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 Sussidio Avvento-Natale 2011 - Maria, SS. Madre di Dio, 1 gennaio - Approfondimento: Fragilità (2ª parte) 
Approfondimento: Fragilità (2ª parte)   versione testuale
Riscoprire il valore del tempo, a partire dal Natale
Gustare le stagioni del tempo
 
Lo scorrere del tempo richiama la grande fragilità dell’uomo: la morte. Ogni anno che passa contiene un richiamo alla fuggevolezza della vita. La festosità spensierata contiene in sé anche un tentativo di esorcizzare l’inquietante rintocco del tempo che fugge. Ogni fragilità in fondo ha un legame, più o meno evidente, con la morte, o perlomeno con la percezione di uno scorrere del tempo che piano piano sembra precludere ogni possibilità, con la difficoltà di stare dentro una storia di libertà, caratterizzata dall’incertezza e dalla precarietà. Anche la guerra nasce da una percezione di insicurezza, e dal desiderio di assicurarsi con la forza il massimo disponibile delle risorse, per non perdere le posizioni acquisite. Spesso risulta sconcertante che anche chi non ha problemi economici, chi non viene da ambienti sociali degradati cada vittima della droga, della dipendenza, si avventuri in situazioni di pericolo e di devianza. Si tratta di un segnale chiaro che il benessere in sé non allevia la condizione di mortalità, anzi rischia di indebolire la resistenza, di infiacchire lo spirito, che così si arrende di fronte alle prime difficoltà. Al contrario, si incontrano persone gravemente colpite nel corpo, poste fin dall’inizio della vita a contatto con la prospettiva della malattia e della morte, capaci di gustare fino in fondo la bellezza della vita, in ogni suo attimo. Da loro è possibile imparare il modo giusto di stare nel tempo, così come ci insegna la Parola divina.
Anche Gesù vive in maniera piena tutte le stagioni e i momenti della vita: la fatica e il riposo, il nascondimento della giovinezza, e l’esplosione della responsabilità nella vita pubblica, il tempo della dipendenza nell’infanzia, il tempo della crescita, il tempo della maturità; infine anticipa ai discepoli e vive fino in fondo anche il rapido precipitare incontro alla sofferenza e alla morte. Da lui siamo rieducati a scoprire il valore di tutte le stagioni della vita, allargando l’orizzonte della nostra cultura, che tende ad appiattirsi nel mito di un’eterna giovinezza, a cui tutti desiderano conformarsi. Così si toglie sapore alla giovinezza stessa, che ha bisogno di una prospettiva e di un progetto per essere vissuta, e che viene sovraccaricata della tremenda tensione di dover essere vissuta prima che passi; e si toglie senso anche all’età adulta, svuotata del suo significato di maturità e responsabilità, e si crea la repulsione per l’anzianità, vista come parentesi inutile, da anestetizzare il più possibile.
 
 
La vicinanza a chi soffre, a chi è malato, a chi è solo
 
L’attenzione alla fragilità, particolarmente di chi soffre per la malattia, in maniera del tutto semplice e naturale fa riprendere contatto con una giusta percezione del tempo. Al centro si pone la persona, con la sua difficoltà e la sua dignità, che rimane intatta; al suo fianco i fratelli e le sorelle, con il loro desiderio di manifestare amore e prossimità; in loro è presente lo Spirito di Cristo, crocifisso e risorto, che superando la distinzione tra chi aiuta e chi è aiutato, chi conforta e chi è confortato, fa crescere in tutti la comunione, la serenità, la pace. La vicinanza ai deboli ha anche un risvolto sociale ed economico: stabilisce infatti una linea di demarcazione tra una forma più adeguata di economia e di società, in cui esistono tempi e spazi in cui è possibile la tranquilla vicinanza a chi soffre, e una forma meno adeguata, in cui i tempi del lavoro, della festa, la mentalità dominante relegano gli ammalati unicamente negli spazi professionali, e tendono a trasformare anche la cura dei sofferenti in occasione di guadagno o di impiego.
 
 
Professionalità al servizio dei deboli
 
Le feste del Natale sono occasione per riprendere contatto con tutte le realtà e le persone che per il loro lavoro stanno a contatto con i sofferenti, i malati, i deboli; con tutte le associazioni di volontariato che si occupano dell’aiuto e del sostegno in vari settori. È indubbiamente di un positivo “segno dei tempi” il fatto che esistano strutture e professionalità che si prendono cura di chi soffre, e che tutta la società civile se ne prenda carico, come pure che esista un vasto movimento di volontariato che si affianca alle istituzioni. Sarebbe però una degenerazione se una splendida acquisizione dovesse ridursi ad una professione come tutte le altre, essere riassorbita nel grande sistema globale di tornaconti economici e finanziari. La comunità cristiana sarà pronta a dare il suo contributo per mantenere umane, a misura di persona, tutte queste strutture e queste forme di intervento.
 
 
Lo Spirito, caparra del futuro
 
La comunità cristiana dunque sta al fianco di chi soffre; i credenti sono presenti con tutta la loro disponibilità nei luoghi della fragilità e della sofferenza, immettendo la loro capacità di vivere pienamente il tempo umano nella sua interezza. Prima o poi però ognuno sarà chiamato a vivere personalmente quel tratto di vita che più esplicitamente conduce al passaggio verso la casa del Padre. Si tratta della fragilità estrema: perché di fronte alla morte, per quanto si sia accompagnati dall’affetto e dal calore della famiglia e della comunità, ciascuno si ritrova solo, come Cristo sulla croce. Lo Spirito che grida nei nostri cuori “Abbà! Padre!” è caparra del nostro futuro, garanzia di un amore che non abbandona, e che accoglie nella sua pace.