28 febbraio
III domenica di Quaresima   versione testuale

Il testo evangelico odierno pone l’attenzione sull’importanza di imparare a leggere la storia e gli avvenimenti che la caratterizzano non solo come una sequenza più o meno ordinata di fatti che accadono e che determinano conseguenze nella vita di ciascuno, ma anche come uno scenario sul quale si compie una rivelazione, si attesta una relazione fra Dio e l’uomo, si realizza la salvezza. Il discepolo di Gesù è messo in condizione, dalla fede in Lui, di avere uno sguardo più lungo e più profondo sugli avvenimenti della vita, per riconoscere l’opera di Dio e il suo modo singolare di rendersi presente nella storia. Di fronte al rischio del non senso e dell’insignificanza, che rappresentano possibili attentati alla realizzazione della vita, la fede in Gesù aiuta a scorgere che, sotto le ceneri di una storia troppo complicata, c’è un fuoco che non si consuma, simile a quello riconosciuto da Mosè in Es 3,2.
Si tratta della presenza misericordiosa di Dio che è garanzia fedele di un esito della vicenda umana secondo la realizzazione definitiva del suo Regno di amore e di pace, di giustizia e di misericordia, di verità e di libertà. In quest’ottica si coglie il valore dell’agire singolare di Dio che mantiene la storia, nonostante i continui fallimenti e infruttuosità che derivano dall’uomo, nella sua mano paziente ed esigente. Alla sterilità dell’albero il vignaiolo risponde con l’incremento delle sue cure e delle sue attenzioni.
Proprio questa è la logica della misericordia di Dio, il cui mistero “si svela – come afferma Papa Francesco – nel corso della storia dell’alleanza tra Dio e il suo popolo Israele. Dio, infatti, si mostra sempre ricco di misericordia, pronto in ogni circostanza a riversare sul suo popolo una tenerezza e una compassione viscerali, soprattutto nei momenti più drammatici […]. Siamo qui di fronte ad un vero e proprio dramma d’amore” (Messaggio Quaresima 2016). Quando si vive questa esperienza, come è accaduto per Mosè di fronte al roveto che non si consumava, “il cuore credente si scopre incantato, attirato da una presenza che sente essere la sua casa perché corrisponde agli aneliti e ai desideri più profondi del cuore di ogni persona. Abitare questo spazio che è Dio stesso, è il nostro destino e, particolarmente oggi, la nostalgia che ci salva dalla banalità del male interiore” (Traccia CEN).