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Chiesa in Rete: 70% "connesso"La Stampa - 20 gennaio 2009Inchiesta sulla Chiesa italiana e il web compiuta dall'Università di Perugia.
Il 16% delle 26 mila parrocchie italiane ha un proprio sito, e 7 parrocchie su 10 hanno una connessione ad Internet. E’ quanto emerge da un’indagine sulle parrocchie italiane su Internet, condotta da Paolo Mancini, docente di Sociologia della comunicazione dell’Università di Perugia e da Rita Marchetti, dottoranda dello stesso ateneo, e commissionata dall’Associazione Webcattolici (www.wwebcattolici.it). L’indagine, ha spiegato don Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio nazionale della Cei per le comunicazioni sociali, intervenendo oggi al Convegno “Chiesa in rete” – promosso dall’Ucs e dal Servizio Informatico della Cei - è una dimostrazione dell’”approccio positivo e creativo” che la Chiesa ha nei confronti di Internet, oltre che una riprova del “valore del territorio, che è sempre stata la categoria con cui la Chiesa ha identificato se stessa, e che oggi oltre alla accezione geografica assume una sembianza diversa: quella del ‘territorio virtuale’, che esprime sempre quella prossimità di cui la Chiesa sente di non poter fare a meno, nel suo rapporto con la gente”. La ricerca di Perugia è un’indagine campionaria rappresentativa che ha coinvolto 1.338 parrocchie italiane: quasi l’86% di esse possiede un computer e nel 70%b dei casi esiste una connessione ad Internet; circa il 62% delle comunità parrocchiali ha un indirizzo di posta elettronica.Tutto ciò, ha spiegato Mancini, nonostante l’età piuttosto elevata dei parroci, che nel 44.9% dei casi ha oltre 60 anni: “più del 50% dei parroci utilizza almeno una volta al giorno il computer”. Quanto alla dislocazione geografica dei siti parrocchiali, stando ai dati della ricerca presentata oggi al Convegno Cei - la cui prima parte riguarda un campione di dati raccolti tra marzo e aprile del 2007 - non esistono sproporzioni tra i dati del Nord, del Centro e del Sud: anzi, se rapportati al numero delle parrocchie, in proporzione al Sud ci sono più siti di quanto non accada al Nord. A parere dell’esperto, “la Chiesa rispetto ad Internet è in una posizione avanzata, sia per una opzione di maturità, sia per la consapevolezza di trovarsi di fronte ad uno strumento di comunicazione diverso dagli altri media”. Internet, infatti, “non è solo uno strumento di comunicazione, ma anche di organizzazione, che contrariamente ai precedenti media – rispetto ai quali spesso la Chiesa e gli stessi media si sono trovati su versanti contrastanti – consente un’azione di evangelizzazione”. Due le tipologie principali dei siti Internet parrocchiali, rivela la ricerca di Perugia: il “sito informativo”, di carattere “turistico-identitario”, destinato “non ai fedeli ma ai visitatori”, dove dominano informazioni su bellezze e ricchezze artistiche e architettoniche della parrocchia, e il “sito comunitario”, finalizzato a “costruire una comunità”. “Il mio blog si chiama sagrato: non posso costringerti ad entrare in chiesa. Se poi vogliamo entrare, ci organizziamo…”. E’ una frase di un parroco contenuta in una dei siti parrocchiali che popolano la “rete”. A riportarla è la seconda parte della ricerca “le parrocchie italiane su Internet”, presentata nel corso del Convegno Cei “Chiesa in rete”, che si conclude oggi a Roma. Come utilizzano i parroci Internet? Questa la domanda che ha fatto da sfondo alle “interviste approfondite” dall’indagine, le quali dimostrano che “Internet permette di superare il limite geografico delle comunità parrocchiali”, come ha riferito Rita Marchetti, dottoranda del Dipartimento Istituzioni e Società dell’Università di Perugia. Il sito parrocchiale, ha spiegato infatti la relatrice, “anzitutto si rivolge ai vicini: non solo ai parrocchiali, ma anche i vicini ’culturali’, con cui c’è già una comunità di fede”. Può essere un “nuovo strumento per raggiungere vecchi scopi”, ad esempio offrendo la possibilità di leggere on line “l’ultima omelia del parroco”, ma anche “per raggiungere i vicini non geografici, come gli immigrati, cui si rivolgono “soprattutto i siti del Sud” o “i giovani che si allontanano dalla propria parrocchia per motivi di studio”. Ci sono poi i parroci che utilizzano Internet “come supporto all’incontro personale, facendo in modo che gli incontri on line non finiscano lì’”, e quelli che si servono della rete “come opportunità per iniziare nuove relazioni pastorali, o per consolidare i rapporti già esistenti nella vita off-line”. | ||||||
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