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Cambiare verso alle parole

Un altro contributo sulla riflessione promossa dal Copercom per la 51esima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. Sul Messaggio di Papa Francesco interviene Fabio Zavattaro, già vaticanista del Tg1, che pone alcuni interrogativi sul mestiere del giornalista. In precedenza avevano scritto Domenico Delle FoglieCarlo MarroniTonino CantelmiPiero ChinellatoVania De LucaMassimiliano Padula e Fabio Zavattaro.

La più grande punizione che si può dare, è quella di dire a un’altra persona: “Non ti parlo più”; in questo caso il silenzio serve a escludere, a non coinvolgere il prossimo nella nostra vita. Non è censura, né tantomeno mutismo: è la profonda negazione dell’esistenza, è il non percepire più che nessuno nel bene e nel male considera l'altro vivente, presente. Non ti parlo più, è l’opposto, l’antitesi, l’antiumano di: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare” (Gv 1,1-18). Non ti parlo più, è non dare il Senso al senso dell'esistenza. 
“Quel che Giovanni chiama in greco ‘ho logos’ – tradotto in latino ‘Verbum’ e in italiano ‘il Verbo’ – significa anche ‘il Senso’. (…) Il ‘Senso’ che si è fatto carne non è semplicemente un’idea generale insita nel mondo; è una ‘Parola’ rivolta a noi. Il Logos ci conosce, ci chiama, ci guida. Non è una legge universale, in seno alla quale noi svolgiamo poi qualche ruolo, ma è una Persona che si interessa di ogni singola persona: è il Figlio del Dio vivo, che si è fatto uomo a Betlemme” (Benedetto XVI, Udienza generale 17 dicembre 2008). 
Il Senso è una Persona che si interessa ad ogni singola persona, e, “la Buona Notizia, quel Vangelo che è stato ‘ristampato’ in tantissime edizioni nelle vite dei santi, uomini e donne diventati icone dell’amore di Dio” (Francesco, Messaggio per la 51esima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali), diventa uno dei “canali” per continuare quest’opera di annuncio della Parola nelle parole degli uomini.
 
1. Il Senso nelle periferie digitali
Chi trova il Senso non può cercare altrove. Abita con identità la nuova vita, nella quale non potranno esserci più oscurità né anonimato nel buio virtuale nella comunicazione. Spesso siamo naufraghi in un feticismo di selfie e sterili comunicazioni al limite e oltre la volgarità: si pensi alla banalizzazione di video e foto, tweet e pensieri del giorno sui social, dove il copia e incolla la fa da padrone senza verificare l’autenticità della fonte. Dove il particolare naturale diventa seducente e pornografico e il Vangelo si mischia con le apparizioni virtuali di santi e martiri mai esistiti. Dove si arriva a pensare a un Dio tecnologico e digitale stracciando e negando che la fede è un dono, annunciata con la vita dei testimoni risorti, passati dalla morte della vita alla vita nel Risorto.
 
2. Il Senso che dà senso e contenuto di vita a ciò che necessita conversione 
Conversione significa normalmente “cambiare vita”. In ebraico ha una più profonda accezione, ossia cambiare direzione ai piedi. Potremmo dire, per il mondo digitale, che conversione significhi “cambiare direzione alla navigazione”, ossia avere tra le mani il proprio timone telematico e riuscire ad orientarsi in ciò che sembra non essere percettibile ai sensi. Ma il virtuale ha un impatto sulla vita reale. Sempre.
 
3. Cambiare direzione alle parole che digitiamo 
Per fare questo, dobbiamo avere come centro Gesù Cristo e dobbiamo spingere le nostre parole, quasi sospingerle, nei meandri bui di un’umanità che è condizionata potentemente dal disorientamento e dal non senso. Per dare senso e carne al sommerso dove la parola è capace di fermare il baratro della dipendenza che isola nella globalizzazione, illusi dalle luci verdi accese nelle chat dei social dove nessuno ti dice: “Ciao, come stai?”.
 
Le parole ingannevoli e menzognere rimangono nel web, ma è come se rimassero sospese in uno spazio archiviato nel cestino da svuotare.
La Verità ci rende liberi e l’Amore, che non è mai digitale, può dare senso ad una umanità che non può rischiare di essere indotta ad una guerra tra le identità false e la vera umanità degli uomini consapevoli delle proprie fragilità.

 
Fabio Zavattaro