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Home page - Un libro al mese - IL SENSO DELLA CHIESA COME LUOGO DI IDENTITÀ | Il senso della chiesa come luogo di identità
| Intervista alla prof.ssa Francesca Zajczyk*
a proposito del libro “Il significato dell'architettura” di Enrico Castiglioni (2000)
*Docente ordinaria di Sociologia Urbana all'Università statale di Milano Bicocca. Nel 2006 è stata eletta consigliere al Comune di Milano per l'Ulivo. È impegnata soprattutto nello studio della città contemporanea e delle sue trasformazioni, e di Milano in particolare. Tra le sue opere segnaliamo: “L'abitare nell'area metropolitana milanese” (Milano, 1999), “Dove batte il cuore delle donne? Voto e partecipazione politica in Italia” (Roma-Bari 2012), “Nuovi padri? Mutamenti della paternità in Italia e in Europa” (Milano, 2008), “Il mondo degli indicatori sociali. Una guida alla ricerca sulla qualità della vita” (Roma, 2000).
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04/10/2017
... tra le quali v'è il bisogno di relazioni, di cultura, di benessere in senso globale. Ma tra queste necessità vi sono anche quelle spirituali...
Di queste ultime si parla poco. Il tema sembra essere ristretto a una specifica comunità religiosa, cioè quella musulmana per la quale l'identificazione con il credo è particolarmente forte. Al che si aggiunge che, com'è noto, in Italia dopo la vasta e variegata comunità cattolica, quella islamica è la più numerosa, è composta in prevalenza da persone di recente immigrazione e richiede luoghi di culto dedicati. Tale argomento risulta particolarmente appetibile ai mass media, che ne parlano con frequenza. Pertanto oggi l'attenzione al rapporto tra spazi urbani e fede sembra in gran parte focalizzato sull'islamismo. Inoltre, anche perché correlativo alla diffusione della fede, attorno alle comunità islamiche aleggia il problema della sicurezza, da tutti fortemente sentito.
Riguardo al rapporto tra i luoghi e la religione tradizionalmente radicata in Italia, com'è noto i mass media si sono focalizzati soprattutto sulla critica, peraltro diffusa a tutti i livelli, verso le nuove chiese, che risultano spesso estranee al sentire comune. Il loro disegno architettonico, seguendo le mode oggi prevalenti, infatti si distacca da quel cui la storia ci ha abituati: almeno le persone di una certa età sono tendenzialmente legate a pregiudizi derivanti dalla cultura assorbita sin dalla prima infanzia e confermata dalla consuetudine con gli stilemi passati, coi quali si familiarizza nello studiare la storia dell'arte.
Così si verifica l'inconsueta situazione per la quale da un lato la nostra cultura ci porta ad auspicare che nelle città (e al riguardo il caso di Milano è evidente) si trovino luoghi ove consentire l'apertura di moschee, luoghi di natura spirituale ma che sono estranei alla nostra cultura, mentre dall'altro lato si registra una certa distanza verso i nuovi luoghi di culto che cercano di traghettare la nostra tradizione nell'epoca contemporanea.
Vi sono poi gli altri gruppi definiti da appartenenza religiosa, relativamente minoritari per quanto da tempo radicati, quali le comunità ebraiche, valdesi o di altre correnti riformate del cristianesimo, che si riuniscono o in edifici di culto già assorbiti nella tradizione, o in luoghi relativamente poco caratterizzati, di tipo domestico.
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04/10/2017
Sì, ma spesso la centralità della chiesa e la sua monumentalità si riferisce all'epoca medievale, in cui essa era bensì espressione di fede e di culto, ma anche manifestazione del potere. Molti sono i casi di chiese la cui edificazione è stata finanziata da famiglie potenti e per scopi autocelebrativi. Questo fatto certamente ha consentito la realizzazione di opere di valore artistico, senza dubbio condivise dalla popolazione ma, a posteriori, esse restano anche legate a quelle differenze di classe che nell'età contemporanea sono state stigmatizzate e in gran parte superate.
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04/10/2017
Si tratta di una tematica forse meglio discutibile da un urbanista. Dal mio punto di vista di sociologa, tuttavia devo dire di concordare sul fatto che una corretta architettura non deve intendersi come gesto artistico atto a manifestare la creatività dell'autore – come spesso sembrano intendere gli architetti – bensì come servizio atto a donare bellezza allo spazio costruito così che questo risulti accogliente e armonico, coerente con la necessità di benessere globale dell'abitare. Personalmente mi sono interessata recentemente, in quanto delegata del Sindaco di Milano al tema della parità di genere, a indagare sul modo in cui gli spazi urbani siano, o non siano, coerenti con le necessità delle donne. Ho visitato città quali Melbourne e Sidney, dove si riscontra una condizione che si potrebbe chiamare “a misura delle donne”. Anche in Europa vi sono alcune esperienze di pianificazione urbana indirizzata a favorire la condizione femminile, e Vienna è la prima città dove questo problema è stato preso in considerazione, sia riguardo alle donne singole, sia riguardo alle madri di famiglia. Hanno anche preso in considerazione i bisogni diversificati delle giovani famiglie e degli anziani.
Mentre ad Amsterdam da diversi anni hanno implementato progetti atti a rendere alcuni ambienti urbani meglio funzionali alle necessità della popolazione: penso per esempio al modo in cui sono stati riconfigurati alcuni luoghi pubblici, quali le gallerie con i negozi nei grandi complessi abitativi di inizio '900 o diversi spazi verdi che erano pieni di cespugli dietro ai quali era facile occultare attività illecite. Le ristrutturazioni di questi ambienti mirano alla trasparenza assoluta, così da eliminare i nascondigli usati dalla piccola criminalità e rendere più sicuri gli spazi pubblici.
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04/10/2017
Certamente, e vi sono i casi più diversi. Per esempio stadi di calcio che, essendo luoghi in cui avvengono “riti” comunitari, si rivestono di un senso simbolico per chi li frequenta. Oppure penso al teatro dell'Opera di Sidney, progettata da Jørn Utzon e costruita nei primi anni '60, che è diventata il simbolo eminente della città.
Alcuni anni or sono per conto del Politecnico condussi una ricerca su quali fossero i luoghi ritenuti di maggiore valore simbolico e identitario a Milano, e risultò che la maggioranza guardava al Duomo, la cattedrale ambrosiana. Secondo tra i luoghi ritenuti di maggior valore simbolico era il Castello sforzesco.
In città di antica tradizione, come sono praticamente tutte quelle europee, a differenza di quelle australiane, è forse più difficile che architetture nuove possano acquisire un valore significativo per il comune sentire: mi chiedo se mai le torri del nuovo complesso di Porta Nuova a Milano possano acquisire un senso di carattere identitario.
Come diceva Guido Martinotti, oggi le città tendono piuttosto a omologarsi tra loro che a distinguesi, a seguito del proliferare di forme tendenzialmente simili ovunque, quali quelle dei grattacieli.
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04/10/2017
Certo, ma non solo per questo. Nelle chiese, o almeno in quelle meglio elaborate, l'architettura consente di comunicare, sia al fedele, sia al visitatore occasionale, non solo il senso di appartenenza alla comunità, ma anche il sentimento vicinanza con l'ordine cosmico: penso all'esperienza che personalmente ho provato a Trømso in Norvegia.
C'è una grande chiesa costruita negli anni '60 con una duplice serie di elementi lamellari in cemento bianco, in forma triangolare e dalle dimensioni crescenti verso l'ingresso da un lato e verso la parete di fondo dall'altro, così da presentarsi con una duplice strombatura che da un lato accoglie il visitatore e dall'altro esalta il luogo dell'altare. Le facciate e gli scarti tra gli elementi triangolari sono costituiti da vetrate, così che dentro quella chiesa l'esperienza della luce è assolutamente unica. Ricordo gli effetti donati attraverso le vetrate dal sole di mezzanotte, in pieno luglio: un'esperienza di grande intensità, che si può provare solo in un edificio che ha finalità spirituale. Tanto che è l'unica memoria vivida che m'è rimasta di quel viaggio nell'estremo nord del continente.
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