AstiMisericordia e giornalismo
Da "La Gazzetta di Asti" del 29 gennaio 2016
San Francesco di Sales è il patrono dei giornalisti e degli scrittori. Da quando monsignor Francesco Ravinale è diventato vescovo di Asti, ha istituito per la ricorrenza del 22 gennaio un incontro con il mondo della carta stampata, radiofonica e televisiva. A organizzare l’evento è l’ufficio Comunicazione Sociali della Diocesi diretto da Adriana Marchia. Altra caratteristica di queste assemblee è l’invito a un illustre rappresentante del mondo del giornalismo: l’invitato di quest’anno è stato Lucio Brunelli, direttore di Tv2000, già vaticanista del Tg2, giornalista professionista dal 1985 dopo una laurea in Scienze Politiche all’università La Sapienza con una tesi sulla formazione religiosa e culturale di Giorgio La Pira. Scusandosi per il leggero ritardo dovuto “a una porta del treno che non si apriva e che mi ha costretto ad andare sino a Torino e a tornare indietro”, ha soffermato il suo intervento sul tema della “misericordia”, assai caro a papa Francesco di cui ha raccontato un aneddoto personale: “Nel 2005 rivelai sulla rivista Limes i retroscena del conclave che elesse Benedetto XVI, basandomi sul diario di uno dei cardinali, e scrissi che nella prima tornata Bergoglio era stato tra i più votati. Seppi poi che non aveva gradito quella rivelazione. In un successivo incontro mi chiese che voleva parlarmi in privato. Io temevo un qualche rimprovero e invece mi disse “prega per me”. Da quel momento è nato tra noi un rapporto di confidenza”. Ad avvalorare questa sintonia è stata mandata in onda l’intervista rilasciata dal papa a Brunelli all’indomani degli attentati di Parigi per il telegiornale di Tv2000.
(Enzo Armando)
Lo stupore del giornalista: intervista a Lucio Brunelli
Lucio Brunelli, direttore delle testate giornalistiche delle emittenti Cei TV2000 e Radio InBlu, è stato per vent’anni vaticanista del TG2, e venerdì 22 gennaio, in occasione della festa di san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, è stato invitato in Vescovado per l’incontro coi giornalisti astigiani. Con il suo intervento, ha parlato di giornalismo, chiaramente, ma soprattutto di misericordia (un termine forse da riscoprire) in linea col tema dell’Anno santo istituito da Bergoglio; un papa che, tra l’altro, Brunelli conosce personalmente già da più di dieci anni.
Cosa significa, per lei, fare il giornalista?
“Personalmente, la mia passione nel raccontare la realtà nasce dalla curiosità, dal desiderio di stupirmi. Un Padre della Chiesa, san Gregorio di Nissa, diceva che i concetti creano gli idoli - ovvero le ideologie - mentre solo lo stupore permette di conoscere. È questo stupore, secondo me, il requisito fondamentale del giornalista, lo stupore che permette di conoscere, e quindi raccontare. E poi, da vaticanista, ho avuto la fortuna di viaggiare con i papi, da Wojtyla a Ratzinger, a papa Francesco; credo di aver fatto un centinaio di voli papali”.
E durante questi viaggi, in aereo, veniva fuori il lato più umano dei papi?
“Sì, soprattutto quello di papa Ratzinger. Lui ha pagato molto l’immagine di un papa gelido, freddo, chiuso. Eppure quando si ha la possibilità di un contatto, anche breve, ma a tu per tu, dà tutt’altra impressione; restituisce, al contrario, l’immagine di una persona molto mite, molto attenta mentre ti guarda negli occhi e ti ascolta. Questi viaggi, personalmente, sono stati molto importanti per conoscere da vicino personaggi, appunto, come Benedetto XVI, andando al di là delle apparenze e mosso da quella curiosità di cui parlavamo, quella che ti porta a conoscere fatti, e persone, nella loro completezza; senza limitarsi alla loro immagine stereotipata”.
E di Wojtyla, che ricordi ha?
“Wojtyla l’ho conosciuto negli ultimi anni, quando era già molto malato. Un’immagine mi ha colpito particolarmente. Ricordo quando è andato in Terra Santa, quando ha pregato nel Giardino degli Ulivi, nell’Orto del Getsemani; mi è rimasta impressa la sua figura, tutta rannicchiata, fisicamente e spiritualmente, quasi si stesse identificando col mistero della sofferenza di Gesù”.
Passando a papa Francesco, quando è stato eletto si è presentato ai fedeli innanzitutto come vescovo di Roma. Secondo lei è un gesto da leggere in chiave ecumenica?
“Partendo dal presupposto, ovviamente, che ogni papa è tale in quanto vescovo di Roma, effettivamente ha sottolineato molto questo aspetto che si era un po’ perso a scapito della dimensione del Pontefice della Chiesa universale. Ed è chiaro che riscoprire la dimensione del papa come vescovo di Roma, prima che governatore della Chiesa universale, favorisca l’ecumenismo e il dialogo, specialmente con la Chiesa ortodossa. Però direi che, sottolineando la sua dimensione “romana”, prima ancora delle implicazioni ecumeniche è la natura stessa del papato che viene riscoperta. Nel primo millennio cristiano il vescovo di Roma non nominava tutti i vescovi del mondo, non esisteva nemmeno una Curia come la intendiamo oggi, come è subentrata nel secondo millennio. Dunque, sotto quest’aspetto, porre l’accento sul vescovado di Roma va letto anche come un tentativo di riformare la Curia”.
Un’ultima domanda. Lei conosce personalmente papa Francesco. Ha mai notato in lui qualcosa che tradisca le sue origini astigiane?
“Io l’ho conosciuto nel 2005. Mi ha sempre colpito il fatto che, durante i suoi viaggi in Italia, non fosse mai stato ad Assisi, non fosse mai stato a Venezia, o in qualche località rinomata; ma che l’unico posto, oltre a Roma, a cui teneva era appunto il Piemonte, per rivedere i suoi luoghi, i suoi parenti. Non è un gran viaggiatore, però mi ha sempre colpito come abbia sempre conservato questo legame con le proprie radici; e questo legame si spiega anche tenendo a mente il ruolo che per lui ebbe la nonna paterna, la famosa “nonna Rosa”, che visse anche ad Asti, la persona forse più importante per la sua vocazione, per la sua fede”.
(Francesco Carriero)