DAL NOSTRO INVIATO A MACERATA
GIACOMO GAMBASSI
T orniamo ai campanili. Sì, torniamo a far suonare quella «voce di Dio» che è stato il crocevia di paesi o quartieri e che oggi può essere il riferimento del «villaggio globale». Nella Rete, spazio per antonomasia senza campanili e senza gerarchie, dove si tende a fuggire dalle vette per paura di perdere la propria libertà, c’è bisogno di «voci che tocchino». Ecco la sfida che attende la Chiesa italiana nell’era della connessione permanente. Ed ecco il compito dei «testimoni digitali» chiamati a essere la «campana » del web che aiuti anche «i lontani ad alzare lo sguardo verso il campanile e magari a entrare in chiesa».
E lo sguardo si alza davvero dalla platea ascoltando l’intervento di monsignor Domenico Pompili, sottosegretario della Cei e direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali, che ieri pomeriggio ha aperto il convegno nazionale «Abitanti digitali» a Macerata. Gli occhi degli oltre 250 partecipanti - fra direttori degli uffici diocesani, operatori dei media e webmaster diocesani puntano verso l’alto anche perché l’incontro di tre giorni, promosso dall’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali e dal servizio informatico della Cei, si tiene in una ex chiesa, quella di San Paolo, oggi auditorium della facoltà di giurisprudenza, dove il campanile ha smesso di suonare. Quasi una metafora dei rischi che «la cultura attuale, modellata dai media», disabitui le nuove generazioni «alla memoria e alla custodia di un patrimonio condiviso», sottolinea nel saluto il vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia, Claudio Giuliodori, nella doppia veste di padrone di casa e di presidente della Commissione episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali.
Però la comunità cristiana non intende «battere in ritirata», anzi punta a «comprendere lo specifico di questo ambiente», evidenzia don Ivan Maffeis, vicedirettore dell’Ufficio Cei per le comunicazioni sociali, nell’introduzione. O, come dice il titolo dell’appuntamento, la Chiesa vuole «abitare» il mondo digitale. Un «verbo programmatico», lo definisce Pompili. Nel senso che «significa dare forma al mondo» e «indica uno stile responsabile». In pratica, l’abitare - che poi rimanda al vivere - ha a che fare «con la questione del senso, dell’identità, della relazione ». Del resto, precisa il sottosegretario Cei, è un abbaglio pensare che ci sia «un’incompatibilità strutturale tra i nuovi linguaggi e il messaggio senza tempo, e per tutti i tempi, della Chiesa». Certo, la verticalità non fa parte del web che è governato dai rapporti alla pari. Per questo conta «l’autorevolezza di chi parla con credibilità ». Che si traduce nel partire dall’esperienza per costruire anche online «spazi a misura d’uomo» ispirati al «bene comune», afferma Pompili.
Il Convegno di Macerata - che rientra negli eventi che preparano al Congresso eucaristico nazionale in programma ad Ancona del 3 all’11 settembre prossimi - si inserisce nel cammino della Chiesa italiana «per rilanciare e sviluppare una nuova intelligenza della fede», evidenzia Giuliodori.
Grazie al decennio appena concluso sul tema «Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia» durante il quale è stato pubblicato anche il direttorio «Comunicazione e missione» (che il vescovo di Macerata chiama «una bussola per l’evangelizzazione del mondo contemporaneo») si è arrivati ai grandi incontri di «Parabole mediatiche » del 2002, di «Testimoni digitali» dello scorso anno e adesso di «Abitanti digitali».
«Titoli – nota Giuliodori – che potrebbero far immaginare una Chiesa tutta proiettata a inseguire linguaggi e mode dei media». Invece, conclude il vescovo, il percorso è quello di «educare da cristiani alla piena cittadinanza in questo nuovo mondo digitale, conservando le prerogative della dignità umana e sviluppando una più intensa esperienza spirituale».