Presentazione   versione testuale

di S.E. Mons. Nunzio Galantino

«"Sì, vengo presto!”. Amen. Vieni, Signore Gesù» (Ap 22,20). L’annuncio e la fiduciosa supplica per affrettare il ritorno del Risorto formano il nucleo essenziale del Tempo d’Avvento. Solo in apparenza il “tempo liturgico” si presenta come tempo ciclico, come una tradizione che si ripete. Ogni anno che lo celebriamo constatiamo che il Regno di Dio avanza nella storia: storia del mondo, storia della salvezza.
I segnali che provengono dal mondo potrebbero scoraggiare: che cosa è la celebrazione liturgica – proposta debole e fragile, affidata alla recezione e alla buona volontà degli uomini – in confronto ai conflitti, alle tensioni, alle guerre che serpeggiano e sembrano sul punto di esplodere? In realtà non si tratta di un tempo debole, anche se viene espresso con sobrietà particolare dalla liturgia. E’ un tempo forte di preparazione e di avvio, che invita a iniziare un nuovo percorso, settimana per settimana, verso il compimento di quella era nuova della storia umana cominciata con il Natale del Signore, che celebreremo nella festa e nella gioia.
«Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci» (Is 2,4). Un annuncio inaudito apre la Liturgia della Parola della prima domenica di Avvento. Una profezia che scuote le coscienze, che ha il coraggio di vedere la luce dove altri identificano solo tenebra e non senso. Questo annuncio non rimane un fatto isolato: tutti i testi delle liturgie d’Avvento (letture bibliche e testi patristici, salmi, orazioni e prefazi, antifone e canti) sono disposti in modo da richiamarci e accompagnarci a una fedele vigilanza nel cammino. Lo spirito dell’Avvento non può lasciarci indifferenti.
Se noi andiamo verso il Signore, in realtà è il suo venire che ci smuove dall’immobilismo e rimette in moto energie sopite, ci libera da stanchezze e pigrizie. Un rinnovato incontro con lui può dar vita a un nuovo segmento del nostro vivere, che dia uno spazio più generoso a Colui che viene. Così possiamo dare senso pieno alla parola Avvento, che vogliamo onorare e rendere concreta. E prende profondità anche la nostra supplica: «Vieni, Signore Gesù, spezza le nostre spade, smussa le punte delle nostre lance, cancella i desideri di guerra, le chiusure, i muri: riconosciamo la tua chiamata e il bisogno di aprirci a te, senza timore».
Partendo dall’esperienza dell’Anno della Misericordia, il “Sussidio” – predisposto da alcuni uffici della Segreteria Generale della Conferenza Episcopale Italiana – intende accompagnare le comunità della Chiesa che è in Italia a vivere la trasformazione della Storia che il Risorto opera incessantemente; il Signore che viene è infatti il Risorto: tutta la realtà, umana e cosmica, è in lui trasfigurata, è la nuova e definitiva creazione. Le nostre fragili realtà possono aprirsi a una nuova esistenza. Come ricorda Papa Francesco:
 
Cristo ha unificato tutto in Sé: cielo e terra, Dio e uomo, tempo ed eternità, carne e spirito, persona e società. Il segno distintivo di questa unità e riconciliazione di tutto in Sé è la pace. Cristo « è la nostra pace» (Ef 2,14). L’annuncio evangelico inizia sempre con il saluto di pace, e la pace corona e cementa in ogni momento le relazioni tra i discepoli. La pace è possibile perché il Signore ha vinto il mondo e la sua permanente conflittualità avendolo «pacificato con il sangue della sua croce» (Col 1,20). Ma se andiamo a fondo in questi testi biblici, scopriremo che il primo ambito in cui siamo chiamati a conquistare questa pacificazione nelle differenze è la propria interiorità, la propria vita, sempre minacciata dalla dispersione dialettica. Con cuori spezzati in mille frammenti sarà difficile costruire un’autentica pace sociale. (EG 229)
 
Le ferite aperte e più dolorose, oggi, sono visibili nell’assenza di pace e nella presenza crudele della guerra. Puntare su una riduzione dei conflitti e una più attiva fiducia nel dialogo, vuol dire oggi riattivare le energie che aiutino a portare il peso del confronto non cruento, pagandone pure il prezzo ma in un orizzonte tinto di speranza. Il Signore che viene è «la nostra pace» (Ef 2,14). Riconciliare, pacificare, costruire, e ricostruire, la storia continuamente lacerata. Dare credito agli altri, preparando il meglio possibile il campo della “pluriforme unità”. Anche in questo nostro Avvento-Natale: «Vieni, Signore Gesù».
Sul piano personale, si tratterà di accogliere più a fondo l’appello che viene dallo Spirito di Pace; lasciando correggere, in particolare, il nostro modo di guardare gli “altri”: Dio ci fa intuire che nell’altro, o meglio, nei fratelli, è presente una possibile trasfigurazione, che è per tutti urgente, ma che troppo spesso è velata dietro il vivere di chi è povero, scartato, oggetto di violenza, privato di avvenire.
Sul piano comunitario, andranno continuamente rigenerate le speranze, per non appiattirsi nello statu quo, e rilanciare invece – non le utopie – ma il disegno di un mondo più abitabile, e di una vita ultima in Dio, da annunciare senza stancarsi.
E’ la strada maestra di un Avvento autentico, che ci conduce a celebrare “in spirito e verità” il Natale del Signore, come trasfigurazione dell’umano che «nella pienezza del tempo» (Gal 4,4) si fa annuncio e profezia del Regno di Dio, che è in mezzo a noi.
L’auspicio è che il “Sussidio”, in continuità dinamica con il Convegno ecclesiale di Firenze, in piena sintonia con il Magistero di Papa Francesco – fatto di gesti e parole assai eloquenti che ci interpellano – possa favorire nelle comunità cristiane una fruttuosa accoglienza dell’unico Dono, capace di trasfigurare la nostra umanità e di liberare un’esistenza troppo angustiata dalle nostre preoccupazioni, per entrare in un tempo nuovo, gioioso nel ringraziamento e lieto nella comunione.
 
 
                                                                                                                            + Nunzio Galantino
                                                                                                                            Segretario Generale
                                                                                                            della Conferenza Episcopale Italiana