20 marzo
Domenica delle Palme   versione testuale

L’orazione colletta di questa domenica ci fa invocare dal Padre il dono di poter avere sempre presente il grande insegnamento della passione del suo Figlio, per partecipare alla gloria della risurrezione. Con l’inizio della Settimana santa, ogni anno, si è così invitati a mettersi nuovamente a questa scuola, come discepoli del Maestro, perché la lezione pasquale del Crocifisso-Risorto possa condurre ogni credente a riconoscere il proprio ruolo di fronte al Cristo che soffre e muore, mentre sul legno della croce l’ultimo velo sull’invisibilità di Dio viene stracciato perché nel Figlio ivi appeso possa svelarsi il cuore della Trinità.
Il racconto della passione nella versione lucana sembra costruito attraverso un ricco intreccio di incontri, di sguardi, di parole che Gesù scambia con alcune figure che gli si avvicinano lungo il cammino verso la croce. Sono incontri decisivi, rivelatori di quanto abita il cuore dell’uomo, ma anche di quanta promessa di vita e di resurrezione sia contenuta nella sequela del Maestro fino alla croce e poi ancora fino all’annuncio della sua vittoria sulla morte. È, in fondo, questo il grembo in cui viene generata la misericordia e che assume i tratti del volto tradito, umiliato, ma pieno soltanto di amore e di fedeltà all’uomo e alla sua storia, del Figlio di Dio. Solo chi riesce a stare davanti a questo “spettacolo” (Lc 23,48), può accogliere realmente l’insegnamento che da esso è impartito, e cioè che nella croce, lì dove il Figlio di Dio rinuncia completamente a se stesso perdendosi per amore affinché tutti i perduti siano ritrovati, è possibile vedere Dio e, in qualche modo, riconoscere anche la vocazione alta dell’uomo. Dio si rivela come amore che si consuma per ogni uomo e allo stesso tempo rivela che la vita dell’uomo vale nella misura in cui porta le tracce di questo Dio che si dona e ne perpetua i segni.
Riferendosi all’amore unico e immeritato del Crocifisso, Papa Francesco afferma che “solo in questo amore c’è la risposta a quella sete di felicità e di amore infiniti che l’uomo si illude di poter colmare mediante gli idoli del sapere, del potere e del possedere. Ma resta sempre il pericolo che, a causa di una sempre più ermetica chiusura a Cristo, che nel povero continua a bussare alla porta del loro cuore, i superbi, i ricchi ed i potenti finiscano per condannarsi da sé a sprofondare in quell’eterno abisso di solitudine che è l’inferno” (Messaggio Quaresima 2016). Non si può vivere, dunque, senza questo grande insegnamento della passione del Figlio di Dio.