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La sala dei cavalieri nel castello di Rothenfels, nel 1928.
La sala dei cavalieri nel castello di Rothenfels, nel 1928.


Rudolf Schwarz è colui il quale ha restaurato il castello di Rothenfels, che fu acquisito dal movimento Quickborn che aveva in Romano Guardini la sua guida spirituale. E in quel castello, nel corso degli anni ‘20 e fino alla sua soppressione a opera del regime nazista, i giovani cattolici celebravano nella “sala di cavalieri” semplicemente disponendo in varie configurazioni i loro sgabelli attorno alla mensa.
Quel genere di celebrazioni di una comunità di amici è evidentemente il “luogo” che Scwharz ha come momento di riferimento, fondante per il suo pensiero liturgico-spaziale. E il suo argomentare ha il grande pregio di mettere assieme liturgia, teologia, architettura come un tutto inscindibile. “Costruire la chiesa” è una pietra miliare dell‘architettura del luogo di culto, non perché indichi concreti progetti, ma perché introduce a un modo ragionato (e anche ben informato) di porsi nei confronti del progetto della chiesa. Questa è il più complesso degli edifici, per il semplice fatto che non è un semplice edificio. Al punto che, come sostiene lo stesso Schwarz, la chiesa ideale non ha pareti: è il semplice atto del celebrare in comunità. Non dà soluzioni né suggerimenti, per quanto alcune delle chiese realizzate nella Germania postbellica abbiano soluzioni evidentemente ispirate a queste pagine. Oggi il pregio del volume sta nell‘aiutare a porsi di fronte al progetto della chiesa in modo problematico, a distogliere da soluzioni superficiali, ad approfondire tutti gli aspetti implicati in esso. A non considerarlo un progetto alla stregua degli altri. Egli avanza descrivendo con linguaggio a volte poetico il diverso configurarsi di una chiesa di persone, di “pietre vive”, per le quali l‘ipotetica forma del costruito è momento di mediazione con l‘indicibile, spazio che, più che avere una forma, è un segno scaturente da un rapporto con l‘infinitamente altro che, pertanto, a questo riconduce. Lo spazio della chiesa è inteso come atto di fede. Schwarz in vari punti avverte contro i rischi del riduzionismo, delle facili semplificazioni, delle distorsioni che possono facilmente avvenire se quelli che descrive come “tipi” di spazio ecclesiale, sono presi semplicemente come vuota forma. Per Schwarz costruire una chiesa vuol dire cercare l‘occasione dell‘incontro ultimo, definitivo: sapendo che non riuscirà a trovarlo in virtù delle proprie forze. C‘è chi ha assimilato il suo scritto a una preghiera. Certamente è l‘indagine seria di un uomo di fede che intende risacralizzare la chiesa, in un‘epoca di lacerante travaglio, come luogo del silenzio e della contemplazione.


Ultimo aggiornamento di questa pagina: 05-OTT-15
 

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