La buona comunicazione genera l'incontro
Il contributo di uno studente della Pontificia Università Lateranense
La Chiesa da 51 anni (Paolo VI, I mezzi di comunicazione sociale 1967) in occasione della Giornata mondiale delle comunicazioni sociali offre un messaggio che permette di leggere l’ambiente dei media in relazione all’essere umano e al suo sviluppo integrale.
Nella società post-mediale (Eugeni, 2015) che caratterizza la cultura del nostro tempo, non c’è ambito della vita umana che non sia legato alla comunicazione perché innanzitutto la comunicazione è un atto propriamente umano. Non si può non comunicare, l’uomo non può non comunicare. Affermare questa esigenza interiore del cuore umano tuttavia non basta. In quanto atto umano, la comunicazione è legata, in tutte le sue forme, alla nostra umanità: è evento dello spirito dell’uomo, ne manifesta la sua trascendenza, ma anche la sua fragilità: “la comunicazione è quella dimensione dello spirito per cui la persona si eleva al di sopra della costituzione biologica e del vincolo con la natura. La comunicazione in quanto sociale e in tutte le sue espressioni autentiche, libera l’uomo e si pone come risorsa per la sua realizzazione e la sua felicità” (Direttorio CM, 30).
La Chiesa che fa dell’uomo la sua via privilegiata (Redemptor Hominis, 14) e in Cristo guarda al modello di uomo perfetto e del perfetto comunicatore (CM, 33), offre ogni anno rinnovati appelli affinché la comunicazione in quanto risorsa della società e strumento per la felicità dell’uomo, sia sostenuta e impiegata al meglio.
Tale premessa è necessaria per comprendere meglio il contributo “alla ricerca di uno stile comunicativo aperto e creativo” che il Papa offre, nel contesto del messaggio della 51a giornata mondiale delle comunicazioni sociali, “a tutti coloro che ogni giorno macinano informazioni”. Il Pontefice delinea un preciso sguardo sulla comunicazione umana che non è asettico e neutro, ma è intimamente connesso ad una precisa ermeneutica antropologica, teologica ed ecclesiale.
Le relazioni tra gli uomini e le narrazioni da essi generate attraverso le connessioni, ritrovano, alla luce della fede, nelle relazioni trinitarie il loro modello e la loro fonte: La fede cristiana ci ricorda che l’unione fraterna fra gli uomini (fine primario di ogni comunicazione) trova la sua fonte e quasi un modello nell’altissimo mistero dell’eterna comunione trinitaria del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, uniti in un'unica vita divina (CM,34).
Da tale fondamentale e intima connessione, tra l’unione fraterna fra gli uomini e la comunione trinitaria delle persone divine, scaturisce l’azione e lo stile cristiano ed ecclesiale da assumere nel nostro tempo e diviene provocazione e proposta per ogni modello di comunicazione.
Supportato “dagli occhiali della fede” dunque, la categoria antropologica che papa Francesco vuole indurre a riscoprire e a valorizzare è quella dell’incontro, della relazione, categoria riconosciuta e condivisa dal mondo della comunicazione (Simmel, 1917) e necessaria per generare la logica della “buona notizia”. La connessione tra comunicazione e relazione tra gli uomini è il filo rosso che raccoglie i suoi messaggi della giornata delle comunicazioni sociali. Non mancano infatti frequenti richiami e chiare affermazioni di tale aspetto:
“i media possono aiutare a farci sentire più prossimi gli uni agli altri”(XLVIII)
“comunicare bene ci aiuta ad essere più vicini e a conoscerci meglio tra noi, ad essere più uniti” (XLVIII)
“La comunicazione come scoperta di costruzione e di prossimità” (XLIX)
“La comunicazione ha il potere di creare ponti, di favorire l’incontro e l’inclusione, arricchendo così la società” (L)
“Mi piace definire questo potere della comunicazione come prossimità” (L)
“Vorrei esortare tutti ad una comunicazione costruttiva che, nel rifiutare i pregiudizi verso l’altro, favorisca una cultura dell’incontro, grazie alla quale si possa imparare a guardare la realtà con consapevole fiducia”(LI).
L’attenzione alla relazione e alla comunione tra gli uomini che per i cristiani diviene un compito imprescindibile a motivo della fede in Cristo, è stata sin da subito un’attenzione del Papa. Questo emerge chiaramente già nell’Evangelii Gaudium (cfr. 2) quando invita i cristiani ad uscire dalla tristezza individualista, dalla coscienza isolata, per riaprirsi alla relazione con Cristo fonte di gioia e generatrice dell’azione missionaria della chiesa che si apre all’incontro e al dialogo.
In particolare papa Francesco sottolinea che “l’individualismo postmoderno e globalizzato favorisce uno stile di vita che indebolisce lo sviluppo e la stabilità dei legami tra le persone, e che snatura i vincoli familiari. L’azione pastorale deve mostrare ancora meglio che la relazione con il nostro Padre esige e incoraggia una comunione che guarisca, promuova e rafforzi i legami interpersonali. Mentre nel mondo, specialmente in alcuni Paesi, riappaiono diverse forme di guerre e scontri, noi cristiani insistiamo nella proposta di riconoscere l’altro, di sanare le ferite, di costruire ponti, stringere relazioni e aiutarci «a portare i pesi gli uni degli altri» (Gal 6,2)” (EV,67).
In questo paragrafo si presenta già un ampia sintesi di quanto il Pontefice ha poi sviluppato in modo specifico per l’ambito della comunicazione. Ne risulta per i credenti il compito di essere testimoni e comunicatori credibili che sappiano illuminare con uno sguardo fiducioso anche gli eventi più drammatici, e agli uomini di buona volontà la responsabilità di produrre narrazioni propositive e responsabili attente a non generare pregiudizi, angosce o paure, e rassegnazione al male.
Vincenzo Marinelli