4 aprile
Sabato Santo   versione testuale

Rm 6,3-11 - Cristo risorto dai morti non muore più

Fratelli, non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte?
Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Se infatti siamo stati intimamente uniti a lui a somiglianza della sua morte, lo saremo anche a somiglianza della sua risurrezione.
Lo sappiamo: l’uomo vecchio che è in noi è stato crocifisso con lui, affinché fosse reso inefficace questo corpo di peccato, e noi non fossimo più schiavi del peccato. Infatti chi è morto, è liberato dal peccato.
Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo, risorto dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Infatti egli morì, e morì per il peccato una volta per tutte; ora invece vive, e vive per Dio. Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù.
Recuperare l’esperienza
“Fratelli, non sapete… ?” Paolo parla di qualcosa che i suoi interlocutori hanno già vissuto, sperimentato, anche se non ne sono completamente consapevoli. Non vuole dare un insegnamento nuovo; non trasmette una parola sua; cerca invece di fare in modo che ciò che Dio ha realizzato in loro sia portato pienamente alla luce, brilli in tutto il suo splendore, possa essere avvertito nei suoi effetti vitali.
 
Non partire da zero
La situazione comunicativa dell’apostolo presenta dunque svariate analogie con la maggior parte delle nostre attuali relazioni pastorali: si tratta ancora di persone che hanno ricevuto il Battesimo, che hanno ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana, o li richiedono per i figli, che hanno avuto un contatto con la vita della Chiesa: vivendolo però senza profondità, a volte anche con esperienze negative.
Con essi non è possibile partire da zero: non si può cancellare il dono di Dio che è già stato dato, anche se non è pienamente germogliato. Mentre però si tenta di recuperare la grazia incancellabile, occorre chiedersi che cosa le ha impedito di esprimersi pienamente. Paolo lo spiega attraverso  l’immagine dell’“uomo vecchio”, segnato dal peccato, contrapposta all’“uomo nuovo”, rigenerato in Cristo.
 
L’uomo vecchio
La distinzione (qui implicita: se ne parla compiutamente in Col 3,9-10) tra “uomo vecchio” e “uomo nuovo” indica la trasformazione, il passaggio che si compie in chi accoglie Gesù risorto. Non appartiene all’ambito del visibile: esteriormente infatti il credente non si distingue dalle altre persone; anche moralmente potrebbe essere meno nobile: ci sono state grandi personalità di non credenti in Cristo che hanno dato un grande contributo alla storia dell’umanità; così pure per il carattere, il credente potrebbe essere meno simpatico e meno attraente di altri. Ma anche la personalità più nobile e umanamente riuscita è costretta a fare i conti con la pesantezza del peccato: che si manifesta in molteplici modi, come egoismo, come chiusura, come appropriazione, come inimicizia. Soprattutto lo scontro con il nemico, che può essere il nemico personale, o l’avversario politico, o qualcuno che si ritiene avversario dentro la Chiesa, fa riemergere tutta la nostra fragilità e ingoia di nuovo nel gorgo del peccato e della violenza. La storia degli ultimi secoli ci mostra l’esempio di svariate rivoluzioni cominciate a fin di bene e terminate in un bagno di sangue. Non dobbiamo necessariamente attribuirlo alla malafede: vediamo però che anche la più nobile intenzione può degenerare in odio distruttivo, nel momento in cui incontra una contrapposizione. La stessa pesantezza la sperimentiamo nella nostra vita quotidiana, in cui ognuno conosce la sua debolezza, la fragilità che, come un piano inclinato scivoloso, tende a far ricadere nell’abisso della lontananza da Dio, o nella palude della disillusa indifferenza. Paolo la definisce “uomo vecchio”; mostrando la possibilità che una simile zavorra possa di nuovo invischiare chi è stato liberato da Cristo.
 
L’uomo nuovo
L’uomo nuovo, di cui si parla esplicitamente in Col 3,9-10 (“vi siete spogliati dell’uomo vecchio e avete rivestito il nuovo…; in Gal 3,27 si parla di “rivestirsi di Cristo”) è essenzialmente la persona che si configura a Gesù, che agisce come lui. Ciò non è possibile senza una spinta interiore, data dalla forza dello Spirito. Il Battesimo accende in noi i fuoco dello Spirito, la fiamma della sua carità; ma se non la si custodisce, rischia di affievolirsi, fino a non dare più la sua luce. La celebrazione del Sabato Santo, sia che vengano celebrati i battesimi, sia che si celebri solo la memoria del battesimo dei partecipanti, è un invito a riaccendere la fiamma della fede (indicata dal simbolo del cero pasquale, che accende le candele di tutti i presenti).
 
La novità di cui c’è bisogno
La novità di cui si parla è dunque la scintilla dell’amore di Cristo, immessa in noi dallo Spirito: non è  un essere alla moda, né un essere al passo con le ultime tecnologie. In ambito economico si parla tanto di innovazione, di progresso continuo. Grandi promesse hanno garantito sostanziali miglioramenti nella vita delle persone e dell’umanità. Gli ultimi anni stanno smentendole: a una crescita iperbolica delle tecnologie e delle possibilità di miglioramento, ha fatto seguito una contrazione della ricchezza e un impoverimento di molti, a dispetto dell’arricchimento di alcuni. Con la stessa efficienza con cui la tecnologia può migliorare la vita in bene, essa può essere volta al male. Lo stesso procedimento informatico che permette al disabile di comunicare, di interagire, di esprimersi come persona, superando i limiti della sua malattia, può essere usato per rendere più efficiente il bombardiere che distrugge e uccide. Anzi: solitamente prima viene l’applicazione militare, poi quella civile. Nonostante il progresso, le intenzioni profonde restano identiche. È il cuore che deve cambiare. Solo Gesù può farlo.
In termini automobilistici, la differenza è paragonabile a quella tra una carrozzeria ridipinta e un motore funzionante. Le presunte novità del progresso sono un turbinoso e scintillante cambio di carrozzeria, un nuovo design degli interni, per rendere l’abitacolo più confortevole. Aggiungiamo pure una sontuosa dotazione di accessori elettronici. Ma se non si accende la scintilla nella camera di combustione, il motore non parte, e la macchina non si muove.
Forse anche a noi manca la scintilla da cui tutto riparte… ci lasceremo accendere dal Risorto in questa Pasqua? Accetteremo di lasciare che lui risvegli la nostra fede e la nostra carità operosa?