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La fede in Internet   versione testuale

Jesus - 1 gennaio 2009

Chiesa italiana e prospettive della comunità (virtuale)

di Giorgio Banaudi
internauta
 
Anno dopo anno aggiungiamo parole a queste righe, nella consapevolezza che certi panorami cambiano poco alla volta, in modo quasi impercettibile. Eppure, quando si parla di internet e dintorni, si ha ancora l’impressione che le novità siano all’ordine del giorno, i trend di crescita siano frizzanti e i contorni sempre nuovi e frastagliati. Niente paura, siamo ancora in piena adolescenza e siamo ancora tutti un po’ neofiti. Ma in buona compagnia: Cristoforo Colombo è morto senza capire di essere approdato nel nuovo mondo e la vertiginosa altezza dell’Everest non è stata calcolata da alpinisti provetti, ma da noiosi cartografi in un ufficio di Londra. Abbiamo spazio per crescere e conoscere, ma soprattutto per cambiare e acquisire nuove modalità di comunicare.
I nuovi confini della comunicazione sono più facili da varcare che da definire: è più semplice raccogliere collezioni di siti che stabilire regole e categorie. Il difficile di chi naviga in Rete è sempre quello di chi deve dribblare rischi e insulsaggini; ma non è seminando cartelli di pericolo che si rende la Rete migliore. Meglio disseminare contenuti validi e buone pratiche. E soprattutto formare persone nuove, con nuove competenze. È anche per questo che dal 19 al 20 gennaio, si tiene a Roma un convegno dal titolo ormai alla portata del grande pubblico: "Chiesa in rete 2.0" (www.chiesacattolica.it/chiesainrete).
Ovviamente, non è la sintesi di una partita di calcio. Quel 2 punto zero è ormai sinonimo di Rete collaborativa, sociale, sviluppata con il contributo di tanti, aperta al confronto e allo scambio reciproco. Il che è ancora un’utopia, perché la tentazione di barattare il web con un grande fratello è sempre in agguato. Pubblicità e notizie strillate sprizzano da ogni finestra, i browser faticano a bloccare tutti questi pop-up ammiccanti. Il programma del convegno è denso, la Cei vi partecipa in modo autorevole, giornalisti e docenti universitari sono stati convocati per illustrare le possibilità che il social network offre alla Chiesa, per essere lievito di questa società migrata in massa sui monitor. Si deve riflettere sui molteplici significati del termine comunità. Per la Chiesa è qualcosa di vitale e fondante. Per essere presenti in Rete, dunque, non bastano più le locandine sul web o i siti immobili: video, suono, grafica, interattività, saper dialogare con la cultura corrente. Su questo versante si stanno orientando anche i siti delle grandi diocesi. Come il rinnovato sito della diocesi di Napoli, www.chiesadinapoli.it, che accomuna tutte le parrocchie. Ma non basta l’entusiasmo degli inizi. È multimediale, ben curato e "usabile", grande risalto ai blog, ma, se poi si va a vedere, tutti quelli indicati sono fermi all’inizio dell’estate scorsa. Persino quello del cardinale Sepe non va oltre il mese di luglio 2008. Forse è proprio il caso di unirsi alla sua colorita invocazione finale: «A Maronn c’accumpagn pure cu Intérnet!».
 

 
 
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