Caravaggio, La vocazione di San Matteo
Rubrica a cura di A.Genziani
È quasi impossibile ripercorrere in breve la vita e l’attività pittorica del Caravaggio tanto grande e complessa è la sua figura. Qui ci limiteremo a fare riferimenti storico-artistici che riguardano prevalentemente l’opera presa in considerazione. La vocazione di San Matteo...
Al Caravaggio sono sufficienti i pochi versetti del Vangelo per comporre questo quadro. Ne La vocazione di San Matteo... la narrazione è infatti molto scarna, sobria. È Matteo che ritorna con la memoria a quell’incontro che è rimasto indelebile nel suo cuore; come si sa, chi scrive di sé stesso ricorda e riporta ciò che è essenziale.
La luce è la protagonista dell’opera, il taglio di luce divide in due la tela, fa emergere dal buio i personaggi e le poche suppellettili che sono in questa stanza. È una luce soprannaturale che viene dall’esterno, da destra, viene da Dio.
La vocazione: una nuova creazione
Il racconto evangelico di Matteo è un’appassionante pagina autobiografica in cui ci parla della sua esperienza, del suo incontro con Gesù; è il modo migliore per parlare della propria vocazione e, pensate, lo fa circa trenta anni dopo l’avvenimento.
Gesù non chiama tra i suoi discepoli gente colta, istruita, i teologi, gli scribi del suo tempo. Al contrario, chiama gente semplice, che lavora; chiama addirittura un pubblicano, un pubblico peccatore. Questo è un aspetto molto importante della chiamata.
Ogni persona chiamata sperimenta un senso di inadeguatezza, di indegnità, di incapacità rispetto al compito affidato perché ciò che deve emergere non è tanto la capacità del singolo ma la grazia del Signore. Nulla è impossibile alla Sua grazia, non c’è situazione di vita che non possa aprirsi al Suo invito, non c’è professione che sia inconciliabile con la Sua chiamata o peccato che non possa essere vinto dal Suo amore.