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La rete al servizio della missione ecclesiale   versione testuale

di Leticia Soberón Mainero


Il messaggio di Benedetto XVI per la recente Giornata mondiale delle comunicazioni sociali ha avuto un forte impatto. In esso il Papa si è rivolto soprattutto ai giovani - anche attraverso i nuovi strumenti:  Youtube, www.pope2you.net - per invitarli, come "nativi digitali" a creare nel ciberspazio una cultura di rispetto, di dialogo, d'amicizia. La visione fiduciosa e positiva del Papa interpella tutti i cattolici affinché entrino in questo nuovo territorio "virtuale" che accomuna persone reali, in carne e ossa, che stabiliscono vincoli in modo nuovo attraverso la tecnologia digitale.


Quasi nessuno nella Chiesa contesta l'evidenza della trasformazione culturale generata dall'accelerazione delle attuali tecnologie di comunicazione e l'onnipresenza dei messaggi mediatici. Sta aumentando la consapevolezza che i modi in cui le persone pensano, agiscono e conoscono la realtà sono molto diversi da quelli delle generazioni precedenti. Tutto ciò costituisce una sfida, poiché in ogni generazione i cristiani hanno trovato i linguaggi adeguati per stabilire un'autentica comunicazione con i loro contemporanei:  altrimenti non vi sarebbe vera evangelizzazione. E questa generazione non può essere l'eccezione. Già i padri conciliari anticiparono sagacemente il tema nel decreto Inter mirifica (1963). Alcuni anni dopo l'istruzione pastorale Communio et progressio (1971) offriva una riflessione che continua a essere attuale e che è ricca d'intuizioni.

Come frutto del Vaticano II e nel corso di questi ultimi decenni, la riflessione è andata avanti, sono nate le commissioni episcopali di comunicazione, si sono moltiplicate le facoltà di giornalismo nelle università cattoliche, le congregazioni religiose e le organizzazioni di laici che si dedicano in modo continuativo all'area comunicazionale dell'evangelizzazione. Sono innumerevoli i media utilizzati dalla Chiesa:  migliaia di riviste e giornali, innumerevoli emittenti radiofoniche e televisive - molte di esse mantenute con enormi difficoltà economiche e tecnologiche - e una galassia di siti web. In tal modo la Chiesa si sforza di far udire la propria voce in una società sempre più satura e stordita, ma assetata di senso e di verità.

Si è camminato molto, ma resta ancora un bel tratto da percorrere. Queste preziose risorse comunicative ecclesiali devono ancora affrontare due sfide:  l'interattività, in un mondo caratterizzato dall'interconnessione e dal lavoro in rete, e l'uso dei linguaggi propri di questi nuovi media, molto lontani dalla struttura logico-discorsiva e testuale. McLuhan, nell'esaminare la storia dei cambiamenti nella tecnologia della comunicazione, ha osservato che, dopo il mutamento in un ambito culturale, la mente umana resta legata per un lungo periodo all'ambito precedente, occupandosi delle idee e dei problemi del passato, in larga parte antiquati. Così si cerca di adattare le vecchie risposte alle nuove situazioni.

Milioni di gruppi sociali umani (famiglie, gruppi, associazioni, Chiese e comunità, ecc.) dispongono oggi di diversi dispositivi tecnologici per comunicare. È noto che qualsiasi tecnologia di comunicazione, prima di servire alla trasmissione di segnali e d'informazioni, è un fattore formale che plasma le relazioni sociali e la psiche umana. L'evoluzione di internet e della tecnologia digitale ha suscitato una nuova forma di comunicazione:  le reti. Nella rete ogni persona o istituzione agisce come un nodo connesso che riceve, processa e invia messaggi in diversi formati ad altri nodi attraverso i mezzi elettronici. E ciò può avvenire sia fra due nodi, sia fra vari nodi in comunicazione simultanea. La rete è molto più della somma dei suoi nodi; sono sempre di più le discipline che studiano scientificamente le reti per l'interesse che rivestono e per le loro potenzialità.

Per questo, quando si parla di reti, non si deve pensare solo alle ormai famose "reti sociali", come Facebook o MySpace, che sono tanto cresciute negli ultimi anni, ma anche all'infinito numero di scambi fra le persone che comunicano in modo istantaneo attraverso  i  computer  e la telefonia mobile. Numerosi autori, come Manuel Castells, Pierre Lévy, Derrik De Kerckhove - discepolo di McLuhan - o Nicholas Negroponte, hanno annunciato anni fa l'importanza che il "mezzo" rete avrebbe avuto per la società e per l'individuo. Al di là dei suoi contenuti, la rete crea una nuova forma di relazione fra le persone trasformando i modi in cui queste comunicano. Non si tratta solo di un "mezzo", inteso unicamente come canale di trasmissione uni o bi-direzionale. È uno stato nuovo di relazione sociale in cui tutti possono essere emittenti e riceventi. Si evidenzia l'importanza di qualsiasi mezzo di comunicazione sui processi di comprensione che l'individuo realizza. De Kerckhove ha dedicato a questo tema un'opera, Brainframes (1991), nella quale analizza in profondità l'influenza che, per esempio, il mezzo alfabetico di comunicazione ha esercitato sull'essere umano creando un ambito cerebrale di comprensione del mondo che coinvolge l'intera persona, e come il salto al mezzo elettronico abbia comportato una rivoluzione che non possiamo ignorare e che modula le categorie della nostra percezione, il modo in cui comprendiamo il mondo e in un certo senso la struttura dei nostri pensieri e della nostra cultura.

Le reti hanno dato luogo a quello che De Kerckhove ha chiamato "intelligenza connettiva":  molte persone che riflettono sulla stessa problematica, impegnandosi insieme per trovare la soluzione a situazioni specifiche in un "presente prolungato" suscitano trasformazioni profonde nel mondo del nostro tempo, dentro e fuori gli ambiti scientifici. Ovviamente le potenzialità di questo cambiamento non vengono sempre sfruttate a fin di bene, ma tale rischio ha accompagnato l'homo faber da quando ha iniziato il suo cammino nel mondo.

Uffici ecclesiali di ogni sorta stanno sviluppando sempre più il loro lavoro con l'ausilio della rete. Anche i media si stanno sempre più integrando tra di loro. Pensiamo alle numerose reti di radio e televisioni, di giornalisti o di siti web cattolici. Il lavoro congiunto di Caritas e di altre reti al servizio dei poveri nel mondo viene potenziato da questi mezzi. Vediamo integrarsi le agenzie di stampa cattoliche e i servizi audiovisivi in rete, come quelli offerti da Ctv, Signis, Crtn, H2Onews, ecc. Nella struttura ecclesiale esiste poi un'iniziativa pioniera:  la Rete Informatica della Chiesa in America Latina (Riial), nata nel 1987, nella quale ogni nodo partecipa alla rete secondo la propria identità ecclesiale, seguendo la struttura della Chiesa. In tutti questi casi e negli innumerevoli altri casi esistenti, la relazione interpersonale diretta - assolutamente insostituibile - viene arricchita e ampliata dal "mezzo rete", che si adatta in modo molto particolare alla natura della Chiesa in quanto questa è spazio e germe di comunione. L'intelligenza connettiva è espressione di qualcosa di più vasto e di più profondo della mera capacità razionale-relazionale dell'essere umano. Quest'ultimo è libero, intelligente e capace di amare, e tutto ciò lo è per la sua somiglianza con il Creatore. E non dimentichiamo che, come ha detto Giovanni Paolo II, "l'uomo diventa immagine di Dio non tanto nel momento della solitudine quanto nel momento della comunione" (Udienza generale, 14 novembre 1979). Siamo stati creati per vivere in comunione con Dio e con gli altri.

Così, le comunità ecclesiali in rete non vivono solo il fatto naturale, sociale e tecnologico - di per sé importante e fondamentale - di condividere risorse, servizi, successi e risultati. La Chiesa, a differenza di altre istituzioni che operano in rete, è di per sé un mistero di comunione, poiché è in rapporto continuo con Dio uno e trino. Questo Dio ha rivelato se stesso in Cristo come comunione, e in Lui ha voluto condividere con l'essere umano la sua vita. Ciò si realizza in modo eminente nella comunità dei credenti, in tutte le generazioni umane, a partire dalla Pentecoste.

Stiamo usando qui il termine comunione ecclesiale come lo spiegava l'allora cardinale Joseph Ratzinger (cfr La comunione nella Chiesa, Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, 2004, pagine 192, euro 13) affermando che, sebbene la parola communio non abbia una posizione centrale nel concilio Vaticano ii, se intesa correttamente, può servire come sintesi degli elementi essenziali dell'ecclesiologia conciliare. Il concetto cristiano di communio è pienamente espresso nel famoso passaggio della Prima Lettera di Giovanni come criterio di riferimento per la corretta comprensione cristiana della Chiesa, della sua missione e della comunicazione:  "Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena" (1, 3). Qui - continua il cardinale Ratzinger - è messo in primo piano il punto di partenza della communio:  l'incontro con il Figlio di Dio, Gesù Cristo, che mediante l'annuncio della Chiesa si rende presente agli uomini. Nasce così la comunione fra le persone, che a sua volta si fonda sulla comunione con Dio uno e trino.

È ovvio che non bisogna esaltare smisuratamente le possibilità di questi nuovi mezzi, né di nessun altro in sé, e neppure cadere in una sorta di determinismo tecnologico. Si tratta piuttosto di scoprire in questo nuovo spazio sociale generato dalle reti alcune note particolarmente in sintonia con la natura più intima della Chiesa.

Animare e dare maggiore importanza al lavoro ecclesiale in rete può evitare forme di doppiezza, potenziando l'efficacia di tutti, la collaborazione, la reciproca conoscenza e il servizio. È una chiamata alla generosità di ognuno affinché condivida quello che scopre, conosce e ha ottenuto. La carità che è alla base di questa comunione genera uno sforzo d'inclusione digitale verso quelli che non hanno accesso a questo spazio di dialogo. Le reti ecclesiali sono, anche in questo modo, fermento nella massa.

Nel caso specifico della Riial - l'XI riunione continentale si terrà a Bogotá, dal 3 al 5 giugno, nella sede della Conferenza episcopale della Colombia - fin dall'inizio essa ha creato una "mensa comune", al servizio della comunione e della missione ecclesiale, in particolare includendo le comunità più bisognose e prive di mezzi. Inoltre offre un supporto digitale all'integrazione del lavoro episcopale, diocesano e parrocchiale attraverso queste tecnologie. Desidera altresì essere un cammino di dialogo con questa società-rete che, come tutte le culture umane, ha anche in sé i "semi del Verbo" (cfr. Costituzione pastorale Gaudium et spes, n. 11) che dobbiamo imparare a scoprire per potenziarli e per proclamare, con un linguaggio adatto ai nostri contemporanei, il tesoro permanente della Buona Novella.

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