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In attesa della Grazia   versione testuale

“Pregare Dio per i vivi e per i morti”
L’attesa (2015) di Piero Messina
 
 
La preghiera che salva
«La preghiera [...] non è una buona pratica per mettersi un po’ di pace nel cuore; e nemmeno un mezzo devoto per ottenere da Dio quel che ci serve. [...] La preghiera è un’altra cosa. La preghiera, invece, è un’opera di misericordia spirituale, che vuole portare tutto al cuore di Dio.[...] È un dono di fede e di amore, un’intercessione di cui c’è bisogno come del pane» (Francesco, 6 febbraio 2016). Nel ricordare l’esempio di San Pio da Pietrelcina, le sue parole sulla preghiera – La preghiera è una forza che muove il mondo! –, papa Francesco ricorda l’importanza della preghiera nella quotidianità, un bisogno primario come quello del pane.
Proposta cinematografica dedicata all’opera di misericordia spirituale “Pregare Dio per i vivi e per i morti” è il film L’attesa (2015) di Piero Messina. Il film viene consigliato nel ciclo Cinema e Giubileo dalla Commissione Nazionale Valutazione Film della CEI - Fondazione Ente dello Spettacolo, in accordo con l’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della CEI.
 
L’attesa, un incontro che cambia
Dopo una formazione accanto a Paolo Sorrentino, Piero Messina con L’attesa ha esordito alla 72. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia nel 2015, ottenendo molti apprezzamenti e riconoscimenti, tra cui il Leoncino d'oro dell’Agiscuola e la menzione speciale del Premio cattolico internazionale SIGNIS, con la seguente motivazione: «È ammirevole per un regista esordiente mostrare una così forte personalità artistica nella sua opera prima. L’attesa traduce profonde esperienze umane in chiari linguaggi iconici e spirituali, dando sostanza all’invisibilità della persona amata, trasformando dolore e solitudine in speranza».
Campagna siciliana, due donne sono in attesa. In un’antica villa, la cinquantenne Anna (Juliette Binoche) riceve la visita della giovane Jeanne (Lou de Laâge), che si presenta come la fidanzata del figlio Giuseppe. Anna non la conosce, decide di accoglierla e accetta di ascoltare da lei i legami che aveva con il figlio. Jeanne aspetta l’imminente arrivo di Giuseppe e Anna accetta con pazienza la situazione, serbando nel cuore la speranza di ritrovare il figlio.
Giocato con un andamento realistico e insieme misterioso, sospeso, il film L’attesa presenta anzitutto la condizione di due donne, madre e compagna, che aspettano un ritorno. Entrambe coltivano la speranza dell’incontro, una speranza che sembra fondersi con la preghiera. Il giovane Giuseppe, infatti, si sa che è morto da tempo, ma nessuno ha il coraggio di rivelarlo.
Il film di Messina è denso di simbolismo religioso, che emerge sia dalle immagini delle rappresentazioni popolari durante la Settimana Santa, sia nel tratteggiare la figura di Anna, una madre che ha perso il figlio e tuttavia non sembra rassegnata alla perdita, bensì si abbandona alla speranza dell’incontro e della riconciliazione.
Il regista cala, in una Sicilia dai sapori antichi e dalle forti radici religiose, un ritratto di una maternità ferita, mutilata, ma anche l’immagine di un incontro inaspettato con l’altro, con una giovane che accende in lei una luce di speranza, la possibilità di riscatto. Insieme le due donne, Anna e Jeanne, saranno chiamate ad affrontare la realtà, a dare un nome all’assenza e a trovare un modo di imprimere nuovo senso alla propria esistenza.
Il film L’attesa di Piero Messina viene consigliato per il ciclo Cinema e Giubileo, nello specifico per affrontare il tema dell’Opera di misericordia spirituale “Pregare Dio per i vivi e per i morti”, per la sua capacità di declinare il tema della preghiera – seppure non esplicitata – per l’altro, per chi non c’è più, ma anche per il bisogno di sanare il proprio animo ferito e trovare così la via della riconciliazione.  
 
 
Per approfondire con la Cnvf e Cinematografo.it
Commissione Nazionale Valutazione Film CEI: «Sull’attesa dell'uomo che non tornerà cresce un dramma psicologico intenso e scavato. Conta molto il rapporto tra le due donne, che nasce nella reciproca distanza, attraversa fasi incerte e diffidenti, si apre ad un cero punto ad una imprevista condivisione di affetti, si rifugia infine nella amara constatazione della realtà. Alle prese con una materia ardua, scostante, spigolosa, Messina costruisce da esordiente e con raffinato istinto pittorico tutta la prima fase nella quale esplora con tagli misteriosi l’atmosfera della grande casa siciliana, pedinandola con toni di un chiaroscuro forte e incisivo. Resta nella mente quel buio progressivo che segna l'allontanarsi della luce della vita contro l'incombere del vuoto interiore. Con bello sguardo, Messina affida l'inizio alla presenza di un Cristo ligneo forte e vigoroso, e segue nel finale la processione del venerdì Santo, spettacolo rituale e tradizionale, linea d'incontro tra la Sicilia antica e moderna dove si muovono giovani vivaci e irrequieti. L'attesa come metafora non di una sparizione ma di un nuovo inizio. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti» (www.cnvf.it).
 
Rivista del Cinematografo - Cinematografo.it: «Piero Messina mette il talento davanti al film. Da questo punto di vista il regista calatino, classe ’81, è degno allievo di Paolo Sorrentino, un altro che ha più fan tra gli spettatori che critici a favore. Il talento esibito è un esercizio democratico. [...] L’attesa vive di stratificazioni continue, di immagini il cui contenuto non è mai custodito in un nocciolo interno ma si trova sempre fuori, come un effetto di regia, sul dorso di sovrapposizioni successive (stilizzazione della messa in scena, angoli di ripresa insoliti, maniacale attenzione al dècor, al sound, alle luci, ecc…) che lavorano di continuo la materia ottica grezza, facendo del mostrare – sempre – un evidenziare. [...] Il cinema di Messina, ancora così acerbo eppure così vivo e insolente e orgogliosamente borghese, sembra strutturarsi attorno a questo Vuoto, lo guarda e ne ha paura, lo costeggia e lo nasconde, ne sta alla larga. E mette continuamente in scena questa dinamica, i drappi di velluto sugli specchi, le finestre chiuse, la processione mascherata e ovviamente le bugie della protagonista. Brava la Binoche, ma che sorpresa Lou de Laage! Accattivante la colonna sonora [...]. Gli uomini sono sempre muti o di passaggio. Il mondo è delle Madonne e per il loro patire. Così oscenamente bello» (G. Arnone, L’attesa, «Rivista del Cinematografo» - Cinematografo.it, 16 settembre 2015).