Abitanti Digitali Convegno nazionale
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20 maggio 2011
Testimoni digitali voce di Dio nel web   versione testuale







Aperto a Macerata il convegno nazionale
DAL NOSTRO INVIATO A MACERATA

GIACOMO GAMBASSI


T orniamo ai campanili. Sì, torniamo a far suonare quella «voce di Dio» che è stato il crocevia di paesi o quartieri e che oggi può essere il riferimento del «vil­laggio globale». Nella Rete, spazio per anto­nomasia senza campanili e senza gerarchie, dove si tende a fuggire dalle vette per paura di perdere la propria li­bertà, c’è bisogno di «vo­ci che tocchino». Ecco la sfida che attende la Chie­sa italiana nell’era della connessione permanen­te. Ed ecco il compito dei «testimoni digitali» chia­mati a essere la «campa­na » del web che aiuti an­che «i lontani ad alzare lo sguardo verso il campa­nile e magari a entrare in chiesa».

E lo sguardo si alza davvero dalla platea a­scoltando l’intervento di monsignor Dome­nico Pompili, sottosegretario della Cei e di­rettore dell’Ufficio nazionale per le comuni­cazioni sociali, che ieri pomeriggio ha aper­to il convegno nazionale «Abitanti digitali» a Macerata. Gli occhi degli oltre 250 parteci­panti - fra direttori degli uffici diocesani, o­peratori dei media e webmaster diocesani ­puntano verso l’alto anche perché l’incon­tro di tre giorni, promosso dall’Ufficio na­zionale per le comunicazioni sociali e dal servizio informatico della Cei, si tiene in u­na ex chiesa, quella di San Paolo, oggi audi­torium della facoltà di giurisprudenza, dove il campanile ha smesso di suonare. Quasi u­na metafora dei rischi che «la cultura attua­le, modellata dai media», disabitui le nuove generazioni «alla memoria e alla custodia di un patrimonio condiviso», sottolinea nel sa­luto il vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia, Claudio Giuliodori, nella doppia veste di pa­drone di casa e di presi­dente della Commissio­ne episcopale per la cul­tura e le comunicazioni sociali.

Però la comunità cristia­na non intende «battere in ritirata», anzi punta a «comprendere lo speci­fico di questo ambiente», evidenzia don Ivan Maf­feis, vicedirettore del­l’Ufficio Cei per le comunicazioni sociali, nell’introduzione. O, come dice il titolo del­l’appuntamento, la Chiesa vuole «abitare» il mondo digitale. Un «verbo programmatico», lo definisce Pompili. Nel senso che «signifi­ca dare forma al mondo» e «indica uno stile responsabile». In pratica, l’abitare - che poi rimanda al vivere - ha a che fare «con la que­stione del senso, dell’identità, della relazio­ne ». Del resto, precisa il sottosegretario Cei, è un abbaglio pensare che ci sia «un’incom­patibilità strutturale tra i nuovi linguaggi e il messaggio senza tempo, e per tutti i tempi, della Chiesa». Certo, la verticalità non fa parte del web che è governato dai rapporti alla pari. Per questo conta «l’autorevolezza di chi parla con cre­dibilità ». Che si traduce nel partire dall’esperienza per costruire anche online «spazi a misura d’uomo» ispi­rati al «bene comune», afferma Pom­pili.

Il Convegno di Macerata - che rien­tra negli eventi che preparano al Con­gresso eucaristico nazionale in pro­gramma ad Ancona del 3 all’11 set­tembre prossimi - si inserisce nel cammino della Chiesa italiana «per rilanciare e sviluppare una nuova in­telligenza della fede», evidenzia Giu­liodori.

Grazie al decennio appena conclu­so sul tema «Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia» durante il quale è sta­to pubblicato anche il direttorio «Comuni­cazione e missione» (che il vescovo di Ma­cerata chiama «una bussola per l’evangeliz­zazione del mondo contemporaneo») si è ar­rivati ai grandi incontri di «Parabole media­tiche » del 2002, di «Testimoni digitali» dello scorso anno e adesso di «Abitanti digitali».

«Titoli – nota Giuliodori – che potrebbero far immaginare una Chiesa tutta proiettata a in­seguire linguaggi e mode dei media». Inve­ce, conclude il vescovo, il percorso è quello di «educare da cristiani alla piena cittadi­nanza in questo nuovo mondo digitale, con­servando le prerogative della dignità umana e sviluppando una più intensa esperienza spirituale».