«Tutte le volte che la famiglia nel lutto – anche terribile – trova la forza di custodire la fede e l’amore che ci uniscono a coloro che amiamo, essa impedisce già ora, alla morte, di prendersi tutto. Il buio della morte va affrontato con un più intenso lavoro di amore. “Dio mio, rischiara le mie tenebre!”, è l’invocazione della liturgia della sera. Nella luce della Risurrezione del Signore, che non abbandona nessuno di coloro che il Padre gli ha affidato, noi possiamo togliere alla morte il suo “pungiglione”, come diceva l’apostolo Paolo (1 Cor 15,55); possiamo impedirle di avvelenarci la vita, di rendere vani i nostri affetti, di farci cadere nel vuoto più buio» (Francesco, Udienza, 17 giugno 2015).
La morte apre una falla nel tessuto familiare, di difficile rimarginazione. Solamente l’amore e la fede possono mitigare come un balsamo le ferite, aiutandoci a scorgere ancora un orizzonte di vita possibile. È su questo fronte che si concentra la riflessione del film “Collateral Beauty” di David Frankel, la 17. proposta cinematografica che chiude il ciclo sulla “buona notizia” curato dall’Ufficio Nazionale per le Comunicazioni Sociali e dalla Commissione Nazionale Valutazione Film CEI.
“Collateral Beauty”, vincere la morte con l’amore
È un film che scandaglia gli abissi dell’animo umano a lutto, il film “Collateral Beauty” di David Frankel, regista di “Il diavolo veste Prada” “Io & Marley”. È il cammino della salvezza di un uomo che si sente svuotato dalla vita in seguito alla perdita della propria figlioletta. La storia: siamo nella New York di oggi, Howard (Will Smith) è un affermato manager, che è caduto in uno stallo psico-emotivo a seguito della perdita della figlia. Nonostante frequenti un gruppo di sostegno psicologico, nulla riesce a rimetterlo in piedi. Howard arriverà persino a scrivere delle lettere indirizzate idealmente alla Morte, all’Amore e al Tempo. A risvegliarlo dal suo torpore saranno tre visite inattese, l’incontro con la personificazione proprio della Morte (Helen Mirren), dell’Amore (Keira Knightley) e del Tempo (Jacob Latimore), giunti a dargli delle risposte.
Sembra giocare un po’ con la trama di una delle opere più celebri di Charles Dickens, “Canto di Natale”, il racconto in cui tre fantasmi fanno visita al vecchio Scrooge, che ha perso il senso del proprio vivere. Così “Collateral Beauty” propone allo spettatore il misterioso e surreale incontro tra il protagonista Howard e tre figure in carne e ossa, pronti a definirsi Amore, Morte e Tempo. Sarà vero? Tale interrogativo lo lasciamo alla visione del film. Certamente questo muoversi tra mélo esistenziale e atmosfere mistery non sminuisce la riflessione alla base della narrazione, ovvero raccontare il dramma di un uomo in cerca di un motivo per tornare ad apprezzare la vita. Convince l’interpretazione di Will Smith così come Kate Winslet, Edward Norton o Helen Mirren in ruoli più cammeo; funziona inoltre l’originalità della storia, anche se l’impianto narrativo rischia a volte di deragliare per un eccesso di sentimentalismo. Nel complesso comunque il film è consigliabile, proprio per questo fotografare il percorso di riscatto di un uomo, dalla disperazione alla speranza.
Valutazione pastorale della Commissione Film CEI
Il copione è un racconto condotto con stile avvolgente, seppur oscillante (troppo) verso il mélo e il sentimentalismo, ma diventa una piacevole sorpresa quando i vari piani della realtà e della doppia finzione si intersecano e si confondono, mettendo il protagonista nei panni di chi è costretto ad arrendersi al prevalere della vita sulla morte. Trattandosi di una vicenda a fasi alterne, se l'attenzione resta coinvolgente, il merito va soprattutto agli interpreti, che danno forza e convinzione ai rispettivi ruoli 'doppi'. "Collateral Beauty" è alla fine una storia dalle buone premesse, ma dagli esiti un po’ incerti e didascalici. Nel complesso, comunque, il film è valutare sotto il profilo pastorale come consigliabile, problematico e a adatto per dibattiti.
Le altre tappe del percorso