Nella seconda domenica di Quaresima continua il cammino della comunità cristiana verso la meta pasquale. Gesù ci ha condotti nel deserto quaresimale (1a domenica), oggi, ci invita a salire sul Monte santo per rivelarci il suo volto di gloria. Il desiderio che spinge ogni viandante ad intraprendere il cammino della fede trova finalmente il suo appagamento: «Di te dice il mio cuore: cercate il suo volto. Il tuo volto io cerco, Signore» (antifona d’ingresso).
A chi ti cerca con cuore sincero, infatti, tu, Signore, ti riveli (cfr. Colletta). Abramo guarda le stelle del cielo, e crede alla promessa (1a lettura); il salmista grida aiuto nel pericolo e confida nel Signore (salmo responsoriale); san Paolo è sfidato dai nemici del Vangelo, ma nella morte e risurrezione di Cristo, scorge il progetto salvifico del Padre (2a lettura).
Nel deserto quaresimale lo sguardo, oppresso dal sonno del peccato, si rischiara e, oltre il velo della carne, è dato a tutti noi di intravedere la luminosa speranza a cui siamo chiamati. Uno squarcio, un istante, una pregustazione, per rinsaldare il cuore e intraprendere il santo viaggio, accompagnato dalla voce del Maestro e avvolti dalla nube.
Anche nella celebrazione liturgica siamo condotti sul Monte santo, nel luogo dove Dio rivela il mistero nascosto per secoli. Qui lo sguardo, rischiarato dalla luce della fede intravede il compimento di ogni promessa. Il velo del segno non è tolto, ma un suo lembo viene sollevato per pregustare il pegno della vita futura: «Per la partecipazione ai tuoi gloriosi misteri ti rendiamo fervide grazie, Signore, perché a noi ancora pellegrini sulla terra fai pregustare i beni del cielo» (Orazione dopo la comunione).
È l’esperienza della fede: solo Dio può squarciare il velo che acceca e aprire gli occhi della nostra mente. Egli guarisce le nostre incredulità, svela le profezie, ci libera da ogni timore. Se il nostro cuore l’accoglie, allora gli occhi della nostra mente saranno illuminati dalla luce della fede e riconosceremo nel Figlio dell’uomo il volto del Figlio di Dio. Nella liturgia il cristiano è chiamato a lasciarsi avvolgere dalla nube del mistero per essere illuminato dallo Spirito Santo. Col dono del Battesimo, infatti, diviene un “illuminato”: morendo alle tenebre del peccato egli riceve in dono la luce per vedere, attraverso i simboli della fede, il mistero che si rivela (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1216).
La luce che riverbera in questa domenica ci rimanda al cero pasquale nella Notte santa, segno di Cristo luce del mondo, per mezzo del quale vengono dissipate le tenebre del peccato e della morte, e tutta la Chiesa viene inondata di “solare chiarezza” (cfr. Exsultet).
Questa luce, che dall’unico e solo cero si divide in tante fiammelle, manifesta il volto più luminoso della Chiesa: assemblea santa, chiamata da Dio a brillare nel mondo (cfr. Is 60,1.3) e a risplendere tra i popoli quali primizia della gloria che avvolgerà i figli di Dio.
In questa domenica, dunque, invitiamo a riscoprire e valorizzare la varietà e al tempo stesso la sobrietà dei segni e simboli nella liturgia, evitando inutili aggiunte e sovrapposizioni di elementi coreografici estranei al linguaggio liturgico. Come ci ricorda Benedetto XVI, l’autentica bellezza nella liturgia non è fattore decorativo, ma un elemento costitutivo, l’affacciarsi del Cielo sulla terra: «Il memoriale del sacrificio redentore porta in se stesso i tratti di quella bellezza di Gesù di cui Pietro, Giacomo e Giovanni ci hanno dato testimonianza, quando il Maestro, in cammino verso Gerusalemme, volle trasfigurarsi davanti a loro (Sacramentum Caritatis, 35)».
Suggeriamo infine, di valorizzare in modo particolare l’acclamazione al Vangelo, con la processione e l’incensazione. I ritornelli qui proposti, possono accompagnare l’eventuale processione con l’Evangeliario e/o concludere festosamente la sua proclamazione (vd. RN 15-16).