SNEC - Un libro al mese
Una citazione


La fenomenologia dell‘atto dell‘abitare ruoterà sempre attorno a tre o quattro poli che una vera casa reca in sé: anzitutto l‘intimità personale,il raccoglimento, il silenzio; poi il polo centrale dell‘incontro, il cenacolo della “cerchia familiare”; in terzo luogo i camminamenti che li raccordano; infine, l‘ospitalità e l‘apertura verso l‘esterno. Quando parliamo di architettura meditativa o ancora di “luogo completo”, non possiamo dimenticare quei valori semplici quanto fondamentali che ci consentono di accedervi. In particolare non possiamo dimenticare i luoghi in cui, durante l‘infanzia, abbiamo scoperto l‘intimità e il silenzio: un piccolo abbaino, un solaio, una rimessa, una capanna in giardino, una “casa” sull‘albero. Bachelard afferma (in La poétique de l‘espace - ndr) che questi luoghi per noi sono indimenticabili: “Per essere precisi, l‘essere non li vuole cancellare. Sa d‘istinto che quegli spazi della solitudine sono costitutivi...”. Se oggi tanti uomini e donne si sentono persi quando il frastuono cessa e si trovano circondati dal silenzio, nel mare alto dell‘anima, forse in buona parte questo accade a causa del fatto che nella loro memoria manca un luogo di quel tipo. La stessa capacità di pregare non può che restarne sminuita o persino atrofizzata. La vita monastica invece non saprebbe farne a meno. La “continuità” della meditazione ha in sé qualcosa di decisivo. Sarebbe il colmo se non esistesse nel monastero la dimensione intima della cella o del focolare - se si dovesse vivere come in un “monumento” puramente “rappresentativo” o, al contrario in un‘architettura strettamente funzionale».
 


Ultimo aggiornamento di questa pagina: 15-GEN-13
 

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