l’ospitalità e l’accoglienza possono essere le cifre distintive di un luogo di culto che – con discrezione, ma ben riconoscibile – sa affiancarsi alle attività sportive e di svago.
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25/07/2013
Dal punto di vista dell’inserimento nel paesaggio, il progetto ha scelto di condividere l’ approccio “ipogeo” adottato dal piano originario della stazione turistica. Sul solaio di copertura dell’aula si dispiega infatti un manto erboso , che va a saldarsi con il versante e che prosegue idealmente nei prati adiacenti. La testata a valle del solaio, tuttavia, è segnata dallo svettante diedro in calcestruzzo bianco, il “pennone” della chiesa , che è diventato il marcatore paesaggistico dell’area e che dialoga visivamente con le cime circostanti. Il progetto si discosta dunque dalla cultura costruttiva alpina delle cappelle con spioventi fortemente pendenti, carpenterie lignee e coperture lapidee, come pure si discosta dai linguaggi vernacolari o neo-tradizionali, per riprendere e aggiornare il linguaggio della Modernità che ha colonizzato il versante negli anni Settanta. Se il linguaggio architettonico non esita a perseguire un netto distinguo dalla tradizione, diverso è l’atteggiamento relativo all’inserimento territoriale della chiesa. Per il legame con la trama insediativa è decisivo il nesso sintattico e strutturale con l’antica cappellina: le muraglie lapidee che definiscono a nord e ovest la nuova chiesa sono infatti in prosecuzione ideale del tracciato della chiesetta preesistente [40], che diventa quasi “matrice” del ridisegno del luogo (Rosset 2008). La scelta ipogea consente di lasciare il più possibile inalterato il sito. Il sagrato antistante l’ingresso principale è in parte coperto dall’ampia sporgenza del solaio di copertura (retta dalla base del pennone), e in parte a cielo libero, ma protetto dalla muraglia nord e dalla parete della chiesa, spazio in cui è stato allestito un giardino alpino . Il sentiero che affianca il sagrato e la chiesa è focalizzato sulla facciata della cappellina storica, sottolineando così la continuità visiva e di comunicazione. Ancora da risolvere il piazzale a fianco della chiesa, nella conca ai piedi dell’ingresso al tunnel coperto della stazione sciistica, tuttora privo di forma. Di fronte alla chiesa ha trovato posto un piccolo impianto di risalita a tapis-roulant per gli slittini, il cui gusto pseudo-tradizionale confligge vistosamente con l’architettura della nuova chiesa.
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25/07/2013
Al momento della dedicazione la chiesa era ultimata nelle sue strutture architettoniche, ma non completa delle finiture, degli impianti, degli allestimenti liturgici e delle opere d’arte. La realizzazione, che aveva comportato una forte semplificazione dei dettagli costruttivi previsti in progetto, è stata portata quindi progressivamente a compimento secondo un nuovo disegno iconografico complessivo, e rinunciando ai rivestimenti lapidei interni inizialmente progettati. Gli arredi liturgici restano provvisori. È stato da poco fatto l’impianto acustico definitivo, mentre l’impianto di illuminazione è ancora da realizzare. Per quanto attiene gli spazi esterni, le campane – inizialmente pensate per il portale lapideo nella muraglia che unisce la cappella e la chiesa nuova (Rosset 2008) – sono state poste sul “pennone”, che è stato innalzato e ritagliato per inserire le strutture di sostegno del concerto e per favorire la diffusione sonora. La vera prova del tempo sarà costituita, nei decenni, dalla tenuta del solaio di copertura: il distacco dalla tradizione alpina del tetto a spioventi comporta l’assunzione del rischio di fare una copertura piana in contesti climatici quasi proibitivi: sarà interessante monitorare come l’accorta progettazione e realizzazione del manufatto sappia garantire la durabilità della copertura.
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