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 Sussidio Avvento-Natale 2011 - I Domenica, 27 novembre - Introduzione biblico sapienziale 
Introduzione biblico sapienziale   versione testuale
Dio è colui che trasforma la storia e noi
Nelle contraddizioni della storia

Il profeta è colui che ha il coraggio di guardare in faccia anche la sventura, il fallimento, che chiama per nome il peccato: perciò il suo messaggio è sempre scomodo, sempre attuale, ma sempre in qualche modo fuori-luogo, spesso fastidioso per il popolo che ascolta. La lettura della prima domenica di Avvento ci presenta un fatto sorprendente: un popolo intero diventa popolo profetico, lasciandosi educare dal suo Dio, accogliendo la dura lezione della storia: “ti sei adirato perché abbiamo peccato contro di te da lungo tempo e siamo stati ribelli”. Il profeta dà voce a tutto il popolo, non solo all’amarezza, ma anche alla speranza, alla fiducia nell’azione di Dio: “se tu squarciassi i cieli e scendessi!”. L’invocazione del popolo avrà una risposta, nella domenica del Battesimo del Signore, in cui i cieli si aprono e lo Spirito si posa su Cristo, primogenito di un popolo rinnovato.
Il riconoscimento del peccato e del fallimento, dunque, non conduce allo sconforto, ma ad una rinnovata fiducia in Dio, riconosciuto come “Padre”, come colui che ha il potere di riformare e rigenerare il popolo, come un artigiano che ripara ciò che è stato rotto: “noi siamo argilla, e tu colui che ci plasma”.
 

Dio rieduca alla libertà
L’immagine dell’argilla non rimanda ad un potere assoluto, ad un destino imperscrutabile per cui la divinità fa e disfà la creatura umana a suo arbitrio e piacimento: rimanda piuttosto all’atto creativo, secondo l’antica concezione ebraica: l’uomo formato dalla “polvere del suolo”. Nella schematica semplicità del racconto della Genesi si rivela una profondità insospettabile: la creatura umana è fragile, come la polvere della terra; eppure Dio le dona “un alito di vita”, le dona uno spirito di libertà. Dio forma l’uomo e la donna perché siano liberi e responsabili, ed esercitino la loro libertà nel mondo, come vediamo nel vangelo, in cui il padrone di casa, prima di partire  “ha dato il potere ai servi, a ciascuno il suo compito”. L’azione educativa del creatore della storia, del Padre celeste, consiste, dunque, nel ridonare libertà e responsabilità all’uomo e alla donna che ha creato, nel permettere di nuovo che l’umanità viva un percorso di autentica libertà. Gesù lo annuncia nel vangelo con la parabola del padrone e dei servi: essi ricevono un incarico di fiducia, che esige accortezza e affidabilità. Per tutto il tempo che il padrone è assente, sono essi i custodi della casa. Paolo scrivendo ai Corinti fa notare la sovrabbondante fiducia di Dio, che ci ricolma della sua grazia: “in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della conoscenza”. E assicura: “egli vi renderà saldi sino alla fine”: la chiamata di Dio non è un fatto occasionale e sporadico, ma si estende nel tempo, e chiede saldezza e costanza.

 
 
La riscoperta del tempo

La libertà umana, infatti, si esercita nel tempo: non quello istantaneo, appiattito sul presente, ma il “kairos” che sta in relazione con il passato e il futuro: suppone la gratitudine e l’esperienza del passato, l’attenzione al presente, la tensione al futuro. In una parola Gesù esprime il rapporto con il tempo con l’invito alla vigilanza, ad una capacità operosa di attesa che non rimane nell’ambito della comunità cristiana, ma può essere testimoniato ad ogni uomo:  “Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!”.
Il credente è quindi una persona che conosce il valore del tempo, in tutte le sue dimensioni. Guidato dallo Spirito  di Cristo, egli è capace di vedere lontano, di predisporre un futuro per tutti. Ciò a cui è chiamato il discepolo non riguarda lui solo, ma anche chi non fa parte della Chiesa: la comunità cristiana, con la sua presenza, ricorda ad ogni popolo, ad ogni terra in cui vive, la sua dignità e responsabilità, la sua apertura al futuro.
La preghiera del popolo profetico e l’annuncio evangelico riaprono dunque alla speranza: Dio è all’opera, anche in una storia che ad occhi superficiali sembra assurda e inconcludente; anche gli eventi più sconcertanti possono essere letti  come un mezzo per essere risvegliati, scossi dall’indifferenza, e restituiti alla vera libertà e responsabilità. In un tempo in cui la crisi economica mostra il limite di una ingenua pretesa di onnipotenza e sviluppo illimitato, fondato su pilastri inconsistenti di sfruttamento e debito, ogni credente è chiamato a ritrovare “il suo compito”, il suo posto, il suo punto di osservazione e di guardia, per riaprire a tutti le vie della speranza, e per essere pronto ad accogliere il Signore.