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 OSSERVATORIO GIURIDICO LEGISLATIVO - aree tematiche - Migrazioni - Unione Europea: la migrazione quale priorità strategica 
Unione Europea: la migrazione quale priorità strategica   versione testuale
26 ottobre 2015

L’acuirsi negli ultimi mesi dei flussi migratori verso l’Europa e la conseguente pressione straordinaria sui sistemi di asilo di alcuni Stati membri hanno indotto le Istituzioni europee a dedicare particolare attenzione al tema, concentrandosi su diversi obiettivi diretti ad evitare ulteriori perdite di vite umane e ad individuare canali di migrazione legale.
Il 13 maggio 2015 la Commissione europea ha presentato l'Agenda europea sulla migrazione; a seguire, il 27 maggio 2015, un primo pacchetto di misure attuative della stessa Agenda europea, attraverso le quali si è prevista la ricollocazione, in due anni, dall’Italia e dalla Grecia agli altri Stati membri di 40 mila richiedenti asilo in evidente stato di bisogno di protezione internazionale.
Nel pacchetto si prevedeva anche il reinsediamento negli Stati membri di 20 mila persone individuate dall’UNHCR tra soggetti in evidente stato di bisogno di protezione internazionale ospitati temporaneamente al di fuori dell’UE (nei campi profughi di Stati terzi come Libano e Turchia);
Il 25-26 giugno 2015 il Consiglio europeo ha accolto le proposte della Commissione europea, mentre il 20 luglio 2015 il Consiglio giustizia e affari interni ha raggiunto l’accordo sulla ricollocazione in due anni di 32.256 richiedenti asilo dall’Italia e dalla Grecia. A causa dell’opposizione di alcuni Stati membri ad accogliere le quote ad essi assegnate di profughi, non veniva dunque raggiunto il numero di 40 mila originariamente previsto.
Il Consiglio si accordava altresì sul reinsediamento di 22.504 sfollati (più di quanti previsti dalla Commissione europea) in evidente bisogno di protezione internazionale provenienti da paesi extra-
UE.
Ancor più di recente, il 9 settembre 2015, la Commissione europea ha presentato un secondo pacchetto di attuazione dell’Agenda europea sulla migrazione recante, in particolare, un piano di ricollocazione di ulteriori 120 mila richiedenti asilo da Grecia, Italia e Ungheria agli altri Stati membri. Secondo la proposta, sarebbero stati ricollocati 15.600 richiedenti asilo dall’Italia, 50.400 dalla Grecia e 54.000 dall’Ungheria. La proposta prevedeva, inoltre, l’assegnazione agli Stati membri destinatari del ricollocamento di 6 mila euro per richiedente asilo accolto, nonché di 500 euro agli Stati beneficiari per persona ricollocata per gli oneri relativi al trasferimento. La Commissione prevedeva inoltre una sanzione pecuniaria fino allo 0,002 per cento del PIL nazionale nei confronti degli Stati membri che si dichiarassero, per giustificati motivi, nell’impossibilità di ricevere richiedenti asilo.
Contestualmente, la Commissione europea presentava una proposta di regolamento volta ad istituire un meccanismo permanente di ricollocazione in deroga al regolamento Dublino (che prevede che, in linea di principio, il Paese di primo approdo sia competente a trattare la domanda di asilo) da attivarsi in tutti i casi in cui uno Stato membro si trovi ad affrontare situazioni di crisi a causa di ingenti afflussi di migranti e di uno straordinario numero di richieste di asilo.
La stessa Commissione presentava, infine, una proposta di regolamento istitutiva di una lista europea di Paesi definiti sicuri in quanto rispettano standard considerati sufficienti in materia di diritti umani. Ai richiedenti asilo cittadini di uno Stato incluso in tale lista dovrebbe essere rifiutato dagli Stati membri lo status di rifugiato.
Il 14 settembre 2015 (previo parere positivo del Parlamento europeo) il Consiglio giustizia e  affari interni adottava la decisione recante il citato primo meccanismo di ricollocazione. In tale occasione il Consiglio trovava l’accordo sulla ricollocazione di 24 mila persone dall’Italia e di 16 mila dalla Grecia.
Ma l’urgenza del periodo portava il 22 settembre 2015 (previo parere positivo del Parlamento europeo) il Consiglio giustizia e affari interni straordinario ad adottare una decisione recante il secondo meccanismo citato di ricollocazione (120 mila persone): in base alla decisione, 66.000 persone venivano ricollocate dall'Italia e dalla Grecia (15.600 dall'Italia e 50.400 dalla Grecia) negli altri Stati membri.
Rispetto alla proposta originaria della Commissione europea, dal novero degli Stati membri beneficiari della ricollocazione veniva esclusa l’Ungheria in quanto contraria al meccanismo.
Conseguentemente, le restanti 54.000 persone saranno soggette al ricollocamento dopo un anno dall'Italia e dalla Grecia oppure da altri Stati membri che si trovino ad affrontare situazioni di crisi per i propri sistemi di asilo e di accoglienza. Il Consiglio non ha invece accolto la proposta di sanzione economica sopracitata per gli Stati che abbiano dichiarato di non poter partecipare al programma di ricollocamento: uno Stato membro può notificare al Consiglio e alla Commissione la propria incapacità temporanea a partecipare al meccanismo di ricollocazione fino al 30% dei richiedenti ad esso assegnati per motivi debitamente giustificati e compatibili con i valori fondamentali dell'Unione; la Commissione valuta i motivi addotti e presenta proposte al Consiglio in merito alla temporanea sospensione della ricollocazione fino al 30% dei richiedenti assegnati allo Stato membro interessato e giustificato. La Commissione può proporre di prorogare il termine per ricollocare richiedenti nella quota restante fino a 12 mesi e su tali proposte dovrà decidere il Consiglio.
Il giorno seguente, 23 settembre 2015, si è svolta una riunione straordinaria informale dei Capi di Stato e di Governo per discutere la crisi dei rifugiati in esito alla quale venivano approvate conclusioni volte a sostenere Libano, Giordania e Turchia nell’affrontare la crisi dei rifugiati siriani, e ad aiutare l’UNHCR, il Programma alimentare mondiale e altre agenzie con un miliardo di euro. Nel Piano di azione stipulato con la Turchia, il 6 ottobre scorso, si è stabilito, tra l’altro, in un miliardo l’entità dell’aiuto a favore di tale Paese a carico dell’UE.
Ancor più di recente, l’8-9 ottobre 2015, il Consiglio giustizia e affari interni ha approvato un finanziamento aggiuntivo mediante un bilancio rettificativo del budget per fare fronte alla crisi dei rifugiati, stabilendo 401,3 milioni di euro in impegno e 57 milioni in pagamenti. Nella stessa occasione il Consiglio ha approvato delle conclusioni circa il futuro della politica di rimpatrio.
Sulla base della bozza delle conclusioni il Consiglio europeo di metà ottobre è intervento sui seguenti tre aspetti:
la cooperazione con i Paesi terzi per contenere i flussi;
il rafforzamento della protezione delle frontiere esterne dell’Unione europea con una estensione del mandato a Frontex anche alla gestione dei rimpatri;
la risposta all’afflusso di rifugiati in Europa ed una più efficace politica di rimpatrio (per i non aventi diritto alla protezione).
L’appuntamento ora fondamentale sarà quello previsto l’11 e 12 novembre a La Valletta: si tratta di un vertice internazionale ove si discuterà di migrazione con i paesi africani e altri Paesi chiave coinvolti. La Conferenza si baserà sui processi di cooperazione esistenti tra l'Europa e l'Africa, in particolare i processi di Rabat e Khartoum (che consistono in fori di dialogo regionale tra l’UE ed i Paesi dell’Africa occidentale, centrale e mediterranea sui temi migratori) e il dialogo UE-Africa in materia di migrazione e mobilità.
Il vertice tratterà delle sfide e delle opportunità della migrazione. Riconoscerà inoltre che la migrazione rappresenta una responsabilità condivisa dei Paesi di origine, di transito e di destinazione. Le discussioni tra i partecipanti si concentreranno su cinque settori specifici:
1. affrontare le cause profonde della questione adoperandosi per contribuire alla creazione di pace, stabilità e sviluppo economico;
2. migliorare il lavoro di promozione e organizzazione di canali di migrazione legale;
3. rafforzare la protezione dei migranti e dei richiedenti asilo, in particolare dei gruppi vulnerabili;
4. affrontare più efficacemente lo sfruttamento e il traffico di migranti;
5. collaborare più strettamente per migliorare la cooperazione in materia di rimpatrio e riammissione.