La ricerca "Identità digitali: la costruzione del sé e delle relazioni tra online e offline", si inserisce in un nuovo filone di analisi, ancora in fase sperimentale, che utilizza il web non solo come oggetto di analisi, ma anche come canale di accesso e come strumento di rilevazione.
E’ una modalità potenzialmente molto preziosa perché i questionari auto-compilati consentono di caricare direttamente una quantità elevatissima di dati; come svantaggio c’è la non rappresentatività del campione (campione non probabilistico poiché auto-selezionato). I numeri elevati ne garantiscono comunque la significatività. Il limite qui è dato dalla femminilizzazione del campione, che comunque rivela una maggiore propensione delle femmine a impegnarsi in un’operazione esigente, oltre che il successo del canale femminile di attivazione (anche una serie di mondi maschili sono stati convocati, ma la risposta è stata bassa).
Il questionario online, suscitando un doppio interesse metodologico e conoscitivo, si è rivelato (sulla base dei commenti scambiati sui social network) anche un “attivatore di riflessività”, molto apprezzato da chi l’ha compilato, rivelando una potenziale valenza educativa, in quanto “disimmersiva”, di strumenti di questo tipo.
Il questionario dettagliato ha consentito di raccogliere un ampio ventaglio di informazioni. In particolare:
- una parte del questionario mirava a verificare i risultati della ricerca precedente qualitativa, e/o evidenziare mutamenti (che già nell’arco di un anno si sono verificati), secondo la prospettiva della triangolazione, allo scopo di ridurre le distorsioni. I risultati sono stati confermati: in particolare la continuità online-offline, il significato dei diversi strumenti in rapporto al sé (prossemica delle tecnologie), con un’enfasi ancora maggiore sul cellulare come estensione del sé; l’uso prevalentemente relazionale degli spazi, sia online che offline. Come elemento nuovo è emerso un ruolo maggiore della connessione in mobilità, che aumenta i tempi di connessione (con un aumento quindi di usi ambientali e funzione fatica).
- Una parte, nuova rispetto alla ricerca dello scorso anno, mirava a una prima esplorazione della dimensione del credere e delle pratiche religiose, nella loro connessione con gli usi e le pratiche relazionali. E’ emerso che la maggior parte dei giovani si dichiara credente, circa il 53% (abbiamo distinto tra “convinto”, 38,5% e “tiepido”29% del nostro campione). E’ interessante notare che anche in coloro che si dichiarano atei o agnostici, emerge comunque la convinzione di una “vita dopo la morte” (potenza degli immaginari alla Dan Brown, ma anche potenziale spazio di “aggancio” per un’apertura alla trascendenza).
- La dimensione della credenza si correla, anche se debolmente, alle pratiche offline (frequenza a chiesa e oratori; attività di volontariato, che è comunque ridottissima anche tra i credenti) e più significativamente ai consumi mediali (che sono più “tradizionali”, nel senso che c’è un po’ più TV e un po’ meno Internet, soprattutto per le attività al di fuori dei social network) e alla disponibilità a quello che abbiamo chiamato “silenzio digitale”, ovvero a staccare da Internet ogni tanto.
- Una parte sul canale dell’ingaggio (come si è venuti a conoscenza del questionario) che è stata i realtà molto interessante, perché ha consentito di evidenziare soprattutto due modi efficaci di convocazione: la presenza di mondi già consolidati in rete, specie quando riferiti a un “leader” carismatico ma percepito come vicino , e il passaparola. I mondi cattolici hanno invece rivelato una bassa capacità di ingaggio, e su questo forse occorre fare una riflessione.
Un aspetto altro interessante emerso riguarda l’aspetto della “prossimità percepita”: risulta chiaramente che la condivisione degli stessi spazi (es: in chiesa durante la messa) non produce un senso di vicinanza tra i partecipanti; è la relazione, anche quella attraverso la connessione, che produce vicinanza, non la prossimità spaziale. Le “pratiche aggreganti” come il volontariato producono più vicinanza che la semplice condivisione degli spazi, confermando l'importanza della dimensione esperienziale, della concretezza dell’incontro personale, al di là delle mediazioni istituzionali. Quindi, anche da un punto di vista pastorale, non è tanto importante attirare le persone verso le chiese, ma incontrarle ed entrare in relazione, per costruire una vicinanza sulla cui base comunicare.
Sulla base dei risultati della ricerca sono stati indicati alcune possibili piste di approfondimento ulteriore (per esempio sul rapporto tra credenze, non necessariamente religiose, e usi/pratiche). In particolare è risultata particolarmente efficace la modalità di ingaggio attraverso la figura di “influenti” (come opinion leaders nel senso di Lazarsfeld, ovvero soggetti affini al gruppo – entro una logica alla pari e orizzontale - ma ai quali viene riconosciuta una particolare competenza che li rende autorevoli, degni di fiducia e di fatto capaci di orientare scelte e comportamenti). Questo aspetto emerso dalla ricerca spinge a un approfondimento della trasformazione del carisma in un mondo orizzontale come quello della rete e ai meccanismi di costruzione della fiducia. Temi importanti anche dal punto di vista pastorale, oltre che di etica della comunicazione.
Infine, a livello di conclusioni, sia in relazione ai risultati della ricerca che alla letteratura più recente su identità e web, si tracciano alcune opportunità e limiti delle “identità multiple” dei giovani nell’ambiente audio tattile, sottolineando la necessità di mantenere in tensione le due dimensioni (dell’ascolto, oltre che del contatto), per non essere totalmente risucchiati dalla logica dei dispositivi, ma “disporre” invece di un punto di riferimento esterno al web che consente l’apertura di uno spazio di libertà (cfr. relazione Pompili).