1 marzo
II domenica di Quaresima   versione testuale

Colletta
O Padre, che ci chiami ad ascoltare il tuo amato Figlio, nutri la nostra fede con la tua parola e purifica gli occhi del nostro spirito perché possiamo godere la visione della tua gloria. Per il nostro Signore.
 
Liturgia della Parola
Gn 22,1-2.9a.10-13.15-18  Il sacrificio del nostro padre Abramo.
Sal 115 Camminerò alla presenza del Signore nella terra dei viventi.
Rm 8,31b-34 Dio non ha risparmiato il proprio Figlio.
Canto al Vangelo (Cf Mc 9,7) Dalla nube luminosa, si udì la voce del Padre: «Questi è il mio Figlio, l’amato: ascoltatelo!».
Mc 9,2-10 Questi è il Figlio mio, l'amato.
 
In breve
Abramo è figura della nuova umanità; generosa e fiduciosa, resa forte e coerente dalla sua relazione con Dio. Nonostante la sua disponibilità estrema, a lui non è richiesto l’effettivo sacrificio del figlio. La lettera ai Romani mostra la vera posta in gioco di quella salita al monte con il figlio Isacco: Gesù è effettivamente il Figlio che non è stato “risparmiato”, ma è stato donato per la salvezza. Anche nel vangelo vediamo una salita al monte, perché nel contesto di una manifestazione del Padre, si riveli  ai discepoli che egli è Figlio amato, pronto a donarsi per amore di tutta l’umanità: lui è l’uomo nuovo verso il quale camminiamo.
 
Il sacrificio di Abramo
L’episodio biblico del sacrificio di Abramo risulta, per la nostra mentalità moderna, sconcertante. Anche solo l’idea del sacrificio umano ci ripugna. Il racconto biblico però non mette in evidenza tanto la necessità del sacrificio, quanto piuttosto la fiducia e la generosità di Abramo. Egli riconosce che tutto gli viene da Dio, e anche nel momento della prova mantiene piena fiducia in lui. Ora, la generosità autentica è certamente una caratteristica peculiare dell’“uomo nuovo” che andiamo cercando: una capacità di dono illuminata da un retto discernimento della volontà divina. Nessun aspetto della vita di Abramo è sottratto all’Alleanza, alla relazione con Dio. Perciò, mentre sembra perdere tutto, Abramo guadagna la pienezza della promessa, per la sua discendenza.

Il rifiuto del sacrificio
Al contrario della generosità sta la pretesa di possesso: il prototipo è Adamo che carpisce il frutto proibito, il suo successore e Caino, che toglie di mezzo il fratello che pare superiore a lui (proprio mentre offre il suo sacrificio a Dio).
Chi rifiuta le dimensioni fondamentali del sacrificio (atteggiamento riconoscente a Dio, offerta e restituzione di ciò che è suo) alimenta una lunga catena di volenza e sopraffazione. Il paradosso è che proprio per la pretesa di tenere per sé, si finisce per distruggere e guastare. Così noi vediamo che nel nostro mondo occidentale globalizzato in molti casi la pretesa di uno sfruttamento indiscriminato e di un guadagno senza limiti ha portato alla distruzione di ingenti risorse e a limitare le possibilità di futuro per le giovani generazioni: si potrebbe ironicamente affermare che, senza volerlo, si siano “sacrificate” le prospettive dei giovani (i nostri figli!) sull’altare del guadagno a tutti i costi. Il sacrificio umano, che fa inorridire al solo pensarci, si attualizza quasi meccanicamente quando entità impersonali e paraventi di interessi inconfessabili prendono il sopravvento sulla libertà: “i mercati”, le “congiunture economiche”, le “esigenze strategiche degli equilibri geopolitici” finiscono per distruggere le speranze delle giovani generazioni, a volte anche la loro stessa vita (pensiamo a quanti giovani sono morti nei recenti conflitti, nelle migrazioni forzate, nelle secche dell’emarginazione e della droga…). Dio non vuole il sacrificio umano per motivi religiosi: tantomeno per motivi politici o economici…

La via di Gesù
Il percorso di Gesù verso la trasfigurazione, tappa intermedia, che annuncia la sua risurrezione, mostra la sua via di promozione della persona e dell’umanità. Si tratta innanzitutto di “salire al monte”: ovvero puntare in alto, avere il coraggio di ricercare i valori più grandi, che aprono alla relazione con Dio. In secondo luogo, Gesù sale al  monte con alcuni dei suoi discepoli: egli ha il coraggio di coltivare relazioni scelte, intime, profonde, senza riguardo al numero, invitando anche noi a fare altrettanto. Non è il grande numero che salva. Se si fa un’invasione o una rivoluzione è necessario essere in tanti; così pure se si vuol sfruttare commercialmente un prodotto, occorre accalappiare molti clienti. L’annuncio del Regno di Dio, che pure cresce e si diffonde in proporzioni enormi, parte come il granello di senape, dai pochi discepoli che Gesù si è scelto. Un ulteriore elemento è la presenza di Mosè ed Elia: rispettivamente, la Legge e i Profeti; rimando alla storia di salvezza che si è avviata con l’antico popolo di Israele. Neppure Gesù parte da zero; e così pure un nuovo umanesimo non sarà un tagliare le radici. La trasfigurazione è anticipazione della risurrezione, che si avrà solo passando attraverso la Passione. I discepoli non comprendono, comprenderanno solo quando tutto si sarà compiuto.

Figli amati
L’uomo vecchio è dunque colui che pretende di conquistare e trattenere tutto per sé; ma in ultima analisi, non farà altro che seminare distruzione e divisione; l’uomo nuovo è colui che si accetta come Figlio amato dal Padre; la sua identità può essere compresa e ricevuta solo a partire dall’esperienza del Figlio per eccellenza, Gesù, che donandosi e annientandosi con il massimo della generosità e della carità perviene alla gloria della risurrezione. Anche noi, come Gesù, potremo ritrovarci solo accettando, per così dire, di “perdere” la nostra vita; anche noi, come i discepoli, fatichiamo a comprendere.
 
Il percorso della Quaresima ha lo scopo appunto di darci il tempo di stare con Gesù, di camminare con lui, di stare con i fratelli e sorelle di fede che più da vicino condividono la forza del vangelo, per essere davvero consapevoli della nostra identità.