26 marzo
Sabato Santo   versione testuale

«RINATI A VITA NUOVA»

Letture
Gen 1,1 - 2,2  (forma breve 1,1.26-31) Dio li benedisse e Dio disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi.
L’umanità è creata per ricevere la benedizione, in vista di una perfetta comunione.
Sal 103 Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra.
 
Gn 22, 1-18 Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente!
Abramo non porta a termine il sacrificio del figlio, che è destinato ad essere realizzato pienamente solo da Gesù, con il dono totale di sé.
Sal 15 Non abbandonerai la mia vita negli inferi, né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.
 
Es 14,15 - 15,1 In quel giorno il Signore salvò Israele dalla mano degli Egiziani, e Israele vide gli Egiziani morti sulla riva del mare.
La vittoria contro il popolo straniero nemico annuncia la vera vittoria, sul peccato e sulla morte.
Cantico Es 15 Tu fai entrare il tuo popolo e lo pianti sul monte della tua eredità.
 
Is 54, 5-14  Con affetto perenne il Signore, tuo redentore, ha avuto pietà di te.
La misericordia di Dio verso Gerusalemme è paragonata all’amore immenso dello sposo per la sposa, in un legame sponsale destinato a durare per sempre.
Sal 29  Ti esalterò, Signore, perché mi hai liberato.
 
Is 55, 1-11 Venite a me e vivrete; stabilirò per voi un’alleanza eterna.
I poveri sono chiamati a godere della salvezza che si realizza secondo il progetto di Dio, non secondo le dinamiche di potere degli uomini.
Cantico Is 12, 1-6 Attingeremo con gioia alle sorgenti della salvezza.
 
Bar 3, 9-15. 32 - 4,4 Cammina allo splendore della luce del Signore.
Israele è chiamato a uscire dalle esperienze negative del passato, per aprirsi finalmente alla luce della misericordia.
Sal 18 Signore, tu hai parole di vita eterna.
 
Ez 36, 16-17a.18-28  Vi aspergerò con acqua pura e vi darò un cuore nuovo.
Sal 41 Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio.
 
Rm 6, 3-11 Perché non fossimo più schiavi del peccato.
Il compimento sorprendente delle antiche promesse e degli eventi dell’Esodo.
Sal 117 Rendete grazie al Signore perché è buono, perché il suo amore è per sempre.
 
Lc 24,1-12 Perché cercate tra i morti colui che è vivo?
Dalla tristezza del fallimento, alla scoperta del progetto di Dio.

In breve
Felice colpa” canta il diacono nell’Exultet, nell’annuncio pasquale. Nel paradosso poetico si esprime la grandezza dell’amore divino, e la sorpresa per la misericordia che si è manifestata anche di fronte al peccato e alla morte.
Nella Veglia Pasquale Gesù si fa incontro ai battezzati con la luce della Risurrezione, nell’intimità della “notte santa”, il momento più adatto per celebrare la rinascita che avviene in lui. Gesù, che si manifestò «non a tutto il popolo», ma ai «testimoni prescelti da Dio» (At 10,41), nella notte santa si rivela in maniera speciale alla comunità che rigenera alla vita nuova. Celebrando il battesimo dei nostri fratelli e sorelle, soprattutto adulti, e rinnovando le promesse battesimali, ci scopriamo chiamati a testimoniarlo secondo lo stile misericordioso del Padre.

«RINATI A VITA NUOVA»

La profezia della salvezza piena
Il racconto del passaggio del Mar Rosso mostra che per salvare il suo popolo, Dio deve far perire gli egiziani; per manifestare la sua gloria all’Egitto, egli deve mostrarsi valoroso guerriero (cf. Es 14,14.25 «il Signore combatte per loro contro gli Egiziani»; anche nel cantico di Es 15 si dice, al versetto 3 «il Signore è un guerriero»). Nella nostra notte pasquale non avviene più così; dopo aver celebrato nel Venerdì Santo Gesù, che vince sulla croce proprio perdonando i suoi uccisori, oggi vediamo che il trionfo sul peccato, l’uscita verso la terra promessa di una umanità rinnovata, prefigurata profeticamente dal racconto dell’Esodo, non si compie salvando alcuni e annientando altri, ma coinvolgendo tutta l’umanità nella possibilità di rinascere con Cristo.

L’ostacolo alla grazia
La promessa e la profezia implicite nell’evento dell’Esodo non sono pienamente attuate dalla storia di Israele; le letture della veglia pasquale mostrano la continua, ripetuta tensione tra la volontà misericordiosa di Dio e il popolo che sembra volersi sottrarre al suo abbraccio paterno. Il punto di approdo del percorso biblico è la profezia di Ezechiele, che annuncia il dono di “un cuore nuovo” e di “uno spirito nuovo”, un “cuore di carne” che sostituisce il “cuore di pietra” (cf. Ez 36,26-27). Con ciò si rende evidente che il vero problema non sono i nemici esterni, ma il proprio “cuore indurito”.

Anche le attuali vicende del mondo invitano a riscoprire la profonda validità dell’intuizione del profeta-sacerdote: l’indurimento nel profondo della coscienza e dell’interiorità della persona è il vero, insidioso avversario che impedisce di accogliere l’amore di Dio e trovare pace in esso. La vicenda millenaria del popolo eletto da Dio svela a tutta l’umanità la distanza che ci separa dalla piena accoglienza della grazia e anche da una piena possibilità di autorealizzazione. Serve dunque una vittoria sul peccato: quella di cui parla nell’epistola Paolo. Essa è ottenuta con la partecipazione alla morte e risurrezione di Gesù, attraverso il Battesimo: «chi è morto, è liberato dal peccato» (Rm 6,7).

Morire e risorgere con Gesù
L’immagine della “lotta” contro la schiavitù del peccato serve a far comprendere meglio la bellezza e la grandezza di ciò che Gesù ha realizzato. In passato è accaduto (e la tentazione permane) che si presentasse il battesimo unicamente sotto questo aspetto: come la “liberazione”, il “lavaggio” dal peccato. Il pericolo era di sviluppare un pensiero di pura e semplice contrapposizione: quello di chi sa bene il “nemico” contro cui combatte, ma rischia di dimenticare “verso dove” sta camminando. I discepoli di Gesù non sono solo quelli che si mettono “contro” realtà, persone, modi di vivere e di pensare percepiti come peccaminosi.
L’evento giubilare, riprendendo e attuando la grande lezione del Concilio Vaticano II, ci invita a superare la logica della contrapposizione, per annunciare con gioia la misericordia del Padre. Essa ci permette di risorgere con Cristo: ci fa entrare nella terra promessa, non solo ci affranca dalla schiavitù.
Il battesimo che si celebra nella notte pasquale, o almeno la rinnovazione delle promessa battesimali, mostra l’accoglienza personale della misericordia di Dio. Rileviamo qui una variazione rispetto all’evento profetico dell’Antico Testamento: là un popolo intero è salvato, e quasi solo Mosè ha una piena consapevolezza di tutte le implicanze del progetto divino; qui, ciascuno è invitato ad essere re, sacerdote, profeta, annunciatore della misericordia di Dio.

Uno stile nuovo
A partire dal Battesimo si definisce lo stile dei credenti. Essi certamente non negano la realtà del peccato, e le sue manifestazioni negative nel mondo. Tuttavia, sono profondamente plasmati dal modo in cui Cristo ha ottenuto la sua vittoria, e (talvolta faticosamente) si adeguano ad esso. Nel Battesimo il peccato è vinto, ma la persona è salvata. Non si attua una vendetta, una rivalsa violenta, ma una comunione profonda con colui che ha preso su di sé il carico del peccato. Colui che era nemico rinasce come figlio: attraverso una libera scelta, attraverso un rito qualificante. L’apparente povertà del gesto liturgico (la semplice immersione nell’acqua, poi ridotta alla semplice aspersione sul capo) risulta particolarmente provocatoria nel nostro tempo, in cui sembra che non sia possibile risolvere nulla se non con investimenti milionari. Con amorevole dolcezza, il rito cristiano indica un percorso accessibile anche ai poveri, ai piccoli, mostra un piano dell’esistenza che non ha bisogno di strabilianti risorse finanziarie o tecnologiche. Nella testimonianza occorre far leva prima di tutto su questo livello profondo. Solo in seguito si potrà passare al livello più organizzativo e all’impiego di risorse materiali.

Gli aromi di troppo e l’annuncio liberato
Gli aromi portati dalle donne (cf. Lc 24,1) sono un lusso non necessario: un accessorio per il compianto, adatto a chi vuol vivere nel lutto della perdita, inefficace per chi è chiamato ad entrare nella gioia del Risorto.

Così anche noi ci presentiamo agli uomini e donne del nostro tempo liberati dal peso del rancore, della rivalsa, della denuncia ostinata del male compiuto. Non ci limitiamo a fare il lutto per il male che anche oggi si compie nella storia, per gli innocenti che vengono travolti dalla ferocia del mondo. Se lo denunciamo non è per ottenere vendetta o rivalsa, ma perché abbiamo fiducia nello stesso amore che ha risuscitato Cristo: esso può trasformare il nemico in amico, il peccatore in figlio, l’indifferente in una persona animata dalla fede.

Oggi il Risorto appare a noi nei segni fragili e poveri del Battesimo, dell’Eucaristia, di una comunità cristiana formata da persone imperfette. Non è facile riconoscerlo, ma proprio qui sta la sua forza. Essa si manifesta nella grande basilica, alla presenza di una folla, sotto i riflettori delle televisioni, così come nella chiesetta sperduta, nella celebrazione quasi catacombale, sotto il peso della persecuzione. La forza del Vangelo non costringe con la violenza, non seduce con la ricchezza, ma affascina con l’offerta di un amore che chiede libera risposta. Ma noi viviamo davvero in una simile libertà? La Pasqua di quest’anno può essere l’occasione per riconquistarla.