Anche Vania De Luca, presidente dell’Ucsi, offre il suo contributo alla riflessione lanciata dal Copercom sul Messaggio di Papa Francesco per la 51esima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. In precedenza avevano scritto Domenico Delle Foglie, Carlo Marroni, Tonino Cantelmi e Piero Chinellato.
Ancora un volta il Messaggio per la Giornata delle comunicazioni sociali provoca giornalisti e comunicatori a una riflessione sul proprio lavoro, sulla qualità, lo stile, i modi, gli effetti della comunicazione. L’appuntamento ha superato il mezzo secolo, siamo all’edizione numero cinquantuno, e l’invito a comunicare speranza e fiducia nel nostro tempo non è rivolto solo ai giornalisti cattolici, ma è finalizzato a incoraggiare tutti quelli che, “sia nell’ambito professionale sia nelle relazioni personali, ogni giorno ‘macinano’ tante informazioni per offrire un pane fragrante e buono a coloro che si alimentano dei frutti della loro comunicazione”.
È la nostra vita quotidiana, caratterizzata da una mole, da una velocità e da una qualità delle informazioni che hanno il ritmo del vortice, con le redazioni cronaca ed esteri, in particolare, esposte in modalità nuove nel fronteggiare emergenze e catastrofi di ogni tipo. Il Papa esorta a “una comunicazione costruttiva che, nel rifiutare i pregiudizi verso l’altro, favorisca una cultura dell’incontro, grazie alla quale si possa imparare a guardare la realtà con consapevole fiducia”. Non è facile, in tempi in cui le “brutte notizie” sono più forti, più rumorose, più evidenti, più numerose, hanno come sempre l’apertura dei giornali e dei Tg. La comunicazione costruttiva diventa così di stimolo a fare due cose: innanzitutto a cercare buone notizie, buone pratiche, personaggi, storie ed esperienze positive da divulgare e mettere in circolo, in secondo luogo a cercare un senso, una direzione, un insegnamento, una possibile soluzione che possa venire fuori da quel mare di negatività che chi macina informazione ogni giorno si trova inevitabilmente a dover affrontare.
Continua il Messaggio che non è facile “spezzare il circolo vizioso dell’angoscia e arginare la spirale della paura” in mezzo a una realtà, e di conseguenza a un mare di notizie, fatta di “guerre, terrorismo, scandali e ogni tipo di fallimento nelle vicende umane”. È facile cadere nella spettacolarizzazione del dolore o anestetizzare la coscienza, così come all’opposto scivolare nella disperazione, ma è anche possibile cercare quella strada alternativa che senza “concedere al male un ruolo da protagonista”, si metta alla ricerca di possibili soluzioni, “ispirando un approccio propositivo e responsabile nelle persone a cui si comunica la notizia”.
Su questi temi, e su questo approccio, l’Ucsi propone la sua riflessione sull’ultimo numero della rivista Desk, dedicato al giornalismo nel tempo della postverità, che fa seguito a un numero sulla disintermediazione. Come acutamente osserva su questo forum del Copercom il professor Tonino Cantelmi, è il tempo delle notizie che non necessariamente corrispondono alla realtà, e c’è un elemento di crisi della democrazia di cui è bene essere consapevoli. Tornando all’Ucsi, un’offerta quotidiana di notizie, opinioni, idee e commenti sulla qualità dell’informazione e sul ruolo dei comunicatori oggi, si può trovare sul sito
Ucsi.it. Qui la rubrica dedicata alle buone notizie, nata da poco, ci suggerisce, per il riscontro di lettori che abbiamo, che esiste una richiesta, un desiderio, un possibile “mercato” di notizie positive, così come delle storie, dei personaggi, delle testimonianze che possano ispirare coraggio e fiducia. Non è detto, insomma, che debbano essere sempre e comunque il male e la negatività in cima ai criteri della notiziabilità.
Guardare la realtà con gli occhiali giusti
La realtà da osservare e raccontare è in una relazione molto stretta con lo sguardo di chi guarda, con gli “occhiali” con cui si sceglie di guardare. Scrive il Papa che “cambiando le lenti, anche la realtà appare diversa”. È inevitabile che a volte abbiamo, come comunicatori, uno sguardo selettivo, che vede alcune cose e non ne vede altre, che pure abbiamo davanti. È fisiologico che pur essendo nello stesso luogo si vedano cose diverse, perché diverso è il punto di vista, perché la capacità di leggere la realtà attraverso lo sguardo è conseguenza del proprio orizzonte culturale e valoriale, di un modo di pensare, di sentire, perfino di cercare. Credo sia utile, per dei comunicatori, interrogarsi su ciò che si ha davanti ma contemporaneamente anche sugli occhi con cui si guarda e di conseguenza si racconta. Com’è il proprio sguardo? Superficiale, parziale, indifferente, condizionato, interessato, oppure al contrario attento, partecipe, libero, solidale, sensibile alle esigenze dei più deboli piuttosto che alle lusinghe dei poteri?
È una sfida enorme sentire che “ogni nuovo dramma che accade nella storia del mondo diventa anche scenario di una possibile buona notizia, dal momento che l’amore riesce sempre a trovare la strada della prossimità e a suscitare cuori capaci di commuoversi, volti capaci di non abbattersi, mani pronte a costruire”.
Guardare la realtà con “l’occhiale della buona notizia”, come invita il Papa, non significa usare lenti deformanti, e neppure tenere gli occhi aperti o chiusi a seconda delle circostanze, ma spinge piuttosto a cercare quell’oltre, quel di più, quella profondità che possa accendere (o evitare che si spenga) una piccola luce di speranza sempre e comunque, che aiuti a guardare avanti anche quando sembra che tutto è perduto.