Con l’intervento di Massimiliano Padula, presidente dell’Aiart, prosegue la riflessione a più voci avviata dal Copercom sul Messaggio di Papa Francesco per la 51esima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. In precedenza avevano scritto Domenico Delle Foglie, Carlo Marroni, Tonino Cantelmi, Piero Chinellato e Vania De Luca.
Esplorare il nostro tempo, coglierne la complessità, leggerlo pastoralmente, tracciare vie di azione e proporre soluzioni. Papa Francesco fa tutto questo nel Messaggio per la 51esima giornata mondiale delle comunicazioni sociali offrendoci un piccolo grande “pezzo” di Magistero da custodire nel cuore e condividere con chi ci è prossimo. Quel “prossimo” che, per Francesco, è la Persona con la P maiuscola: uomini e donne nel mondo con le loro speranze ma anche con i dolori e le frammentazioni che spesso minano l’esistenza. Per il Pontefice la comunicazione è proprio questo: un collante alle fratture dell’umanità, un olio profumato che attenua le ferite, un motore di tenerezza. Dall’incontro alla famiglia, dalla misericordia alla speranza e alla fiducia, i suoi Messaggi trascendono il mero universo mediatico e tecnologico per abbattere anzitutto barriere di comprensione: la comunicazione “costruisce, rifiuta i pregiudizi, favorisce una cultura dell’incontro, grazie alla quale possiamo imparare a guardare la realtà con consapevole fiducia”.
Comunicare, quindi, significa impegnarsi e assumersi delle responsabilità. È questa la strada madre e maestra di una Chiesa viva che non si limita a diagnosticare o teorizzare ma entra negli anfratti più profondi del contemporaneo colorandoli di bello, di buono, di giusto. Francesco ci chiede a gran voce di diventare protagonisti di una comunicazione - nostro malgrado - sempre più appiattita sul male. “Spezziamo il circolo vizioso dell’angoscia, arginiamo la paura, non abituiamoci alle cattive notizie” ma lavoriamo per una vera e propria “cultura della Buona notizia”. Si tratta di richieste che chiamano in causa i professionisti dell’informazione ma non solo.
In una contemporaneità sempre più rimodulata dal digitale, ognuno di noi è comunicatore, può narrare e rappresentare ciò che lo circonda. Ma non è così semplice. L’esplosione degli spazi mediali, infatti, comporta rischi enormi. Tra questi: la superficialità, la banalizzazione, il sensazionalismo, la spettacolarizzazione del male. Francesco lo sa bene e per questo motivo ci esorta a essere “ermeneuti del reale”, capaci cioè di usare una “chiave interpretativa in grado di selezionare e raccogliere i dati più importanti” perché tutto “dipende dallo sguardo con cui viene colta [la realtà], dagli occhiali con cui scegliamo di guardarla: cambiando le lenti, anche la realtà appare diversa”.
I media siamo noi. Lo è Francesco che, con la sua testimonianza quotidiana, si fa “medium” della Buona Notizia che è “Gesù stesso”, perfetto comunicatore e testimone “di un’umanità nuova, redenta, fino ai confini della terra” (cfr
At 1,7-8). Si tratta di un riposizionamento di senso che anche l’Aiart, l’associazione degli spettatori e dei cittadini mediali, prova a concretizzare. In primis attraverso una presa di coscienza e una rimodulazione del proprio agire che trascende categorie divisive come la denuncia urlata, la censura, la critica fine a se stessa per scegliere stili e linguaggi che mettano al primo posto il dialogo, il confronto, l’approfondimento e la proposta.
Questo Messaggio diventa, in conclusione, una bussola e un esercizio continuo alla ricerca del Bene che possiamo intercettare anche nelle prove più dure, nei giorni più cupi che mettono a repentaglio il nostro equilibrio. È come se Francesco ci offrisse un’opportunità: rinchiuderci nei labirinti del nostro egoismo anestetizzando le nostre coscienze oppure affidarci a Lui che “illumina la nostra rotta e apre sentieri nuovi di fiducia e di speranza”.