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 Home page - Una chiesa al mese - Diocesi di Parma, parrocchia di Maria Immacolata, chiesa di San Luca Evangelista - Scheda completa 

San Luca Evangelista

Parma, via Budellungo/via Terracini

25/06/2013
La parrocchia di Maria Immacolata viene istituita nel 1969 a servizio dei quartieri sud-orientali della città da mons. Amilcare Pasini, amministratore apostolico della diocesi di Parma, con un forte supporto da parte della comunità locale. Il Comitato diocesano per le chiese nuove assegna ad Armido Punghellini l’incarico della progettazione della chiesa, che viene inaugurata il 7 dicembre 1974 in via Casa Bianca. La comunità parrocchiale, affidata a don Paolo Ghezzi, continua nei decenni successivi la costruzione e il potenziamento delle opere pastorali e sociali, in una sorta di cantiere continuo.
Le aree a sud del quartiere dagli anni Novanta sono coinvolte da nuovi vasti insediamenti residenziali i cui abitanti – sia per la distanza, sia per la struttura della trama viaria – difficilmente possono fruire dei servizi offerti dalla chiesa parrocchiale di Maria Immacolata. Il processo espansivo, peraltro, è tuttora in crescita, ma le abitazioni realizzate– seppur di una certa qualità edilizia – sono prive di spazi pubblici e di aggregazione, funzioni suppletivamente assolte dai centri commerciali.
Per tale ragione la diocesi e la comunità – il cui parroco dal 1987 è don Francesco Riccardi – hanno promosso nel 2005 la realizzazione di una chiesa sussidiaria, dimensionata per un’assemblea di circa 120 fedeli e affiancata da un piccolo centro pastorale. La chiesa sussidiaria non sostituisce la chiesa parrocchiale nella celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana e nei riti funebri, ma è luogo di celebrazione eucaristica feriale e festiva, nonché di animazione pastorale per fidanzati, sposi e attività caritative.
È stata scelta la dedicazione a San Luca Evangelista perché “l’ascolto, la meditazione e la preghiera della Parola di Dio sono al centro della vita della comunità” (sito web parrocchiale), ossia sono la ‘vera pietra’ su cui fondare la comunità, come viene tradotto anche simbolicamente dalla grande lastra di pietra su cui si erge la ‘macchina’ dell’ambone.
25/06/2013
Gli ampi spazi cui la nuova chiesa è chiamata a dare un cuore, un centro, un significato, costituiscono un lembo della periferia sud-est di Parma, inserito nel sistema verde del Parco Farnese, in cui sono sorti vasti insediamenti residenziali sostanzialmente monofunzionali, affiancati da grandi superfici commerciali con accesso veicolare dai grandi assi di comunicazione.
L’inserimento di un piccolo edificio di culto è quindi un’occasione particolare di riflessione sull’identità urbana dell’architettura sacra in contesti fortemente frammentati, caratterizzati da una ricerca di qualità edilizia ‘privata’, se non individualistica.
 
La ricerca tipologica e la ricerca sulla figuratività del complesso ecclesiale possono essere considerate le matrici del processo di maturazione della forma complessiva dell’edificio, nel quadro dell’attività di ricerca anche teorica del progettista, Carlo Quintelli, figura di riferimento dell’Università di Parma e del contesto professionale regionale. Quintelli è stato individuato come progettista di San Luca da parte della curia e della parrocchia in quanto, come estensore del progetto urbanistico di attuazione, aveva già lavorato sul tema dell’inserimento delle attrezzature di interesse collettivo nel sistema del percorso del parco e degli altri servizi.
 
Per l’aula liturgica viene proposto uno sviluppo decisamente longitudinale, secondo un dispositivo tipologico ormai storicizzato, ma ancora ben rispondente all’interpretazione dell’assemblea come “popolo di Dio pellegrinante verso la Gerusalemme celeste” (PNC 1). Nel nostro caso la direzionalità è anche consonante con l’orientamento geografico, ed è coerente con la trama urbanistica del quartiere.
La longitudinalità dell’impianto traduce anche la dimensione escatologica del costruire: l’edificio della chiesa può infatti essere considerato non solo “icona ecclesiologica”, ma anche “icona escatologica, grazie al collegamento dinamico che unisce il sagrato alla porta, all'aula, all'altare e culmina nell'abside, grazie all'orientamento di tutto l'edificio, al gioco della luce naturale, alla presenza delle immagini e al loro programma” (ACRL 13). In San Luca, tuttavia, si pone una flessione originale del tema tipologico: infatti il percorso longitudinale non è assiale rispetto alla navata, e non è concluso dall’emiciclo absidale, attraversando completamente l’edificio in modo tangente, e generando così una sorta di emi-navata attesta solo parzialmente su una emi-abside. La via processionale entra dal protiro di ingresso, si affianca alla navata e si prolunga oltre la parete absidale, che è sezionata da un’asola vetrata verticale che consente di percepire prospetticamente sia la continuazione del percorso, sia la parete che l’affianca, conclusa dal fuoco della campana libera . L’assemblea pellegrinante trova quindi uno spazio di sosta “a fianco del proprio percorso, dove la pausa è assunta quale condizione per la celebrazione del rito, comunità in preghiera, per l’appunto celebrante, per poi riprendere il significato dell’avanzamento inteso quale azione concreta attraverso il prossimo” (Quintelli 2009, p. 26).
L’asse orientato, dunque,’affianca’ l’assemblea, ma al tempo stesso suggerisce un suo ribaltamento virtuale verso il contesto esterno: l’emi-navata costruita evoca – per assonanza tipologica – l’esistenza di una seconda emi-navata e di un’ulteriore emi-abside nel mondo ‘esterno’ alla chiesa, una “proiezione esterna che sembra auspicare l’estensione dei valori dell’esperienza rituale nella responsabilità nel mondo reale” (ibid.). Secondo le parole del parroco, “l’altra metà della chiesa è fuori, nel mondo”.
La scelta dell’impianto longitudinale è un’opzione certamente in contro-tendenza rispetto ai tentativi più aggiornati di rendere avvolgente e partecipativa l’assemblea: in questa specifica ricerca, tuttavia, la frontalità dei fedeli e l’addensamento dei poli liturgici non sono una scelta effettuata per inerzia o per mero ossequio a un modello tradizionale, ma rispondono a un percorso progettuale legato alla natura della comunità – per sua stessa natura ancora in divenire, in quanto chiesa sussidiaria, e avviata verso un futuro ancora da disegnare –, nonché alla scala dell’edificio, pensato per piccoli numeri e per una dimensione in cui la longitudinalità non pone problemi di eccessiva distanza dei fedeli da altare e ambone.
 
Il “racconto figurativo” del complesso interpreta, in un passo successivo della ricerca progettuale, le scelte topologiche – cui, tuttavia, è affidata la riconoscibilità urbana della chiesa – conferendo identità alle singole parti (Quintelli 2009, pp. 32 sgg.): evitando sia l’oleografia passatista, sia le caricature moderniste, il progetto si radica nella complessità della tradizione e dei modelli storici, dal romanico padano ai riferimenti lecorbuseriani, prendendo così anche le distanze da un certo “minimalismo muto”, spesso privo di senso e profondità (Quintelli 2009, p. 86).
25/06/2013
La disposizione fortemente longitudinalizzata dell’aula necessita un testata con valori, volumi e temi adeguatamente commisurati alla tensione prospettica dell’edificio. La navata trova il suo coronamento nell’emi-abside in cui sono collocati i poli liturgici delle due mense, quella dell’Eucaristia (altare) e quella della Parola (ambone), che con una propria forza massiva costruiscono uno spazio articolato , non schiacciato dalla lunga prospettiva della navata, e a cui lo schermo di fondo a due valve, staccate superiormente dal tetto, dà ulteriore respiro. Non si tratta, quindi, di un semplice presbiterio plenario, ma dall’accostamento dinamico di due poli di attrazione, di due ‘centri di gravità’, la cui individualità funzionale e iconica è fortemente percepibile, pur nella prossimità fisica del piccolo spazio della chiesa.
L’area presbiteriale ha certamente valenza di terminale dell’asse della chiesa, ma – grazie a una sorta di “effetto di tangenza” (Quintelli 2009, p. 88) – consente l’apertura dell’assemblea verso una dimensione ulteriore. Seppur non avvolti dall’assemblea, i poli liturgici principali sono assai prossimi ai fedeli, e sono elementi fortemente focalizzanti.
 
L’altare  è un elemento trilitico in pietra, posto su un presbiterio rialzato di un solo gradino. Di fronte all’altare si apre l’asse centrale  dell’assemblea.
Un blocco lapideo sbozzato, quasi un masso erratico orizzontale, è il basamento per la struttura dell’ambone, dispiegata parallelamente all’asse longitudinale dell’edificio e protesa verso l’assemblea: sulla parte anteriore della lastra è posto il blocco che costituisce il leggio, mentre nella parte posteriore è collocata la colonna che porta la croce. L’insieme della “macchina rituale” dell’ambone focalizza percettivamente l’aula ed è un richiamo forte – anche a riposo – al rapporto tra Parola e Croce nel peregrinare del popolo in cammino. L’ambone si protende verso l’assemblea nella sua compattezza, sul ‘pieno’ dei banchi dei fedeli, compresi tra l’asse ‘peregrinante’ – principale, ma tangente – e l’asse distributivo centrale.
Il tabernacolo è posto in immediata prossimità – anzi, in stretta aderenza – con l’area presbiteriale, ma evita la sovrapposizione di segni tra l’atto della celebrazione eucaristica alla mensa e la conservazione delle specie consacrate. Lo spazio della custodia eucaristica è quindi una presenza nettamente sensibile fin dall’ingresso, ma non direttamente visibile, presentandosi come un invito alla ricerca, alla sosta, all’adorazione, allestito con un semplice tabernacolo a parete, di fronte a cui è posto un inginocchiatoio per l’adorazione personale. La cappella laterale è invece dedicata alla devozione mariana.
La sede del presidente è un seggio ligneo appoggiato al lato destro dell’abside, come pure in legno sono le panche per i fedeli e tutti gli arredi della chiesa, quali la credenza, gli sgabelli per i ministranti, le sedute perimetrali, i due altari (eucaristico e mariano), la cornice della pergamena di fondazione, lo scaffale per la musica e per la consolle dell’organo. Per i fedeli sono state progettate e realizzate panche lignee continue, che materializzano la corporeità dell’assemblea anche al di fuori delle funzioni, e che costituiscono un invito alla coesione della comunità.
Trattandosi di chiesa sussidiaria, San Luca non è dotata di fonte battesimale, prerogativa delle sole chiese parrocchiali: un “luogo di riferimento battesimale”è tuttavia evocato dalla lastra lapidea in pietra di Cassio , addossata alla controfacciata e illuminata da un proprio lucernario; la posizione, la luce spiovente (in quanto photisterion), la prossimità dell’acquasantiera e la materialità della pietra (richiamo ad un eventuale fonte lapide) indicano tuttavia esplicitamente il luogo-memoriale dell’iniziazione cristiana, al momento non realizzabile per ragioni istituzionali. Ove, in futuro, San Luca possa essere eretta in parrocchia, lo spazio battesimale sarà già predisposto in modo integrato con il sistema degli accessi, con la navata e con gli altri poli liturgici.
25/06/2013
Un primo tema iconografico è relativo alla identità figurativa dell’edificio stesso, alla sua riconoscibilità come chiesa e alla sua identificabilità nel paesaggio urbano: rispondono a tale esigenza alcuni elementi simbolici del linguaggio architettonico adottato, quali la parete-guglia con la croce estrusa , la serialità delle aperture lungo la navata basilicale, la semiabside emiciclica, il protiro d’ingresso e la campana libera .
Anche gli arredi interni e gli elementi iconografici dell’allestimento liturgico rispondono a una medesima logica compositiva, maturata in modo strettamente integrato con il progetto architettonico: l’unità tra la forma dello spazio e gli elementi ‘inanimati’ che lo abitano – sia durante i riti, sia ‘a riposo’ – “appartengono ad un’unica concezione teatrale, in senso visivo, del progetto” (Quintelli).
 
La croce in ferro naturale, posta sulla “colonna di glorificazione” dell’ambone, evoca temi dell’iconografia del primo Millennio del cristianesimo: il legno della croce è infatti punteggiato di chiodi-spine che si trasformano in germogli, richiamo a come uno strumento di morte possa diventare simbolo di vita.
La pala che chiude lo spazio dietro l’altare è uno stendardo dipinto da Zelda Sartori (Fidenza 1976), che richiama la figura evanescente ed allusiva dell’Evangelista, ritratto con uno dei quattro Viventi apocalittici che ne è il simbolo: il toro. Il medesimo tema iconografico tradizionale è utilizzato nell’epigrafe in facciata, scolpita in pietra di Cassio da Paolo Sacchi. Una prima ipotesi di pala d’altare era stata formulata da Marco Gastini : una struttura eretta di terracotta portava una lastra di cristallo dipinta in blu, colore tradizionalmente mariano e collegato al ruolo di Luca quale primo pittore della Vergine, allusione dunque al tempo stesso all’Evangelista e alla trascendenza celeste (Quintelli 2009, p. 72); la committenza, pur apprezzando il valore dell’opera, non ha ritenuto di dare seguito all’ipotesi, prevedendo la difficoltà di lettura e di immedesimazione da parte dei futuri frequentatori della chiesa.
L’immagine mariana è un dipinto del XIX secolo, restaurato e collocato in un’ancona lignea coerente con il disegno degli arredi interni.
Lungo la parete nord sono collocate le 12 stazioni della Via della Salvezza, tappe che scandiscono il cammino [33] del credente verso la Gerusalemme celeste attraverso brani tratti dal Vangelo di Luca, scelti dal parroco committente, abbinati a immagini fotografiche di Davide Grossi (Parma 1971), che ritraggono ambienti di vita della periferia parmense. Le foto e i brani della scrittura sono collocati su supporti a parete cruciformi, lignei, coerenti con gli altri elementi di arredo, ma al tempo stesso elementi decisivi nel ritmare la scansione trasversale dello spazio longitudinale.
25/06/2013
La sezione trapezoidale conferisce all’ambiente interno i caratteri di uno spazio “non totalizzante”, ritmato longitudinalmente dalle travate della copertura, dalle aperture, dagli arredi, cui fa da riverbero l’abside con il taglio verticale del percorso passante (Quintelli 2009, pp. 36-37).
L’illuminazione naturale adotta un approccio “umbratile” (sito web parrocchiale), sottolineato dall’alternanza di pieni e vuoti e dal ritmo delle aperture: un serie regolare di finestre a nord, due lucernari fortemente concentrati per la cappella mariana e per il luogo di evocazione battesimale, l’asola della parete absidale.
L’ambiente costruito è fortemente caratterizzato dal materiale prevalente, il calcestruzzo armato gettato in casseri di legno grezzo: la cromaticità lapidea del materiale caratterizza l’esterno, mentre l’interno è intonacato e tinteggiato con tonalità ambrate. Le lastre utilizzate come solaio sono invece dipinte in blu antracite, come cielo notturno.
Anche la pavimentazione è in battuto di cemento, di consistenza lapidea, ad eccezione del percorso in pietra, realizzato con mosaicatura di lastre irregolari, che accentua la continuità tra esterno (sagrato), interno (navata) e nuovamente esterno (oltre l’abside).
L’illuminazione artificiale accentua i toni caldi dello spazio interno, dando tonalità azzurre all’area presbiteriale (rafforzando così l’azzurra evanescenza della pala d’altare) e gialle allo spazio intimo per l’adorazione eucaristica. I punti luce appesi al tetto sono disposti lungo l’asse longitudinale e tangenziale, e illuminano lo spazio della navata e le stazioni della Via della Salvezza.
25/06/2013
Un primo forte messaggio è dato dall’assenza di recinzione, “perché il tempio non può essere separato dalla città, ma collocato su un suolo aperto e di fruizione pubblica” (dal sito web parrocchiale): la chiesa e i suoi annessi devono essere spazio di accoglienza, ascolto, incontro e preghiera, aperto al quartiere senza mediazioni e filtri.
L’epigrafe posta sul protiro della chiesa richiama il nesso tra ecclesiologia, cristologia e presenza nel mondo: “pietre vive per un edificio spirituale in Cristo”, citando il testo della prima lettera di Pietro (2, 5), scelto dal parroco per segnare l’identità della chiesa.
Dal punto di vista della ricerca progettuale sul tema ecclesiale, è importante il lavoro sul rapporto tra orizzontalità e trascendenza: se lo sviluppo orizzontale evoca intuitivamente un radicamento al suolo, nel luogo specifico, tuttavia l’espressione architettonica di tale orizzontalità non resta ‘terrena’, schiacciata, in quanto la ricerca di trascendenza è affidata all’orientamento e alla direzionalità, e resta inconclusa grazie al taglio nell’abside. Si evita così sia la deriva orizzontalista sociologica, sia la tentazione monumentalista di una chiesa che caricaturizza la propria estraneità al contesto profano: San Luca si propone come segno pubblico, accogliente, riconoscibile e caratterizzato da elementi identitari per la storia della comunità cristiana. Non necessariamente, peraltro, la trascendenza si deve sposare con la verticalità degli spazi o delle strutture, ma la trascendenza può anche ‘abitare’ spazi orizzontale liturgicamente ospitali ed escatologicamente orientati.
Accanto all’aula longitudinale un ‘blocco’ compatto offre i servizi necessari alla comunità (sala riunioni, aule, abitazione per un custode): la massa evoca i temi dell’architettura castellana padana e rurale, una sorta di presidio che dialoga sia con lo spazio aperto, sia con le palazzine adiacenti.
25/06/2013
Il complesso ecclesiale può dunque diventare punto di riferimento del paesaggio urbano ed espressione di un sentimento comunitario: è posto al crocevia tra vie di traffico importanti, ma è anche connesso a un parco anulare periurbano con piste ciclabili e percorsi pedonali. Diventa dunque quasi un “padiglione nel verde” di riferimento per lo spazio pubblico (Quintelli 2009, p. 20), assumendo quindi forma aperta e isolata per consentire la visione della chiesa a 360°.
Vuole essere un “monumento urbano” (p. 21) non recintato, perché la perimetrazione dei lotti è più pertinente gli spazi privati abitativi, e perché l’apertura al transito è anche un contributo al rafforzamento della “percezione di sicurezza e di praticabilità dello stesso spazio pubblico”.
Decisivo è il ruolo del sagrato, parzialmente definito dalla facciata tripartita concava (un lato con la croce estrusa della facciata libera, un lato con l’ingresso della chiesa, un lato con la casa canonica): si tratta dell’unico spazio del quartiere che – oltre ad avere un utilizzo liturgico  –assume una forma di “piazza”, in contrasto percettivo con gli ampi spazi aperti del verde e del parcheggi, che non sono però forme che favoriscono la socializzazione
25/06/2013
Lo spazio, adeguatamente dimensionato per una piccola comunità, è abitato e vivacemente animato. Nella casa canonica, affidata a una famiglia della parrocchia, si tengono attività pastorali; il luogo inizia a diventare centro del nuovo quartiere. L’assetto dell’aula è stato confermato nella sua funzionalità; dopo l’inaugurazione sono state solo aggiunte – in accordo con il progettista – le ‘corone’ di luci lungo la parete meridionale, per rafforzare l’illuminazione sopra la panca perimetrale e verso l’area più periferica rispetto all’asse longitudinale, ed è stato rivisto l’impianto di diffusione sonora.
 
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