Spezzeranno le loro spade
e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci - Parola di Dio - 25 dicembre - Natale del Signore
e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci - Parola di Dio - 25 dicembre - Natale del Signore
25 dicembre
Natale del Signore
Letture
MESSA VESPERTINA NELLA VIGILIA
Isaia 62,1-5 Il Signore troverà in te la sua delizia.
Salmo 88 Canterò per sempre l’amore del Signore.
Atti 13,16-17.22-25 Testimonianza di Paolo a Cristo, figlio di Davide.
Canto al Vangelo Domani sarà distrutto il peccato della terra e regnerà su di noi il Salvatore del mondo.
Matteo 1,1-25 Genealogia di Gesù Cristo, figlio di Davide.
MESSA DELLA NOTTE
Isaia 9,1-6 Ci è stato dato un figlio.
Salmo 95 Oggi è nato per noi il Salvatore.
Tito 2,11-14 È apparsa la grazia di Dio per tutti gli uomini.
Canto al Vangelo (cfr. Lc 2,10-11) Vi annuncio una grande gioia: oggi è nato per voi un Salvatore, Cristo Signore.
Luca 2,1-14 Oggi è nato per voi il Salvatore.
MESSA DELL’AURORA
Isaia 62,11-12 Ecco, arriva il tuo salvatore.
Salmo 96 Oggi la luce risplende su di noi.
Tito 3,4-7 Ci ha salvati per la sua misericordia
Canto al Vangelo (Lc 2,14) Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama.
Luca 2,15-20 I pastori trovarono Maria e Giuseppe e il bambino.
MESSA DEL GIORNO
Isaia 52,7-10 Tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio.
Salmo 97 Tutta la terra ha veduto la salvezza del nostro Dio.
Ebrei 1,1-6 Dio ha parlato a noi per mezzo del Figlio.
Canto al Vangelo Un giorno santo è spuntato per noi: venite tutti ad adorare il Signore; oggi una splendida luce è discesa sulla terra.
Giovanni 1,1-18 Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi.
In breve: La profezia è il modo privilegiato scelto da Dio per comunicare con l’umanità
- la Scrittura ricostruisce la lunga storia dell’interazione tra Dio e l’umanità
- attraverso il suo popolo
- e all’interno del suo popolo attraverso i profeti
- la profezia è un modo fondamentale con cui Dio comunica
- che si compie pienamente in Cristo
- che prosegue nella sua comunità
- celebrare il Natale significa riscoprirsi come comunità che porta al mondo il lieto annuncio della misericordia di Dio
Il desiderio di comunicare
I nomi del popolo di Dio
Il brano evangelico della vigilia ci propone la genealogia di Gesù: una lunga lista di nomi propri. Padri, figli, nipoti e pronipoti. Quattordici più quattordici più quattordici generazioni. Una lunga e travagliata storia di comunicazione tra uomo e Dio, a volte riuscita, più spesso incompiuta. Nell’elenco che Matteo ricostruisce si alternano generosità e chiusura, cecità e visione. Ciascuno dei padri è stato chiamato per nome da Dio; alcuni hanno risposto, altri si sono chiusi all’offerta di un legame con Dio, altri ancora lo hanno frainteso, calpestato, aperto e poi chiuso.
Il rivestimento della parola profetica
Per questo la voce di Dio si è dovuta rivestire della parola profetica: perché, nonostante l’ottusità dei destinatari, non mancasse mai chi parlasse in suo nome. E' interessante notare che tra gli antenati di Gesù non c’è nessun profeta: ma piuttosto coloro che ascoltavano (o avrebbero dovuto) ascoltare i messaggeri di Dio. Rivelarsi attraverso la fragilità della parola di un uomo è il modo scelto da Dio per far partecipare il mondo della sua presenza. I padri della Chiesa parlavano di “condiscendenza”; noi oggi parleremmo di “discrezione”; di rispetto profondo per l’identità e la libertà della persona.
Sullo stesso piano
Anche nel brano della notte di Natale abbiamo una serie di nomi: non più soltanto i nomi della famiglia di Gesù: Cesare Augusto e Quirinio, accanto a Giuseppe, Maria. Troviamo anche diversi nomi geografici: la Siria, la Galilea, la Giudea (vale a dire, una grande provincia romana, e distretti periferici, se non fastidiosi per l’impero); Nàzaret e Betlemme (vale a dire, una cittadina anonima del nord, e la città di origine del re Davide). Realtà poco comparabili sono accostate, quasi associate, in modo che l’ascoltatore attento ne percepisca l’incongruenza, e sia invitato a interrogarsi sul senso.
Sullo stesso piano stanno l’imperatore e l’oscuro discendente di Davide, il governatore della Siria e una coppia di una città dispersa della Galilea. In tutto il Vangelo dell’infanzia di Luca notiamo la stessa modulazione anomala, in parte ereditata dalle narrazioni dell’Antico Testamento, in cui i valori si invertono: i grandi personaggi (Erode, Cesare, Quirinio) fanno semplicemente da contorno, sono ridotti a riferimenti di datazione storica; sono invece davvero rilevanti altri personaggi, coloro che ascoltano e ubbidiscono alla Parola di Dio.
Il popolo profetico oggi
Per noi oggi, in un’epoca in cui la persuasione mediatica ama servirsi di grandi figure di riferimento (che siano divi del calcio, della musica, o uomini politici è, ahimè, indifferente), appiattendo su di esse l’attenzione delle masse, il trattamento dei personaggi nel Vangelo ha un valore enorme. Il popolo profetico che scaturisce dall’ascolto ha lo stesso valore, di fronte a Dio, di Donald, di Hillary, di Vladimir, di tutti coloro che, prima di essere dimenticati, o rovesciati, o declassati, appaiono come i potenti della terra. E viceversa anche i potenti della terra, per la misericordia di Dio, potrebbero scoprire di essere in fondo amati come tutti gli altri uomini... (se solo accettassero di spogliarsi della loro aura di potere: e la storia insegna che è qualcosa di estremamente raro).
La parola vivente del Padre
Riflettiamo dunque sull’agire di Dio: egli per comunicare con gli uomini non si serve principalmente dei potenti della terra (peraltro nel libro di Isaia leggiamo che essi sono come argilla nelle mani del vasaio, come un attrezzo nelle mani del falegname: Is 10,5.15; 29,16; 45,9); la Scrittura testimonia che egli nella storia pazientemente riallaccia la relazione con l’umanità attraverso un piccolo popolo, e in questo popolo poi agisce in maniera privilegiata attraverso la mediazione dei profeti.
La fragile parola del profeta, prima pronunciata, poi scritta, ci fa giungere la voce di Dio. Mentre attraverso gli eventi della storia ci giunge l’azione divina, per la quale i grandi della terra sono ridotti a strumenti ciechi e inconsapevoli (il vertice si raggiunge nella croce di Gesù), i profeti agiscono come partner responsabili, in dialogo con Dio. Tutto il popolo è invitato ad entrare nel dialogo, a condividere la stessa relazione, ma per lungo tempo domina la paura: solo il profeta ha la forza di restare faccia a faccia con Dio. Fino a quando la Parola stessa si fa carne: e non può impaurire, perché si presenta con lo stesso inizio della vita di ogni uomo: un bimbo indifeso. La lettera agli Ebrei, che ascoltiamo alla Messa del giorno, si sofferma con stupore sulla storia della comunicazione tra Dio e i Padri, che si conclude con l’invio del Figlio: anch’egli fragile ed esposto, come gli altri portatori della Parola prima di lui, eppure infine glorificato, innalzato “alla destra della maestà nell’alto dei cieli”.
La parola scritta torna viva
Come i discepoli di Emmaus poterono comprendere la Risurrezione solamente ascoltando le Scritture, così anche noi possiamo comprendere tutta la portata dell’Incarnazione solo recuperando la ricchezza della memoria contenuta nella Parola divina scritta e consegnata a noi nella Bibbia. Non si tratta peraltro di un’operazione puramente autoreferenziale, chiusa negli ambiti ristretti di una dottrina ecclesiastica: il mondo attuale, e soprattutto i suoi poveri, hanno un disperato bisogno di memoria. Se manca la memoria, sarà sempre possibile perpetuare le menzogne che incatenano; sarà sempre possibile proporre illusioni luccicanti, destinate a infrangersi.
La promessa di Dio, affidabile e permanente, risplende in tutta la sua forza nel momento in cui viene riascoltata, supera le barriere dello spazio e del tempo, chiede di essere continuamente riletta e attualizzata, trova concretezza nella persona di Cristo. Egli mostra che tutto si è già compiuto, che possiamo entrare nei tempi nuovi.
Il lieto annuncio della pace
Celebrando Gesù, che accetta di vivere nell’umiltà della condizione umana, e partendo da essa ristabilire la sua pace (non quella del mondo), possiamo con piena fiducia e coraggio farci a nostra volta annunciatori di pace. Vivendola nella nostra carne, donandola ai poveri per primi, contestando gli oscuri tessitori di guerra, occulta e manifesta, che abitano anche il nostro tempo. Ascoltando Gesù, Parola vivente del Padre, che ricapitola tutte le parole di pace pronunciate dai profeti, troviamo la fiducia di tornare a comunicare, a tessere legami, a smantellare i conflitti. E non ci spaventa il fatto di dover pagare di persona: Gesù per primo, dopo aver condiviso integralmente la condizione di uomo, ha percorso i sentieri della morte e risurrezione, restando nella luce del Padre.
In breve: La profezia è il modo privilegiato scelto da Dio per comunicare con l’umanità
- la Scrittura ricostruisce la lunga storia dell’interazione tra Dio e l’umanità
- attraverso il suo popolo
- e all’interno del suo popolo attraverso i profeti
- la profezia è un modo fondamentale con cui Dio comunica
- che si compie pienamente in Cristo
- che prosegue nella sua comunità
- celebrare il Natale significa riscoprirsi come comunità che porta al mondo il lieto annuncio della misericordia di Dio
- attraverso il suo popolo
- e all’interno del suo popolo attraverso i profeti
- la profezia è un modo fondamentale con cui Dio comunica
- che si compie pienamente in Cristo
- che prosegue nella sua comunità
- celebrare il Natale significa riscoprirsi come comunità che porta al mondo il lieto annuncio della misericordia di Dio
Il desiderio di comunicare
I nomi del popolo di Dio
Il brano evangelico della vigilia ci propone la genealogia di Gesù: una lunga lista di nomi propri. Padri, figli, nipoti e pronipoti. Quattordici più quattordici più quattordici generazioni. Una lunga e travagliata storia di comunicazione tra uomo e Dio, a volte riuscita, più spesso incompiuta. Nell’elenco che Matteo ricostruisce si alternano generosità e chiusura, cecità e visione. Ciascuno dei padri è stato chiamato per nome da Dio; alcuni hanno risposto, altri si sono chiusi all’offerta di un legame con Dio, altri ancora lo hanno frainteso, calpestato, aperto e poi chiuso.
Il rivestimento della parola profetica
Per questo la voce di Dio si è dovuta rivestire della parola profetica: perché, nonostante l’ottusità dei destinatari, non mancasse mai chi parlasse in suo nome. E' interessante notare che tra gli antenati di Gesù non c’è nessun profeta: ma piuttosto coloro che ascoltavano (o avrebbero dovuto) ascoltare i messaggeri di Dio. Rivelarsi attraverso la fragilità della parola di un uomo è il modo scelto da Dio per far partecipare il mondo della sua presenza. I padri della Chiesa parlavano di “condiscendenza”; noi oggi parleremmo di “discrezione”; di rispetto profondo per l’identità e la libertà della persona.
Sullo stesso piano
Anche nel brano della notte di Natale abbiamo una serie di nomi: non più soltanto i nomi della famiglia di Gesù: Cesare Augusto e Quirinio, accanto a Giuseppe, Maria. Troviamo anche diversi nomi geografici: la Siria, la Galilea, la Giudea (vale a dire, una grande provincia romana, e distretti periferici, se non fastidiosi per l’impero); Nàzaret e Betlemme (vale a dire, una cittadina anonima del nord, e la città di origine del re Davide). Realtà poco comparabili sono accostate, quasi associate, in modo che l’ascoltatore attento ne percepisca l’incongruenza, e sia invitato a interrogarsi sul senso.
Sullo stesso piano stanno l’imperatore e l’oscuro discendente di Davide, il governatore della Siria e una coppia di una città dispersa della Galilea. In tutto il Vangelo dell’infanzia di Luca notiamo la stessa modulazione anomala, in parte ereditata dalle narrazioni dell’Antico Testamento, in cui i valori si invertono: i grandi personaggi (Erode, Cesare, Quirinio) fanno semplicemente da contorno, sono ridotti a riferimenti di datazione storica; sono invece davvero rilevanti altri personaggi, coloro che ascoltano e ubbidiscono alla Parola di Dio.
Il popolo profetico oggi
Per noi oggi, in un’epoca in cui la persuasione mediatica ama servirsi di grandi figure di riferimento (che siano divi del calcio, della musica, o uomini politici è, ahimè, indifferente), appiattendo su di esse l’attenzione delle masse, il trattamento dei personaggi nel Vangelo ha un valore enorme. Il popolo profetico che scaturisce dall’ascolto ha lo stesso valore, di fronte a Dio, di Donald, di Hillary, di Vladimir, di tutti coloro che, prima di essere dimenticati, o rovesciati, o declassati, appaiono come i potenti della terra. E viceversa anche i potenti della terra, per la misericordia di Dio, potrebbero scoprire di essere in fondo amati come tutti gli altri uomini... (se solo accettassero di spogliarsi della loro aura di potere: e la storia insegna che è qualcosa di estremamente raro).
La parola vivente del Padre
Riflettiamo dunque sull’agire di Dio: egli per comunicare con gli uomini non si serve principalmente dei potenti della terra (peraltro nel libro di Isaia leggiamo che essi sono come argilla nelle mani del vasaio, come un attrezzo nelle mani del falegname: Is 10,5.15; 29,16; 45,9); la Scrittura testimonia che egli nella storia pazientemente riallaccia la relazione con l’umanità attraverso un piccolo popolo, e in questo popolo poi agisce in maniera privilegiata attraverso la mediazione dei profeti.
La fragile parola del profeta, prima pronunciata, poi scritta, ci fa giungere la voce di Dio. Mentre attraverso gli eventi della storia ci giunge l’azione divina, per la quale i grandi della terra sono ridotti a strumenti ciechi e inconsapevoli (il vertice si raggiunge nella croce di Gesù), i profeti agiscono come partner responsabili, in dialogo con Dio. Tutto il popolo è invitato ad entrare nel dialogo, a condividere la stessa relazione, ma per lungo tempo domina la paura: solo il profeta ha la forza di restare faccia a faccia con Dio. Fino a quando la Parola stessa si fa carne: e non può impaurire, perché si presenta con lo stesso inizio della vita di ogni uomo: un bimbo indifeso. La lettera agli Ebrei, che ascoltiamo alla Messa del giorno, si sofferma con stupore sulla storia della comunicazione tra Dio e i Padri, che si conclude con l’invio del Figlio: anch’egli fragile ed esposto, come gli altri portatori della Parola prima di lui, eppure infine glorificato, innalzato “alla destra della maestà nell’alto dei cieli”.
La parola scritta torna viva
Come i discepoli di Emmaus poterono comprendere la Risurrezione solamente ascoltando le Scritture, così anche noi possiamo comprendere tutta la portata dell’Incarnazione solo recuperando la ricchezza della memoria contenuta nella Parola divina scritta e consegnata a noi nella Bibbia. Non si tratta peraltro di un’operazione puramente autoreferenziale, chiusa negli ambiti ristretti di una dottrina ecclesiastica: il mondo attuale, e soprattutto i suoi poveri, hanno un disperato bisogno di memoria. Se manca la memoria, sarà sempre possibile perpetuare le menzogne che incatenano; sarà sempre possibile proporre illusioni luccicanti, destinate a infrangersi.
La promessa di Dio, affidabile e permanente, risplende in tutta la sua forza nel momento in cui viene riascoltata, supera le barriere dello spazio e del tempo, chiede di essere continuamente riletta e attualizzata, trova concretezza nella persona di Cristo. Egli mostra che tutto si è già compiuto, che possiamo entrare nei tempi nuovi.
Il lieto annuncio della pace
Celebrando Gesù, che accetta di vivere nell’umiltà della condizione umana, e partendo da essa ristabilire la sua pace (non quella del mondo), possiamo con piena fiducia e coraggio farci a nostra volta annunciatori di pace. Vivendola nella nostra carne, donandola ai poveri per primi, contestando gli oscuri tessitori di guerra, occulta e manifesta, che abitano anche il nostro tempo. Ascoltando Gesù, Parola vivente del Padre, che ricapitola tutte le parole di pace pronunciate dai profeti, troviamo la fiducia di tornare a comunicare, a tessere legami, a smantellare i conflitti. E non ci spaventa il fatto di dover pagare di persona: Gesù per primo, dopo aver condiviso integralmente la condizione di uomo, ha percorso i sentieri della morte e risurrezione, restando nella luce del Padre.