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 OSSERVATORIO GIURIDICO LEGISLATIVO - aree tematiche - Minori - Adozione di minore da parte di coppia omosessuale 
Adozione di minore da parte di coppia omosessuale   versione testuale
Sentenza della Corte d'appello di Milano
La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 16 ottobre 2015 resa pubblica nelle scorse settimane, ha dichiarato l’efficacia in Italia del provvedimento emesso da un giudice spagnolo con cui una donna ha adottato in Spagna la figlia della sua compagna, nata con fecondazione eterologa. I giudici hanno ordinato la trascrizione dell’atto.
Le due donne italiane avevano iniziato una relazione affettiva nel 1999 e nel 2003 una delle due, attraverso una fecondazione eterologa, aveva partorito una bambina, da lei sola riconosciuta. Successivamente, nel 2009 si erano sposate in Spagna con matrimonio civile e nel 2010 la “coniuge della madre biologica” aveva adottato la bambina, come previsto dalla legge spagnola. Nel 2013, però, le donne avevano divorziato in Spagna e nello stesso anno la donna adottante si era rivolta al Tribunale per i minorenni di Milano, chiedendo il riconoscimento agli effetti civili interni dell’ordinanza di adozione spagnola della figlia. I giudici di primo grado ha rigettato l’istanza.
La Corte d’appello, investita della questione, ha in primo luogo respinto le domande della ricorrente riguardanti il riconoscimento e la trascrizione dell’atto di matrimonio contratto in Spagna e della sentenza di divorzio emessa sempre in Spagna nei confronti di entrambe.
In particolare, secondo il Collegio, queste domande non possono essere accolte sulla base della attuale legislazione italiana e della giurisprudenza della Corte di Cassazione e della stessa Corte d’appello, che si è pronunciata sulla trascrivibilità del matrimonio tra cittadini italiani dello stesso sesso con decreto 13 marzo/6 novembre 2015. Nelle motivazioni del decreto citato si legge che, nell’ordinamento italiano, “la diversità di sesso, seppur non indicata espressamente agli articoli 84 e seguenti del codice civile tra le condizioni necessarie per contrarre matrimonio, trova riferimento in numerose altre norme la cui struttura richiama lessicalmente i due contraenti del matrimonio, indicati per l’appunto come «marito» e «moglie»”. La connotazione eterosessuale del matrimonio trova riscontro anche nelle pronunce della Corte costituzione (cfr. sentenza 138/2010) in particolare di recente nella sentenza n.  170/2014 - con la quale la Consulta ha dichiarato, “in riferimento all’art. 2 della Costituzione, l’illegittimità costituzionale degli articoli 2 e 4 della legge 14 aprile 1982, n. 164, nella parte in cui non prevedevano che la sentenza di rettificazione dell’attribuzione di sesso di uno dei coniugi consentisse, comunque, ove entrambi lo richiedessero, di mantenere in vita un rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata - risultando da tale decisione che la regolamentazione dell’unione omosessuale resta comunque demandata alle scelte discrezionali del legislatore;…”
La Corte d’Appello ha, poi, affermato che neppure la normativa comunitaria e convenzionale  impone il riconoscimento nell’ordinamento italiano del diritto al matrimonio a persone dello stesso sesso. La regola “gender-neutral”, posta dall’articolo 9 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, riserva agli Stati la disciplina del diritto di sposarsi e di costituire una famiglia. Inoltre, nella sentenza Schalk e Kopf c. Austria del 24 giugno 2010, la Corte di Strasburgo, pervenendo ad un’innovativa lettura dell’articolo 12 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in combinato disposto con l’articolo 9 della Carta di Nizza, ha ritenuto che “il diritto al matrimonio di cui all’articolo 12 CEDU non debba intendersi limitato al matrimonio tra persone di sesso opposto, (ma) ha considerato che, pur in presenza di un emergente consenso generale europeo nei confronti del riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali, non vi era su tale questione, riguardante «diritti in evoluzione», un accordo consolidato degli Stati membri, specie con riferimento al matrimonio, istituto radicato in contesti sociali e culturali che possono differire molto da una società all'altra.... Andava perciò riconosciuto un certo margine di discrezionalità nella scelta del momento dell'introduzione delle modifiche legislative.”
Dalla impossibilità di trascrizione di un matrimonio valido ed efficace all’estero tra cittadini italiani dello stesso sesso discende inevitabilmente l’impossibilità della trascrizione in Italia della sentenza spagnola che di tale matrimonio ha statuito lo scioglimento per divorzio.
La Corte ha ritenuto, invece, meritevole di accoglimento la domanda di riconoscimento nell’ordinamento giuridico italiano e di conseguente trascrizione nei registri dello Stato civile  dell’ordinanza del giudice spagnolo che ha dichiarato l’adozione piena e legittimante della bambina nata da fecondazione eterologa.
Gli artt. 65 e 66 della legge in materia di diritto internazionale privato, prevedono che i provvedimenti stranieri relativi alla capacità delle persone, nonché all’esistenza di rapporti di famiglia, come quelli di volontaria giurisdizione hanno effetto nell’ordinamento italiano e sono quindi riconosciuti senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento, quando producono effetti nell’ordinamento dello Stato in cui sono stati pronunciati, non sono contrari all’ordine pubblico e sono stati rispettati i diritti della difesa. L’ordinanza di adozione della minore di cui si discute ha piena efficacia in Spagna ed è stata emessa da un’autorità giudiziaria spagnola, su istanza dell’adottante, con l’accertato pieno consenso della madre della bambina. Per quanto riguarda il rispetto dell’ordine pubblico, la Corte ha precisato che esso va inteso come ordine pubblico internazionale, ossia “come complesso di principi fondamentali caratterizzanti l'ordinamento interno in un determinato periodo storico o fondati su esigenze di garanzia, comuni ai diversi ordinamenti, di tutela dei diritti fondamentali dell'uomo”.
La legge italiana in materia di adozione prevede all’art. 6 che essa è consentita ai coniugi uniti in matrimonio, non separati, neppure di fatto, una volta accertata la loro affettiva idoneità e capacità ad educare, istruire e mantenere i minori che intendano adottare. All’art. 25 si prevede però che l’adozione possa essere disposta, nell’esclusivo interesse del minore, nei confronti anche del solo coniuge che, per libera scelta, come consentito nel nostro ordinamento, nel corso di un affidamento preadottivo alla coppia, abbia deciso di porre fine alla convivenza coniugale con il coniuge e di separarsi; anche alla stregua di tale previsione normativa deve quindi concludersi, secondo la Corte d’appello, che non possa ritenersi contraria all’ordine pubblico interno un’adozione da parte di una persona singola. Inoltre, l’art. 44, lettera d), consente l’adozione, sia pure con effetti non legittimanti, di un minore da parte di una persona non coniugata, qualora sia stata constatata l’impossibilità di affidamento preadottivo. Al riguardo, secondo la giurisprudenza dei tribunali minorili l’impossibilità di affidamento preadottivo può essere un’impossibilità non solo di fatto, ma anche di diritto, che permette di tutelare l’interesse dei minori (anche non in stato di abbandono), al riconoscimento giuridico di rapporti di genitorialità più compiuti e completi.
Inoltre, la Corte d’appello ha richiamato la sentenza n. 601/2013, nella quale la Corte di cassazione ha affermato che costituisce “mero pregiudizio” ritenere che “sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale” e che come ogni situazione deve essere valutata singolarmente, tenuto conto del preminente interesse del minore rispetto alle figure genitoriali e al suo diritto di convivere e/o mantenere regolari rapporti significativi con tutte le figure adulte di riferimento, indipendentemente dalle loro tendenze sessuali, ritenute in concreto adeguate ad assicurargli l’affetto e la cura indispensabili per la sua armoniosa crescita.
La Corte EDU ha poi più volte sottolineato l’obbligo per l’autorità giudiziaria di uno Stato aderente alla Convenzione, di assumere decisioni riguardanti minori, tenendo prioritariamente conto del superiore interesse del minore, valutato in concreto, al mantenimento della propria vita familiare ex art. 8 CEDU e alle relazioni instaurate con le figure genitoriali di riferimento, ribadendo il principio che anche le relazioni omosessuali rientrano nella nozione di vita familiare.
In questo contesto normativo, come interpretato dai giudici italiani e dai giudici sovranazionali, secondo la Corte d’appello, “non vi è alcuna ragione per ritenere in linea generale contrario all’ordine pubblico un provvedimento straniero che abbia statuito un rapporto di adozione piena tra una persona non coniugata e il figlio riconosciuto del partner, anche dello stesso sesso, una volta valutato in concreto che il riconoscimento dell’adozione, e quindi il riconoscimento di tutti i diritti e doveri scaturenti da tale rapporto, corrispondono all’interesse superiore del minore al mantenimento della vita familiare costruita con ambedue le figure genitoriali e al mantenimento delle positive relazioni affettive ed educative che con loro si sono consolidate, in forza della protratta convivenza con ambedue e del provvedimento di adozione”.
Nel caso in esame - ha precisato la Corte - appare accertato che la bambina ha vissuto con entrambe le donne sin dalla nascita, per quasi dieci anni e sino alla cessazione della convivenza, che da loro è stata allevata, curata e mantenuta e che con loro ha evidentemente costruito stabili e forti relazioni affettive ed educative riconosciute dalle stesse donne.
La Corte ha, quindi, ritenuto che il provvedimento spagnolo con cui è stata disposta l’adozione non sia contrario all’ordine pubblico e come tale debba essere riconosciuto nell’ordinamento italiano e trascritto nei registri dello Stato civile.