Introduzione   versione testuale

di Don Franco Magnani

Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono  (1Ts 5,21)
Chiunque segue Cristo, uomo perfetto, diventa anche lui più uomo

 

Ispirazione biblica «Spirito, anima e corpo, si conservino irreprensibili per la venuta del Signore». 
                                 1Ts 5,16-24: Seconda lettura della terza domenica di Avvento B
 
L’esortazione della prima lettera ai Tessalonicesi colpisce per la sua fondamentale positività e tendenza all’ottimismo. Contro ogni tentazione di catastrofismo escatologico, l’apostolo invita ad attendere il Signore nella gioia e nell’operosità. Il testo appare estremamente profetico e attuale: anche a noi, che conosciamo la tentazione del pessimismo e della depressione spirituale, Paolo rivolge l’invito alla gioia. C’è solo una condizione essenziale per viverla e gustarla: un atteggiamento di preghiera incessante, in continuo ascolto della voce dello Spirito, senza paura delle sue novità: “non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie”.
L’apostolo invita a non diffidare dei doni che lo Spirito suscita, anche se occorre essere saggi, riconoscendo che la sua azione può essere confusa con seduzioni ingannevoli. L’atteggiamento di fondo resta però positivo e aperto. Da qui l’invito potente: “vagliate ogni cosa, tenete ciò che è buono”.
I credenti sono guidati dal criterio del bene: non li domina una diffidenza preventiva, ma una fondamentale tensione all’accoglienza. Non cadono vittime di un flusso caotico di fattori irrazionali, ma usano la loro ragionevolezza, che pure è dono di Dio e luogo di riconoscimento dello Spirito. Lo stesso Spirito di Cristo, dono del Risorto, permette di valutare, giudicare, accogliere il bene, astenendosi quindi “da ogni specie di male”.
 
«Fratelli, siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi.
Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male.
Il Dio della pace vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è colui che vi chiama: egli farà tutto questo!» 1Ts 5,16-24.
 
Il brano delinea dunque una antropologia: un modo autentico, buono e bello di essere uomini, donne, comunità. I credenti sono chiamati a questo innanzitutto per la grazia ricevuta dal Risorto; se vivono in questo modo, ogni uomo o donna, anche non cristiano o non credente, ne sarà edificato e incoraggiato.

Ispirazione ecclesiale
Il sottotitolo «Chiunque segue Cristo, uomo perfetto, diventa anche lui più uomo»  è tratto dalla Costituzione Conciliare Gaudium et spes (41) ed è citato nell’Invito al convegno ecclesiale di Firenze.
L’idea di fondo che viene espressa è perfettamente confacente al tempo liturgico di Avvento e Natale: il mistero di Cristo, Verbo incarnato, fine delle attese di tutto il mondo, rivela la pienezza dell’umanità. Il percorso pastorale della Chiesa che è in Italia è in sintonia con l’atteggiamento positivo richiesto dalla Parola divina, teso com’è a trovare la via di un “nuovo umanesimo”, la possibilità di costruire un’umanità piena e aperta a Dio.
 
Leggiamo negli Orientamenti Pastorali dell’episcopato italiano per questo decennio:
 
Tra i compiti affidati dal Maestro alla Chiesa c’è la cura del bene delle persone, nella prospettiva di un umanesimo integrale e trascendente. Ciò comporta la specifica responsabilità di educare al gusto dell’autentica bellezza della vita, sia nell’orizzonte proprio della fede, che matura nel dono pasquale della vita nuova, sia come prospettiva pedagogica e culturale, aperta alle donne e agli uomini di qualsiasi religione e cultura, ai non credenti, agli agnostici e a quanti cercano Dio.
Chi educa è sollecito verso una persona concreta, se ne fa carico con amore e premura costante, perché sboccino, nella libertà, tutte le sue potenzialità. Educare comporta la preoccupazione che siano formate in ciascuno l’intelligenza, la volontà e la capacità di amare, perché ogni individuo abbia il coraggio di decisioni definitive.
(Educare alla vita buona del Vangelo, Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020, n. 5).
 
E ancora, nell’invito al Convegno ecclesiale di Firenze:
 
«Chiunque segue Cristo, uomo perfetto, diventa anche lui più uomo», (Gaudium et spes, 41).
«Il Vangelo, paradossalmente scandaloso per chi non attinge alla sapienza di Dio, annuncia una nuova visione dell’uomo. Nella croce Dio si mostra non più lontano rispetto alla sofferenza umana, la quale assume così un significato nuovo che consente di vincerne l’aspetto disumanizzante. (…)
La modernità – con i suoi proclami sulla morte di Dio, le sue antropologie pervase da volontà di potenza, le sue conquiste e le sue sfide – ci consegna un mondo provato da un individualismo che produce solitudine e abbandono, nuove povertà e disuguaglianze, uno sfruttamento cieco del creato che mette a repentaglio i suoi equilibri.
È tempo di affrontare tale crisi antropologica con la proposta di un umanesimo profondamente radicato nell’orizzonte di una visione cristiana dell’uomo – della sua origine creaturale e della sua destinazione finale – ricavata dal messaggio biblico e dalla tradizione ecclesiale, e per questo capace di dialogare col mondo. Tale relazione non può prescindere dai linguaggi dell’oggi, compreso quello della tecnica e della comunicazione sociale, ma li integra con quelli dell’arte, della bellezza e della liturgia».
Da “Verso Firenze 2015 - Invito al Convegno

Don Franco Magnani
Direttore Ufficio Liturgico Nazionale CEI