5 aprile
Pasqua di Risurrezione   versione testuale

O Padre, che in questo giorno, per mezzo del tuo unico Figlio, hai vinto la morte e ci hai aperto il passaggio alla vita eterna, concedi a noi, che celebriamo la Pasqua di risurrezione, di essere rinnovati nel tuo Spirito, per rinascere nella luce del Signore risorto. Egli è Dio...
 
Liturgia della Parola
Prima Lettura  At 10,34a.37-43 Noi abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti.
Salmo Responsoriale  Sal 117 Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci ed esultiamo.
Seconda Lettura   1Cor 5,6b-8 Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova.
Canto al Vangelo  Cf 1Cor 5,7b-8a Cristo, nostra Pasqua, è immolato: facciamo festa nel Signore.
Vangelo anno B  Mc 16,1-7 Gesù Nazareno, il crocifisso, è risorto.
 
In breve
Nella prima lettura gli apostoli annunciano la risurrezione, che assicura a tutti coloro che credono in Gesù il perdono dei peccati. Ma come si può parlare di perdono dei peccati nella nostra cultura? Come risvegliare una coscienza capace di accogliere la nuova sensibilità portata da Gesù? Ci può aiutare l’insistenza del papa sul tema della “globalizzazione dell’indifferenza” esposto nel messaggio della Quaresima: nel nostro mondo il peccato si presenta come “indifferenza” e “desensibilizzazione”, come un fenomeno globale che genera rassegnazione e senso di impotenza: ma Dio non è mai indifferente. La morte e risurrezione di Gesù mostrano la sua vicinanza a tutti, partendo dai più disagiati, e risvegliano la nostra sensibilità.
 
Un nuovo nome del peccato?
Parlando del male che c’è nel mondo, il Papa usa più volte l’espressione “globalizzazione dell’indifferenza”. Indifferenza è il nuovo nome del peccato? Certamente, da un punto di vista strettamente tecnico la cosa non regge. L’indifferenza non è ancora peccato, ma può portare ad esso: è come un humus favorevole, una situazione ambientale che a lungo andare genera un danno. Possiamo paragonarla alla desertificazione: dove un tempo c’erano prati e foreste e fiumi, a un certo punto c’è solo sabbia, roccia, aridità. Possiamo paragonarla anche ad una malattia degenerativa. Prima c’è una persona, capace di camminare, di sentire, di vivere con tutto il suo corpo; poi progressivamente si riduce la sensibilità, si perde l’uso delle mani, dei piedi, si è capaci di vedere ma non più di intervenire, di muoversi... questo, secondo il Papa, sta accadendo alla nostra società globalizzata.
 
Il lievito vecchio
Possiamo paragonare la forza devastante dell’indifferenza al “lievito vecchio” di cui parla la seconda lettura. In essa si riflette l’usanza, in occasione della festa degli Azzimi, di togliere dalle case ogni cosa fermentata e lievitata. È verosimile che anche questo rituale fosse stato integrato nella celebrazione cristiana della Pasqua, prima che avvenisse la frattura insanabile con il giudaismo. Il lievito è qui visto come simbolo di corruzione e degradazione; una degradazione che è progressiva e repentina: si parte da un minuscolo fermento, poi tutta la massa viene invasa. Anche il male dell’indifferenza è cominciato da alcuni settori, da alcuni ambiti della vita umana (in particolare alcuni aspetti dell’ambito economico) e poi è diventato pervasivo.
 
La novità
Nell’annuncio dell’Apostolo, l’essere “azzimi”, pani non lievitati, è visto come simbolo di purezza e rinnovamento, come possibilità di ricominciare da capo, senza essere inesorabilmente condizionati. Con forza l’apostolo annuncia che Cristo è la vera, la “nostra Pasqua”; in lui si compie il passaggio dall’uomo vecchio, alterato, inautentico, insensibile, sfigurato rispetto all’immagine di Dio, all’uomo nuovo, reso capace di amare con la forza originaria di Cristo, crocifisso e risorto.
 
Dio non è indifferente
Dio non è indifferente alla sorte dell’umanità oppressa; Dio non è indifferente al grido dei poveri. Noi possiamo cedere alla tentazione di voltarci dall’altra parte, lui risponde. Se questo non appare chiaro, talvolta, è perché il suo modo di rispondere non corrisponde alle nostre attese, anch’esse condizionate dalla mentalità dell’appiattimento e dell’indifferenza. La sua prima risposta è Cristo crocifisso; in lui Dio stesso si fa presente vicino a chi soffre e patisce l’ingiustizia. La risposta definitiva è la risurrezione di Gesù: Cristo risorto è segno di speranza per tutti. La risposta completa sarà, secondo la nostra fede, solo alla fine dei tempi, come diciamo nel Credo: “Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà”. Solo nel “mondo che verrà” potrà avvenire la piena sconfitta di quel meccanismo di male che ha preso tanti volti nella storia e che oggi si presenta a noi sotto la maschera siliconata dell’indifferenza, all’apparenza splendida, ma insensibile. Se accogliamo la gioia della risurrezione, usciamo dalla freddezza, per ricominciare ad avere la stessa attenzione misericordiosa di Dio.
 
Il tempo nuovo
Noi viviamo sospesi nel tempo intermedio tra la risurrezione di Gesù e la risurrezione offerta a tutti: per noi è cominciato un tempo nuovo, caratterizzato da una sensibilità nuova. Il tempo dell’indifferenza è finito, per noi che condividiamo la risurrezione di Cristo. Le donne che vanno al sepolcro sono preoccupate di chi potrà aiutarle a rotolare la pietra. Anche noi siamo di fronte all’indifferenza globalizzata con una preoccupazione simile, che alimenta il senso di impotenza e sprofonda sempre di più nella paralisi. Le donne che vanno al sepolcro trovano la pietra già rotolata via. Non è necessario un loro sforzo: Dio stesso sta rimuovendo i macigni della storia, Dio stesso sta sgretolando gli ingranaggi dell’indifferenza. Gesù è risorto: c’è speranza per tutti i poveri e gli oppressi, c’è speranza anche per noi.