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 Home GMCS2016 - Per agire - La misericordia nella canzone italiana 
La misericordia nella canzone italiana   versione testuale

C’è poco da fare: nel baluginante mondo canzonettaro la misericordia c’è entrata di rado. E così come il perdono, il più delle volte la si è invocata/evocata sperando di beneficiarne molto più che per offrirla. Ovvio in un mondo frivolo, da sempre più giocato sulle apparenze che sulle sostanze, certo più propenso all’auto-indulgenza che a riservare comprensione e compassione, ancor meno verso i limiti del prossimo. Per gran parte, dunque, infinite richieste d’indulgenza, da implorare con gli occhi bassi: molto spesso per un tradimento sentimentale, talvolta per qualcosa di più grave, ma appunto quasi sempre da chiedere, quasi mai da donare gratuitamente.
E tuttavia qualche eccezione c’è, e non mi riferisco solo alle omelie rimate della christian-music. A volte poco più che un accenno, altre volte con tentativi più seri d’approfondire il concetto, o per lo meno, di lasciarsene permeare: talvolta – ed qui che emergono le intuizioni più interessanti – provando a dribblare gli stereotipi e i luoghi comuni sull’argomento.
 
In questo senso uno dei frammenti più belli è certamente l’epilogo de Il testamento di Tito di Fabrizio De Andrè, presente in quel memorabile capolavoro di rilettura laica dei vangeli apocrifi che fu La buona novella; ai piedi della Croce, davanti al corpo morente di Gesù, Tito - il “buon ladrone” al suo fianco - così conclude la sua requisitoria sul mondo:
 
Io nel vedere quest’uomo che muore
Madre, io provo dolore.
Nella pietà che non cede al rancore
Madre, ho imparato l’amore.
 
Una chiusura  ancor più efficace e spiazzante proprio perché ribalta completamente la litania di durissimi j-accuse delle strofe precedenti, aprendo simultaneamente su una prospettiva nuova l’anima di questo piccolo malfattore nel quale non è certo difficile specchiarsi.
La poetica di De Andrè sarebbe poi tornata sulla questione in Smisurata Preghiera, suggello di quell’album, Anime Salve, considerato il suo testamento artistico e spirituale. Qui l’indimenticabile Faber ribaltò di nuovo il gioco, chiedendo sì misericordia al Signore, ma non per sé, quanto per i reietti e i peggiori della terra, siano essi ipocriti o guerrafondai, emarginati e naufraghi del vivere; ed anche in questo caso la svolta sta tutta nel finale:
 
Ricorda Signore questi servi disobbedienti alle leggi del branco.
Non dimenticare il loro volto
Che dopo tanto sbandare, è appena giusto che la fortuna li aiuti.
Come una svista, come un’anomalia, come una distrazione, come un dovere.
 
Quattro diverse, laicissime e personalissime definizioni dell’essenza stessa della misericordia, cui molte altre si potrebbero aggiungere.
In chiusura del suo messaggio, papa Francesco scrive: “Comunicare con misericordia significa contribuire alla buona, libera e solidale prossimità tra i figli di Dio e fratelli in umanità”. E’ in fondo ciò che sottintende la struggente Mio fratello che guardi il mondo di Ivano Fossati. Scritta agli albori della globalizzazione selvaggia e del melting-pot generato dalle dolorose migrazioni che stanno stravolgendo i nostri panorami socio-culturali, il brano sembrerebbe sottolineare le medesime urgenze di Francesco:
 
Mio fratello che guardi il mondo
E il mondo non somiglia a te…
…Sono nato e sono morto in ogni paese
E ho camminato in ogni strada del mondo che vedi…
…Se c’è una strada sotto il mare
Prima o poi ci troverà
Se non c’è strada dentro il cuore degli altri
Prima o poi si traccerà…
 
Abbiamo a che fare, lo ripeto, con piccole per quanto luminose eccezioni. Sarà che questo sentimento - questo approccio alle altrui mancanze che non esige neppure la reciprocità di un pentimento… – appare così difficilmente praticabile che risulta impervio anche solo affrontarlo in forma di canzone. Soprattutto è difficile capirlo nel profondo, senza ricondurlo a ben più bassi profili: siano essi un indiscriminato e dunque asettico senso di partecipazione alle sofferenze altrui, o generici sentimenti di condivisione, d’amore, di solidarietà. Raramente il mondo del pop ha saputo andare oltre.
Ma se nella celeberrima Perdono la Caselli si limitava a un “mea culpa” post-adulterino e tracimante di autoindulgenza, meno banale è l’omonima canzone di Tiziano Ferro (Xdono) arrivata trentacinque anni più tardi, nel 2001:
 
Perdono sì, quel che è fatto è fatto
Io però chiedo scusa
Regalami un sorriso io ti porgo una rosa
Su questa nuova amicizia pace si posa…
…Un misto fra incanto e dolore
Ripenso a quando ho fatto io del male
E di persone ce ne sono state tante
Buoni pretesti sempre troppo pochi
Tra desideri labirinti e fuochi
Comincio un nuovo anno chiedendoti perdono…
 
Ma si sa, le canzoni non sono il luogo ideale per dispensar consigli, e le loro sintassi viaggiano lontano dai concetti, prediligendo – giustamente – le emozioni. A volte, come nella struggente Anche per te di Mogol-Battisti è la canzone stessa a farsi atto di misericordia per l’atteggiamento a cui si guarda a qualcuno o a una certa situazione; altrove, come nell’indimenticabile L’agnello di Dio di De Gregori, si preferisce evocarne il perfetto opposto e i suoi ipocriti travestimenti:
 
Ecco l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo
Disse la ragazza slava venuta allo sprofondo
Disse la ragazza africana sul raccordo anulare
Ecco l’agnello di Dio che viene a pascolare…
E dimmi quante maschere avrai, e quante maschere avrò
 
Anche Samuele Bersani, affrontò l’argomento da una prospettiva opposta: in uno dei suoi primissimi successi, Il Mostro, lasciando sottintendere che la misericordia implica innanzi tutto l’uscita da sé per entrare nei drammi altrui:
 
…Basta passare la voce che il mostro è cattivo
Poi aspettare un minuto e un esercito arriva…
… Dicono che sono pronti a sparare sul Mostro
Lo prenderemo sia vivo che morto sul posto…
… Gli resta solo una cosa, chiamare il suo mondo lontano
Lo fa con tutto il suo fiato, ma sempre più piano
Vorrei poterlo salvare, portarlo via con un treno
Lasciarlo dopo la pioggia, là sotto un arcobaleno.
 
Un approccio non troppo diverso da quello de La cura di Battiato, altro omaggio carezzevole rivolto a chi è in difficoltà; e qui il messaggio di papa Francesco torna d’attualità, specie là dove scrive : “La misericordia può aiutare a mitigare le avversità della vita e offrire calore a quanti hanno conosciuto solo la freddezza del giudizio”:
 
Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie
Dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo
Dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai…
…Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza
Percorreremo insieme le vie che portano all’essenza…
 
C’è anche chi, come il rapper Frankie HiNrgy, nel brano Essere umani ha provato a riflettere su ciò che dovrebbe/potrebbe spingerci verso l’indulgenza e la comprensione verso il nostro prossimo; quasi un richiamo alla sempiterna regola d’oro, non a caso patrimonio comune di tutte le religioni, “non fare agli altri quel che non vorresti fosse fatto a te”:
 
Basterebbe solamente un poco d’attenzione
Prendersi un istante per una riflessione
Scegliere il motivo più futile e capire che quel motivo potrebbe tornare utile
Questo ci vorrebbe e questo non si fa
Se lo si pretende, spesso non si dà
Si guarda chi affonda senza aver pietà
E non si comprende che la barca è unica
Cerchiamo di restare umani, cerchiamo di restare qui
Cerchiamo con la testa e con le mani, cerchiamo i nostri simili
 
Mi sovviene anche Vinicio Capossela – altra voce anomala del cantautorato italico –, e la sua Ovunque proteggi, per molti versi una sorta di inno alla misericordia (senza per altro nominarla mai). Misericordia e compassione, in questo caso non solo per sé, ma anche con cui guardare chi più ci è vicino:
 
Mi spiace se ho peccato, mi spiace se ho sbagliato
Se non ci sono stato, se non sono tornato
Ma ancora proteggi la grazia del mio cuore
Adesso, e per quando tornerà il tempo
Il tempo per partire, il tempo per restare
Il tempo di lasciare, il tempo di abbracciare…
 
            Quanto al presente, un’occhiata ai testi dell’imminente Sanremo, confermano il trend generale cui s’accennava in apertura. Ma anche qui, qualche briciola misericordiosa la s’intravede. Per esempio in Irene Fornaciari che in Blu, riferendosi al dramma dei profughi mediorientali, canta:
 
… C’è una donna in mezzo al mare, vestita di blu
La prende in braccio un pescatore bello come Gesù
E nel suo sguardo s’arrende l’amore purissimo e senza un perché…
…Questi fiori fra le onde chiedono pietà…
 
Per certi versi un po’ di profumo compassionevole aleggia qua e là anche tra i Sogni e Nostalgia di Neffa, in mezzo a Di me e di te degli Zero Assoluto, e nella Nessun grado di separazione di Francesca Michielin. Poco più che intenzioni in verità, ma che lasciano filtrare, se non altro, un modo meno autoreferenziale di porsi verso la vita e gli altri. E allora, forzando un po’ la mano, tiriamo in ballo anche lo sberleffo dissacrante e bizzarro di Elio e Le Storie Tese che, parafrasando un vecchio successo di Ranieri, tra un richiamo a San Paolo e un altro ai tuberi, chiudono il loro pezzo buttando lì uno spiazzante: “E il messaggio che noi qui vogliam comunicar con questi ritornelli è Vincere l’odio”.
 
Ma tra le infinite canzoni italiane cui sto cercando di far mente locale in questo parzialissimo sorvolo (chissà quante canzoni sto dimenticando…), forse quella che più d’ogni altra mi pare abbia saputo entrare nel nocciolo della questione è un vecchio brano (un rap) di Alessio Bertallot, un tempo membro degli Aeroplani Italiani, oggi produttore e dj di gran fama. S’intitolava Io vi voglio bene, ed è proprio questo intercalare usato come ritornello a chiusura di ogni strofa, a disorientarci e a commuovere, nonostante più d’un passaggio biforcuto, nonostante il pezzo abbia più di vent’anni, nonostante il concetto di misericordia sia sempre sottinteso e magari inconscio:
 
…Voglio dire a quella gente che guadagna sul dolore
Che alimenta sempre l’odio, la vendetta e il terrore
Quella maledetta gente senza cui staremo tutti molto bene:
Io vi voglio bene
Perché a volere male son capaci tutti
Il male con il male non dà buoni frutti
E non credo che la gente che fa del male
Non abbia un motivo che la fa sbagliare...
…L’esser laico non mi soffoca il vocio
Della gente a cui ho fatto male io…
 
Una vera e propria “rivoluzione copernicana” quella sottintesa dal testo di Bertallot (così come è la misericordia stessa, del resto), ma che, come tutte le rivoluzioni, implica coraggio, come ben ha ricordato papa Francesco; e a volte anche sofferenze e lacrime: solo che, per realizzarla davvero, hanno da essere le nostre…
 
 
Franz Coriasco