Alzati, rivestiti di luce
La luce del Dio che si manifesta accende Gerusalemme del suo splendore e vince la tenebra dei popoli. Una doppia sfida all’incredulità è lanciata dal brano profetico: viene annunciato infatti il ritorno degli esuli a Gerusalemme e in aggiunta anche il convergere di genti numerose, che portano le loro ricchezze nella città santa. Colui che vede con lo sguardo della fede, illuminato dalla luce di Dio, vede più lontano dei suoi contemporanei, al di là della nebbia del dolore e del fallimento. Abbiamo molto bisogno di un simile sguardo in questi tempi di crisi.
Credere nell’impossibile
Il profeta crede in ciò che sembra impossibile; e la stessa fede tenace è condivisa dai Magi, che si lasciano guidare dal segno che hanno ricevuto, e non si arrestano fino a quando Dio non si fa trovare. Paradossalmente, la maschera dell’incredulità e della sfiducia è come incollata sul volto del re, dei capi dei sacerdoti, degli scribi: coloro che conoscono la Scrittura, non vedono la stella della presenza di Dio, non si mettono alla ricerca del bambino; al contrario, restano sconcertati dai segnali che indicano il compimento delle promesse: come se fossero più attaccati alle loro false sicurezze, che all’attesa della novità che Dio vuole portare. E noi, oggi, siamo dalla parte dei Magi, o siamo simili ai timorosi abitanti di Gerusalemme?
Tutte le genti sono chiamate
Ogni anno ricordiamo che tutti i popoli sono chiamati a partecipare alla stessa eredità del Regno inaugurato da Cristo. E tuttavia di anno in anno registriamo una crescente difficoltà a vivere una reale accoglienza e integrazione. Solo a parole infatti il mondo globalizzato è accogliente e policentrico: nei fatti tende all’appiattimento e alla massificazione. Alla sempre più ampia disponibilità di mezzi di comunicazione e di trasporto, fa da contraltare una sempre più diffusa pigrizia nell’atteggiamento fondamentale della comunicazione, dell’attenzione all’altro, della coesione. Alla sempre più ampia disponibilità di mezzi tecnici, che potrebbero migliorare le condizioni di vita, fa da contraltare la crescente concentrazione delle competenze e dei diritti di sfruttamento nelle mani di pochi. Alla sempre più ampia capacità di controllare il mondo e di creare ricchezza, fa da contraltare la concentrazione del potere economico nelle mani di pochi. L’unificazione economica non può sostituire la comunione dei cuori; ed è un pensiero illusorio che la sete di guadagno possa davvero unificare le sorti dell’umanità.
La forza del desiderio
Il bambino attira i Magi con la forza del desiderio; e una volta raggiunto il suo oggetto, il desiderio genera adorazione e dono. Tutte le genti sono chiamate a riscoprire la profondità dei loro desideri e delle loro aspirazioni; tutte le genti sono chiamate a riscoprire la bellezza del dono. La celebrazione dell’Epifania ci ricorda dunque che il desiderio di Dio è nascostamente presente in ogni uomo, in ogni popolo, in ogni cultura, e invita tutti, senza nessuna esclusione, a mettersi in viaggio per entrare a far parte del suo regno disarmato e pacifico, dove ognuno può trovare il suo posto e la sua identità.
La stessa eredità
La lettera agli Efesini disegna con tre immagini il destino dell’umanità riunita: “condividere l’eredità, formare lo stesso corpo, essere partecipi della stessa promessa”. Si tratta di due immagini bibliche (eredità e promessa) ben familiari a chi conosce l’Antico Testamento, ed una immagine nuova, tipicamente cristiana: quella del corpo di Cristo, in cui ognuno può inserirsi mantenendo la propria identità, e venendo ricondotto all’unico capo, che resta al servizio di tutti. Il corpo di Cristo è già presente nella storia, non è solo una prospettiva del futuro. Ma noi che abbiamo già accolto la chiamata a farne parte, sapremo essere accoglienti con tutti coloro che oggi sono attirati dal Padre?