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 News - Archivio - 2015 - Dicembre - Don Maffeis
al Copercom:
un Ufficio di servizio 
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Don Maffeis
al Copercom:
un Ufficio di servizio   versione testuale

“Papa Francesco ci ha abituato fin dall’inizio a segni di un forte impatto comunicativo, fin dalla scelta di Santa Marta. Questo tipo di comunicazione si inserisce nel magistero di Papa Benedetto”. Così don Ivan Maffeis, direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali della Cei, nel suo intervento, questa mattina a Roma, al Comitato dei presidenti e delegati Copercom (Coordinamento delle associazioni per la comunicazione che riunisce 29 sigle nazionali). Secondo don Maffeis “la stagione che stiamo vivendo è frutto del trauma delle dimissioni di Papa Benedetto XVI”. Per introdurre le sue parole don Maffeis ha voluto far vedere il video in cui Papa Francesco nell’Angelus di domenica 8 novembre parla del “triste fatto” del furto di documenti in Vaticano e del “lavoro di riforma che stiamo portando avanti con i miei collaboratori e con il sostegno di tutta la Chiesa”. Ripercorrendo quanto successo negli ultimi 5 anni e i temi allora all’ordine del giorno e sulle pagine dei giornali, don Maffeis ha affermato che “il Papa per certi versi ha già vinto”. “Quale sarà la ricaduta finale di questa riforma?”, si è chiesto. “Una domanda ancora più giustificata dopo il viaggio in Africa”. Allo stesso tempo, ha aggiunto, “viene da chiedersi se non ci sia in atto un tentativo di separare il Papa dalla Chiesa”.
 “Quelli di Papa Francesco – ha proseguito - sono gesti che chiedono una risposta, a cui ci ha abituato fin dalla richiesta della benedizione del popolo quando si presentò al mondo dalla loggia dopo la sua elezione”. Secondo don Maffeis, “Papa Francesco accorcia tutte le distanze, proprio come la comunicazione odierna. È un Papa che aiuta a fare i titoli e che potremmo raccontare con l’essenzialità di Twitter”. Parlando de “Le priorità dell’Ufficio comunicazioni sociali della Cei ai tempi di Francesco”, don Maffeis ha affermato che a volte “pesa la fatica a decifrare quello che il Papa è e fa”. Quello di Francesco è un papato che ci “scuote e provoca, è una mazzata”. “Il Papa – ha aggiunto – parla spesso di periferie, che addita come orizzonti della missione della Chiesa. Non si tratta di un termine di moda, come a volte lo intendiamo noi. È una provocazione non tanto a fare proselitismo ma a costruire cammini di prossimità”. Allo stesso tempo “con questo Papa noi stessi come Italia siamo diventati più periferici”. Ogni giorno, secondo don Maffeis, Papa Francesco “ci sta insegnando trasparenza e credibilità, che gli viene riconosciuta da tutti”.
 “La nostra comunicazione non può essere diversa da quella di Papa Francesco. Per questo – ha aggiunto ancora don Ivan – avvertiamo l’esigenza di studiare, di approfondire”. “Una urgenza che, girando per l’Italia, ho percepito è quella della formazione”. Don Maffeis ha parlato della “tanta passione trovata in tutta Italia, ma molto è ancora affidato al volontariato”. “È cresciuta senz’altro la professionalità”, ha aggiunto, sottolineando come “redazioni e uffici comunicazione costituiscano un patrimonio che nessuno ha. Sono punto di riferimento che sa offrire riflessioni e chiavi di lettura”. Don Maffeis non ha nascosto lo “scenario drammatico dei settimanali diocesani, che hanno visto scemare negli ultimi anni i loro lettori”. “Il giornale serve se fa opinione, e per fare opinione deve circolare”, ha evidenziato, sottolineando come “senza individuare prospettive di rilancio è difficile difenderne la sopravvivenza”. Discorsi analoghi riguardano “l’emittenza radiofonica, con un patrimonio di professionisti e di frequenze, l’editoria cattolica, la stampa missionaria”. “Nulla sarà più come prima”, ha affermato don Maffeis, per il quale “siamo chiamati ad accompagnare la trasformazione aiutando la formazione di competenze e conoscenze”.

Guarda l'intervista a don Ivan