3 aprile
II domenica di Pasqua    versione testuale

«PACE A VOI»

Letture
At 5,12-16 Tutti venivano guariti.
La guarigione e la cura dei malati e dei più poveri è il segno dell’amore del Risorto che continua a operare nella sua Chiesa.
Sal 117 Rendete grazie al Signore perché è buono: il suo amore è per sempre.
Ap 1,9-11.12-13.17.19 Io, Giovanni, vostro fratello e compagno nella tribolazione.
Il discepolo di Cristo può ricevere stima e incontrare successo, ma ciò si mescola con la realtà della persecuzione.
Gv 20,19-31 Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi.
Gesù trasmette ai discepoli la stessa forza di riconciliazione e perdono, e la stessa missione che ha ricevuto dal Padre.

In breve
Vivere il Giubileo: la comunità cristiana e il perdono
L’annuncio del perdono è possibile solo a partire dalla Risurrezione. Senza risurrezione infatti ci sarebbe solamente una colpa imperdonabile, un peccato non cancellabile. Senza risurrezione sarebbe possibile soltanto la vendetta e la punizione. Noi invece che crediamo nella risurrezione, possiamo essere testimoni di riconciliazione e di perdono: non nel senso di una indifferenza indiscriminata verso il peccato, ma attraverso l’annuncio della possibilità di essere uniti al Crocifisso-Risorto, per rinascere con lui. «A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati» (Gv 20,23). Non si tratta di una restrizione, ma appunto della serietà della missione della Chiesa. Il perdono offerto da Cristo chiede di essere accolto, non sciupato.
Prepararsi al Congresso Eucaristico: il Risorto viene incontro al mondo nella testimonianza integrale della sua Chiesa
Dall’Eucaristia, dall’incontro settimanale con il Risorto, deriva la testimonianza dei credenti, che non va identificata con un annuncio solo parlato. Nel Vangelo appare evidente che solo la presenza del Risorto genera una testimonianza autentica: ma non si tratta unicamente di un qualcosa da “dire” o da “annunciare in pubblico”. I testi biblici inseriti nella liturgia mostrano una pluralità di azioni che, prese insieme, costituiscono la testimonianza: innanzitutto la cura dei malati; poi l’annuncio e il conferimento del perdono; e poi la preghiera, la reciproca accoglienza fraterna.

La ricapitolazione delle promesse
Il saluto del Risorto “Pace a voi” si innesta nella vasta tradizione delle antiche promesse bibliche; in esso anche noi ascoltatori del terzo millennio ritroviamo tutte le esigenze fondamentali dell’umanità, nella loro espressione più autentica: salute, sicurezza materiale, fecondità, serenità, prospettiva di futuro, relazioni armoniose con il prossimo. Si oppongono alla pace così intesa sia la miseria e la penuria disumanizzante, sia il lusso, la sovrabbondanza, il possesso sfrenato: anch’esso risulta ugualmente disumano, perché necessariamente crea abbondanza da una parte, indigenza dall’altra. La povertà evangelica è lo strumento che permette di bilanciare il proprio superfluo con chi non ne ha; è possibile vivere una simile povertà solo se si è inseriti nella pace del Risorto.

Solo a noi?
Soffermiamoci ancora sul saluto del Risorto: “Pace a voi”. Il dono riguarda innanzitutto il gruppo dei discepoli, non immediatamente il mondo: “non come la dà il mondo, io la do a voi”, leggiamo sempre nel vangelo di Giovanni. Non si tratta di un’esclusione ingiusta e definitiva: chi vive in prospettiva mondana non può fare esperienza della pace del Risorto, perché se ne è tirato irrimediabilmente fuori. La misericordia di Dio non consiste in un’offerta disimpegnata, ma nell’invio del Figlio, che a sua volta manda i discepoli. Sarà possibile entrare nella sua pace solo attraverso la concreta accoglienza dei suoi messaggeri. A loro volta essi sono investiti di una grande responsabilità: “A chi perdonerete i peccati saranno rimessi”. Ma l’annuncio e la prassi del perdono vanno visti nella loro dimensione complessiva e integrale.

A favore di tutto l’uomo
La prima lettura dagli Atti degli Apostoli mostra in maniera significativa la complessità e l’integralità dell’azione della comunità dei discepoli: in essa si distinguono un ministero specifico che appartiene agli apostoli, e una comunione profonda che riguarda tutta la moltitudine. Tra le azioni che vengono compiute, oltre alla preghiera e all’insegnamento, spicca la cura degli ammalati, soprattutto di coloro che sono divenuti poveri e mendicanti, e che vengono “portati”, e quindi aiutati, da persone che restano oscure, prive di ogni protagonismo: eppure il loro servizio è prezioso, anche il loro è un ministero di annuncio, animato da una fede almeno embrionale. Tutto ciò contribuisce ad accrescere il numero della comunità: sempre più persone si sentono valorizzate e attratte dalla fede. La comunità dei credenti è chiamata ad annunciare la Risurrezione in tutti i modi possibili, rivolgendosi a tutto l’uomo, non solo alla sua parte intellettuale, o emotiva, o razionale.

Di fronte alla persecuzione
L’impegno per una autentica umanizzazione, per una realizzazione integrale di ogni persona (e non soltanto di una parte autoproclamatasi eletta in tutta l’umanità) conduce necessariamente a qualche forma di persecuzione. Il Risorto conduce la comunità dei discepoli oltre le porte chiuse «per timore dei Giudei» (Gv 20,19); ma ciò significa che l’opposizione, prima solo temuta, finisce per manifestarsi e attuarsi: l’autore dell’Apocalisse, nella seconda lettura, si presenta come “compagno nella tribolazione e nella costanza in Gesù” esiliato “a causa della testimonianza di Gesù”(Ap 1,9), e diviene figura di tutti i nostri fratelli e sorelle nella fede che in molte parti del mondo subiscono il peso dell’ostilità a Dio e all’uomo, talvolta legittimata dalla bandiera del fanatismo, talvolta mascherata da parvenze di progresso e civiltà. Ma anche nelle circostanze più dure, i credenti ricordano le parole di Gesù: «amate i vostri nemici,... pregate per coloro che vi trattano male» (Lc 6,27-28).

La missione del perdono
Nella carità offerta anche al nemico, infatti, diviene particolarmente evidente la missione del perdono che il Risorto affida, nel brano evangelico, ai discepoli riuniti: «A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati» (Gv 20,23). Potremmo dire addirittura che il banco di prova dell’annuncio del perdono è proprio la capacità di pregare e non maledire i nemici. Stando al testo di Gv 20, sembra proprio che la missione del perdono abbia la preminenza totale sopra ogni altro aspetto della missione. I discepoli potranno portare la “pace” del Risorto, solo se porteranno il perdono; e potranno portare perdono solo mostrando essi stessi che sono in grado di avere amore per i nemici.

Persone rigenerate
Di fronte a Gesù il nemico, il peccatore, scompare: resta il figlio, il fratello ferito, la persona che ha commesso un grave peccato. Tuttavia, assimilando il nostro sguardo allo sguardo di Gesù, la comunità dei suoi discepoli è abilitata a distinguere il peccato da chi lo commette, la gravità della colpa, che contamina indubbiamente la persona e la società, e il nucleo della persona e della società che resta dono di Dio, buono della bontà del Padre, tesoro prezioso da cercare, recuperare, salvare. Qualcosa di grande accade tutte le volte che una persona accoglie il perdono di Dio e accetta di rinascere per un’esistenza nuova. È un grande miracolo, paragonabile alla guarigione di un cieco o di un paralitico. E tuttavia è trascurato nella prassi pastorale, o confinato nei tempi penitenziali. Anche il tempo pasquale è tempo di Riconciliazione, tempo per celebrare il sacramento della Penitenza, per celebrare il rinnovamento e la rigenerazione di tutta la vita.