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Etica e internet   versione testuale

intervista al prof. Fabris

Etica e Internet, un binomio interessante da approfondire che sarà tra i temi che verranno toccati nel prossimo convegno “Chiesa in rete 2.0” promosso dall’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali e il Servizio informatico della CEI il 19 e 20 gennaio prossimo. Sul tema “Diocesi e web: presenza istituzionale ed etica della partecipazione” interverrà Adriano Fabris, docente di filosofia morale presso l’Università di Pisa, al quale abbiamo rivolto qualche domanda.

Professore, basta poco per comprendere che su Internet qualcosa è cambiato. Vedi alla voce Facebook e MySpace e scopri che c’è un mondo differente rispetto a quello di qualche anno fa. La Chiesa con i due documenti pontifici Chiesa e Internet e Etica in Internet ha dato alcuni orientamenti, così come il Direttorio sulle comunicazioni sociali. Nonostante ci sia sempre stata una netiquette più o meno rispettata dagli utenti, quali sono secondo lei gli aspetti etici che potrebbero essere osservati davanti a fenomeni come i social network e le applicazioni che favoriscono la partecipazione collaborativa?
Credo che, in relazione al Web 2.0, ciò che è davvero cambiato rispetto all'immediato di utilizzo passato della Rete è il fatto che oggi Internet è davvero pensato in funzione di una comunità. Non c'è più solamente l'idea dell'ipertesto, del testo di testi fra i quali si può navigare a proprio piacimento. Non c'è più solo l'idea del link, a cui si può arrivare cliccando con il mouse. C'è piuttosto l'idea che la rete è uno spazio di partecipazione. E, dunque, l'individuo in sé isolato non ha più valore se non è in relazione con altri. Più precisamente, grazie alla struttura della rete, io sono quello che sono solo per gli altri. Resta però da approfondire quali modalità di relazione partecipata questa situazione rende possibili. Resta da domandarsi - e questo è il compito dell'etica - a quali condizioni questa partecipazione diventa qualcosa di buono.

Nel rapporto tra la diocesi e il web, quale relazione può esserci tra la presenza istituzionale e un’etica della partecipazione?
C'è l'opportunità di cogliere le possibilità di partecipazione che la rete offre anche a livello di presenza istituzionale. Molte sono già le esperienze in corso da parte delle comunità, delle parrocchie, delle Diocesi. E non stupisce la vitalità e la fecondità di queste esperienze. Dal sito come vetrina e come occasione di contatto si è in molti casi già passati al sito o al portale come luogo di condivisione. Oppure si sono utilizzate le forme di socializzazione già presenti nel Web  - le communities istituite - come occasione per una presenza cristiana.
 
Quale modello potrebbe profilarsi in futuro per le diocesi in un ambiente come Internet dove il web 2.0 sta prendendo sempre più piede?
Credo che la Chiesa sia sempre stata particolarmente sensibile agli sviluppi delle nuove tecnologie comunicative, come è dimostrato dai documenti "Etica in internet" e "La Chiesa e Internet". Ora si apre certamente una fase nuova, da affrontare con il dovuto discernimento. Infatti la Rete è un fenomeno ambiguo: luogo di legami possibili e di opportunità; spazio che rischia di creare e mantenere disuguaglianze. Personalmente credo che il modello che potrebbe profilarsi per una presenza sempre più caratterizzata della Chiesa in Rete sia quello che tiene sempre ben distinti ambito del reale e dimensione virtuale: attingendo fecondamente a quest'ultima, ma evitando che essa sostituisca l'esperienza concreta in cui viviamo. Che per il cristiano, non dimentichiamolo, è esperienza del prossimo.
 
a cura di Vincenzo Grienti
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