Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo - Introduzione al Triduo pasquale 

Introduzione al Triduo pasquale   versione testuale


Queste realtà hanno inizio in tutti i figli della Chiesa con il mistero della rigenerazione, nel quale l’annientamento del peccato è vita per colui che rinasce, e la tripla immersione imita i tre giorni della morte del Signore, di modo che, rotto per così dire l’argine della sepoltura, l’onda del Battesimo dà alla luce rinnovati coloro che il seno del fonte ha ricevuto vecchi.
 (Leone Magno, Sermone sulla passione del Signore, 19,4.3)
 
Ogni azione liturgica della Chiesa si costituisce come un’interruzione del tempo e del quotidiano per far sì che un tempo nuovo, liberato, e un’azione nuova e piena di grazia, possano trasfigurare tutta l’esistenza. A maggior ragione ciò si dà nella grande settimana pasquale dove una peculiare rifigurazione del tempo attraverso delicate soglie spazio-temporali permette alla comunità radunata di fare esperienza del mistero pasquale o, meglio, di sperimentare con Cristo il morire per risorgere con lui. È ricorrente nel pensiero di Leone Magno l’idea della partecipazione al mistero di Cristo dove i credenti muoiono con lui, con lui sono sepolti e con lui risorgono a vita nuova. In questa linea è del tutto fuori luogo pensare alla celebrazione liturgica, in particolare del Triduo pasquale, in termini di mera rappresentazione, per quanto i riferimenti “mimetici” non manchino (si pensi alla corrispondenza tra l’orario delle celebrazioni e la cronologia degli eventi), o come rassegna di esortazioni morali.
Ciò che Leone sostiene per i battezzandi è valido per tutti i cristiani. Come quelli sono immersi tre volte nelle acque del Battesimo a imitazione dei tre giorni della morte di Cristo, così questi prendono parte allo stesso tempo di grazia, non semplicemente assistendo alla scena che rappresenta gli eventi, ma compiendo azioni peculiari, oltre la quotidianità, che sospendono la vetustà del tempo storico, dei suoi condizionamenti e dei suoi ricatti e fanno gustare la realtà attesa dell’amore di Dio che salva.
Nei giorni della Pasqua sembra condensarsi la tensione partecipativa della Chiesa che si respira sempre quando essa celebra i santi misteri. Si tratta di cogliere lo stare della Chiesa nel mistero pasquale attraverso la liturgia come una vera e propria “immersione”, uno stare dentro, un vivere dall’interno delle azioni l’appartenenza a Cristo che con tutto se stesso ci ha salvati. Ed è emblematico che la novità cristiana sia detta in prima battuta da un immersione corporea nelle acque e da un’assimilazione altrettanto corporea della vita stessa del Signore nel convito eucaristico.
Davvero la Chiesa è in tensione in questi giorni. Come in una sorta di permanente stato di con-vocazione, essa si sente pro-vocata, sempre memore e sempre in attesa di ciò che deve ancora accadere. Nulla risulta secondario: né la partecipazione corporea, né l’adesione spirituale.  Esattamente come ammoniva nel V secolo Leone Magno: «Noi ci dobbiamo sforzare, o carissimi, con grande applicazione dell’animo e del corpo, di aderire in modo definitivo a questo sacramento; e se è un gravissimo danno trascurare la festa di Pasqua, sarebbe ancora più pericoloso unirsi alle assemblee della Chiesa, ma non partecipare alla passione del Signore. Poiché il Signore dice: “Chi non prende la sua croce e non mi segue non è degno di me!” e l’Apostolo: “Se con lui soffriamo, con lui anche regneremo”, chi venera realmente Cristo sofferente, morto e risorto se non chi con lui soffre, muore e risorge?» (ivi 4,1).
Tutto l’uomo è coinvolto nella celebrazione pasquale, senza alcuna separazione o schizofrenia, in modo che il celebrare conduca a spartire con Cristo la stessa sorte.