Quando l’Università Cattolica di Milano è tornata a puntare lo sguardo sui «nativi digitali», ha affidato alla Rete il formulario di settantasette domande che, oltre a scandagliare abitudini e stili di vita dei ragazzi hi-tech, voleva conoscere il loro rapporto con la sfera religiosa.
Tema ostico per chi ha fatto di pc e cellulare una propaggine del corpo. Ma le risposte sono arrivate numerose. Con una scoperta inattesa: tre quarti dei cinquemila questionari autocompilati erano degli «amici» della pagina Facebook di una ragazza italiana emigrata a New York (e non credente, precisa lei) che via Internet è diventata una guru dei maquillage grazie ai suoi consigli online. Sorprese del web che sconvolge i luoghi comuni e apre a prospettive inedite.
La «lezione» dell’esperta di cosmetici «Il fatto che i ragazzi della Rete si mobilitino se stimolati da una giovane esperta di
make up può trasformarsi in un’opportunità pastorale», spiega Chiara Giaccardi, docente di sociologia e antropologia dei media alla Cattolica di Milano. È lei che ha curato la ricerca commissionata dall’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali per il Convegno della Cei
Abitanti digitali iniziato giovedì a Macerata. Ed è lei che l’ha presentata ieri, nella seconda giornata dei lavori ospitati dall’Abbazia cistercense di Fiastra (
www.monacifiastra.it ) dove si sono spostati gli oltre 280 partecipanti, fra direttori degli Uffici diocesani per le comunicazioni sociali, operatori dei media e
webmaster . Possibile che una «stratega» dei cosmetici sia in grado di aiutare la Chiesa ad abitare il mondo digitale? «Certo – afferma la docente – perché ci dice che nella Rete i messaggi non contano per la loro naturale portata, ma giungono a destinazione quando sono mediati da figure carismatiche che vengono percepite dai ragazzi come vicine e che godono della loro fiducia». Ecco il nodo: la fiducia. Che non guida solo l’economia o le borse ma anche i rapporti che si creano su Internet.
Proprio qui possono innestarsi i «testimoni digitali» di cui la comunità cristiana ha bisogno per dialogare con quella generazione fra i 18 e i 24 anni che è sempre connessa. Una fascia d’età in cui l’offline – la parte di vita trascorsa senza essere davanti allo schermo – e l’«
online quotidiano» convergono. Perché ciò che si cerca è la relazione: nelle palestre o nei pub, dove si spende il tempo libero lontano dal computer, oppure sui social network, ogni volta che si è in Rete. «E questo dimostra come prevalga l’uso sociale della tecnologia», sottolinea Giaccardi.
Giovani cybernauti, silenzio e libertà In fondo i ragazzi sono affascinati dall’«ebbrezza della velocità» che la connessione permanente offre, quasi fossero futuristi di un secolo dopo. Ma non sono chiusi al mistero. Anzi, secondo l’indagine della Cattolica, più della metà dei giovani in Rete si definisce credente e nove su dieci sono persuasi che esista l’aldilà. «Una disponibilità al religioso che può essere un aggancio nell’incontro con loro», suggerisce la docente. Comunque serve fare un passo ulteriore. Di fronte a «identità a mosaico» in cui «i volti della stessa persona cambiano in base al mezzo che usa, lasciando dentro di sé un senso di ansia», occorre valorizzare il «silenzio digitale», ossia staccare la spina di Internet. Lo chiedono in prima battuta i cybernauti credenti. «Quando si è continuamente bombardati dalla Rete – afferma la ricercatrice – non abbiamo la possibilità di meditare e andare oltre l’immediato che è proprio dello spazio digitale». Soltanto interrompendo la connessione scaturirà la riflessione che, chiarisce Giaccardi, «è la condizione della libertà». E qualcuno ringrazia. Come una fan dell’artista del fondotinta che ha scritto in un post: «Mi è piaciuto pensare alla mia esperienza di fede».