Rinfrancate i vostri cuori. Uomo vecchio crocifisso con Lui (Cf. Rm 6,6) - Domeniche - 29 marzo - Domenica delle Palme 

29 marzo   versione testuale

Domenica delle Palme


Sarcofago di Giunio Basso - p. (entrata in Gerusalemme), S. Pietro (Museo del Tesoro), Città del Vaticano.

Il senso della celebrazione della Domenica delle Palme e della Passione del Signore e il suo significato in rapporto alla Settimana Santa alla quale introduce, è bene espresso nella monizione iniziale che avvia la processione delle Palme: «Questa assemblea liturgica è preludio alla Pasqua del Signore...Gesù entra in Gerusalemme per dare compimento al mistero della sua morte e risurrezione...Chiediamo la grazia di seguirlo fino alla croce per essere partecipi della sua risurrezione». Sembra sentire l’eco dell’esortazione di Andrea di Creta: «Corriamo anche noi insieme a colui che si affretta verso la passione, e imitiamo coloro che gli andarono incontro. Non però per stendere davanti a lui lungo il suo cammino rami d’olivo o di palme, tappeti o altre cose del genere, ma come per stendere in umile prostrazione e in profonda adorazione dinanzi ai suoi piedi le nostre persone». La Chiesa, infatti, specialmente in questo giorno, fa suo l’invito del Salmo 24,7: «Sollevate, porte, i vostri frontali, 
alzatevi, porte antiche, 
ed entri il re della gloria». Essa segue il suo Signore nel suo cammino verso la passione e impara a riporre la sua fiducia in Dio, il quale le assicura la sua assistenza perché “non resti confusa” (I Lettura). Nelle prove della vita, con l’invocazione del Salmista nel cuore, essa invoca il Signore perché non stia lontano, ben sapendo che il suo destino è quello di seguire il Maestro il quale “ha umiliato se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e alla morte di croce” (cf. Fil 2,6-7). La tentazione sempre in agguato è quella di cedere al sonno, come accadde ai discepoli di Gesù, e di non saper vegliare un’ora sola con il Signore (Vangelo). La Chiesa, nonostante tutto, continua però a seguire Cristo, il quale nella preghiera chiede: «Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!» (Mt 26,39). «Egli, che era senza peccato,
accettò la passione per noi peccatori
e, consegnandosi a un’ingiusta condanna,
portò il peso dei nostri peccati» (Prefazio).
In uno degli altorilievi che arricchiscono il sarcofago del IV sec. di Giunio Basso, prefetto di Roma, battezzato poco prima di morire, unitamente alla figura centrale di Cristo, imberbe, Signore dell’universo, il quale nella medesima nicchia è accompagnato dagli apostoli Pietro e Paolo, proprio nel registro inferiore, immediatamente sotto, è scolpita la scena dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme. La rappresentazione è essenziale: è presente il Cristo che cavalca un animale da soma, nell’atto di benedire, avvolto da un mantello svolazzante che rende bene il movimento e il dinamismo dell’azione; con lui sono presenti soltanto due personaggi, uno dei quali sbuca da un alberello centrale. Anche in questo caso la ricca varietà degli atteggiamenti e delle fisionomie contribuisce a rendere più vivace ed efficace l’episodio scolpito nel marmo. Se poi si considera questa scena in rapporto a quella che la precede, il peccato dei progenitori, allora in sequenza si può cogliere il messaggio che l’artista e il suo ispiratore hanno voluto trasmettere: nell’ingresso messianico di Gesù a Gerusalemme viene operata la salvezza dell’uomo dal peccato e dalla morte, la riconciliazione dell’uomo con Dio e il suo ritorno alla casa del Padre. Gesù, il quale come re e messia, principe della pace, entra a Gerusalemme, vuole entrare nel cuore dell’uomo di oggi con il dono della misericordia di Dio e così dare compimento al piano divino di salvezza per tutti i popoli.