Che rapporto c’è tra comunicazione e misericordia? Attorno a questo interrogativo ruota il Messaggio pontificio per la giornata mondiale delle comunicazioni sociali, giunta in quest’anno giubilare alla cinquantesima edizione. Secondo papa Francesco il legame è nativo perché «l’amore, per sua natura, è comunicazione, conduce ad aprirsi e non a isolarsi»: quindi la famiglia, la società, la politica, la rete di internet devono diventare spazi di misericordia. Questo non significa chiudere gli occhi sui problemi: «noi possiamo e dobbiamo giudicare situazioni di peccato […] ma non possiamo giudicare le persone, perché solo Dio può leggere in profondità nel loro cuore». Ecco il punto: chiamare il male per nome non equivale per forza a stroncare senza appello l’altro; tanto più che, se siamo onesti, quando a sbagliare siamo noi invochiamo subito clemenza magari sino all’umiliazione, come nel caso di una semplice multa stradale.
Si tratta di «pensare alla società umana non come ad uno spazio in cui degli estranei competono e cercano di prevalere, ma piuttosto come una casa o una famiglia dove la porta è sempre aperta e si cerca di accogliersi a vicenda». Torna anche in questa giornata l’appello chiaro dell’enciclicaLaudato si’: il mondo delle cose, delle piante e degli animali è anche il mondo delle persone, «la nostra casa comune», che «è anche come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia» (n° 1).
Come mai tali splendide prospettive faticano a imporsi? Il problema è che spesso nei nostri rapporti mancano sia la consapevolezza di questo comune destino sia quella speciale forma d’accoglienza – delicata fino a poter essere definita «una sorta di martirio» – che è l’ascolto. Recenti studi stanno verificando quanti incidenti automobilistici e pedonali siano causati dall’uso sconsiderato dei cellulari; sembrano sortire effetti addirittura più pericolosi della guida in stato di ebbrezza. E che dire di coloro (persino non più ragazzi da tempo) con gli occhi perennemente incollati sullo schermo, anche nelle serate tra amici o nelle riunioni di lavoro? Siamo al paradosso di un parlare senza ascoltare. Scrive il Santo Padre: «Le reti sociali sono capaci di favorire le relazioni e di promuovere il bene della società ma possono anche condurre ad un’ulteriore polarizzazione e divisione tra le persone e i gruppi». Non dobbiamo permettere che i display e i monitor divengano una barriera tra noi e gli altri.
Recepire nell’Anno Santo Straordinario il dono e il messaggio della misericordia nell’ambito dei media significa far diventare il nostro linguaggio, sia ecclesiale sia professionale sia quotidiano, veicolo di misericordia. Ci vorrebbe una nuova app per trasformare le parole di odio in voci di misericordia!
L’Ascensione del Signore, che si celebra in questa domenica, aiuti sia i professionisti del mondo delle comunicazioni sociali sia tutti noi che ci avvaliamo dei mezzi tecnologici di dialogo a distanza a ricordarci che il Giubileo impegna a guardare il cielo per portarne quaggiù un pezzettino con parole e gesti di misericordia.
don Fabrizio Casazza
*direttore Ufficio per le comunicazioni sociali di Alessandria