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Resistere, pazientemente   versione testuale

La memoria di Dio è per i giusti
«Quante volte noi vediamo [...] gente cattiva; gente che fa del male e che sembra che nella vita le vada bene: sono felici, hanno tutto quello che vogliono, non manca loro niente. La domanda: "Perché Signore? [...] Questi “perché” ce li poniamo tutti [...] la memoria di Dio è per i giusti, per quelli che in questo momento soffrono, che non riescono a spiegarsi la propria situazione. Sì, la memoria di Dio è per quelli che, benché dicano “perché? perché? perché?”, confidano nel Signore» (Omelia, 8 ottobre 2015).
In una delle sue meditazioni mattutine a Santa Marta, papa Francesco si sofferma a sottolineare l’esistenza faticosa e sofferta dei tanti perseguitati ed emarginati, ricordando però che a loro Dio presta attenzione, mentre i malvagi sono senza “nome”.
Proposta cinematografica dedicata all’opera di misericordia spirituale “Sopportare pazientemente le persone moleste” è il film Leviathan (2015) di Andrey Zvyagintsev. Il film russo viene consigliato nel ciclo Cinema e Giubileo dalla Commissione Nazionale Valutazione Film della CEI - Fondazione Ente dello Spettacolo, in accordo con l’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della CEI.
 
Leviathan, la vicenda di Davide contro Golia
Dopo il Leone d’oro alla 60 Mostra del Cinema della Biennale di Venezia nel 2003 con Il ritorno (Vozvraschenie), il regista russo Andrey Zvyagintsev firma un altro potente racconto con Leviathan (2015), Premio per la Miglior sceneggiatura al 67. Festival di Cannes (2014) e Golden Globe 2015 come Miglior film straniero.
Ambientato nel Nord della Russia contemporanea, sulle sponde del Mare di Barents, il film propone la storia di Kolia (Aleksei Serebryakov), proprietario di un’officina meccanica e di una casa dove vivono anche la moglie e il figlio. L’esistenza quotidiana della famiglia si incrina quando iniziano le pressioni e le vessazioni da parte del sindaco del paese Vadim (Roman Madyanov), interessato a rilevare l’appezzamento di terra di Kolia.
Il protagonista si trova impotente dinanzi alle aggressioni messe in atto dal rappresentante delle istituzioni locali. Kolia cerca in ogni modo di resistere, di opporsi fermamente al sopruso incombente, chiedendo anche il sostegno della Chiesa ortodossa locale. Kolia è uno degli “ultimi” abbandonato dalla comunità, che prova a rimanere in piedi dinanzi alla violenza.
Il regista russo Zvyagintsev compone un suggestivo affresco della società russa contemporanea dove il potere, che viene associato alla figura biblica e filosofica del Leviatano, è dilagante e dominante, mietendo vittime senza esitazione. Zvyagintsev coraggiosamente punta il dito contro i poteri forti del Paese, ovvero lo Stato e la stessa Chiesa ortodossa, accusata di collaborazionismo, di indietreggiare dinanzi alla prova muscolare dello Stato.
Leviathan è però soprattutto il racconto del coraggio di un uomo, di un “ultimo” isolato dalla società, che cerca di arrestare la marcia del potere, di opporsi a una aggressione palese. Kolia non è un vincitore, ma in lui risplende la luce della speranza e della solidità d’animo, il coraggio degli onesti che si mette in gioco nonostante le poche possibilità di successo.
Leviathan è pertanto un film consigliato nel ciclo Cinema e Giubileo per affrontare la riflessione sull’opera di misericordia spirituale “Sopportare pazientemente le persone moleste”. Con la sua condotta, Kolia offre un intenso esempio di resistenza e di accettazione della realtà, lottando e sperando in un domani differente, senza lasciarsi vincere nell’animo dalla disperazione o, peggio, dalla concussione, dal compromesso.
 
Per approfondire con la Cnvf e Cinematografo.it
 
Commissione Nazionale Valutazione Film CEI: «Un individuo, uno Stato che lo segue e lo controlla. L'alleanza tra uomo e Stato è da sempre un tema molto discusso in Russia. "Se il mio film – dice Zvyagintsev – è radicato in Russia è perché io non sento parentela, legame genetico con nessun altro paese. Ma sono anche profondamente convinto che in qualunque società ognuno di noi vive, tutti dovremmo confrontarci un giorno con questa alternativa: vivere come uno schiavo o vivere come un uomo libero". È una storia eterna, l'origine della quale può essere cercata nella parabola biblica del calvario di Giobbe. Evidente è anche il riferimento al lavoro del filosofo Thomas Hobbes e alla figura del Leviathan. Riferimenti importarti per una struttura narrativa che cresce in forza e intensità espressiva: la vicenda di Kolja, vittima sacrificale, si addentra in un labirinto morale sempre più intricato. L'uomo solo accetta di andare al sacrificio contro lo Stato e la Chiesa, due poteri che affliggono e blandiscono. Dopo la dilaniata poesia del film d'esordio "Il ritorno" (Leone d'oro a Venezia 2011), il regista compone un nuovo affresco di stordente bellezza e di aspra poesia. Rappresenta esseri umani privi di etica in uno scenario in cui ogni ricordo della vecchia Unione Sovietica è cancellato e dove tuttavia anche la nuova Russia non se la passa tanto bene. I pilastri sui quali si dovrebbe fondare la società (politica, religione, educazione, giustizia) procedono in ordine sparso, tra delusioni, cinismo, egoismo. Storia corposa, intensa, come sintesi di un mondo che non sa(o non vuole) essere cambiato. Opera polifonica, poema ruvido e lirico, grande film visionario, addolorato e accorato che, dal punto di vista pastorale, è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti» (www.cnvf.it).
 
Rivista del Cinematografo - Cinematografo.it: «Sfruttando la potenza allegorica di un lembo di terra aspra, suggestiva, astratta, affacciata sul Mare di Barents, il regista de Il ritorno imbastisce una commedia apocalittica e kafkiana sulla corruzione dell’odierna Russia, il Leviatano che continua a divorare aspirazioni, diritti e libertà. Le sue leve sono lunghe, implacabili, inimmaginabili: dalla politica alla religione (impietosa la raffigurazione della Chiesa Ortodossa), dalla giustizia alle forze dell’ordine, tutto lavora perché lo Stato, questo straordinario e perverso meccanismo di dominazione, continui ad alimentarsi e a riprodursi, corrompendo persino i legami più sacri. Come dice il Pope al sindaco: “Lavoriamo per la stessa cosa, ma in territori diversi”. E se la tragedia di Kolia guarda da vicino a quella del Serious Man dei Coen (entrambi novelli Giobbe), la chiave di lettura è invece decisamente politica: Leviathan è una denuncia durissima stemperata appena dalla bonaria ironia con cui Zvyagintsev biasima i costumi dei propri connazionali (a partire dal bicchiere facile). Superbo lo stile visuale (la fotografia è di Mikhail Krichman), azzeccatissimo il cast, suggestivo il tappeto sonoro (Philip Glass)» (G. Arnone, Leviathan, «Rivista del Cinematografo» - Cinematografo.it, 7 maggio 2015)