Luomo digitale, come tutti gli uomini che di generazione in generazione lo hanno preceduto, è un uomo religioso. Di questa certezza esistenziale e spirituale ha dato testimonianza Benedetto XVI nelludienza dello scorso mercoledì: «Luomo digitale, come quello delle caverne, cerca nellesperienza religiosa le vie per superare la sua finitezza e per assicurare la sua precaria avventura umana». Una catechesi dalla quale è riaffiorata la consapevolezza che «luomo porta in sé una sete di infinito, una nostalgia di eternità, una ricerca di bellezza, un desiderio di amore, un bisogno di luce e di verità, che lo spingono verso lAssoluto». È quel «desiderio di Dio» che solo la fragorosa arroganza di certa ragione ha potuto pensare di mettere in un angolo o di far inaridire e che invece emerge in tutta la sua forza anche nello spazio e nel tempo digitale. Spazio e tempo dilatati allinverosimile e simultaneamente miniaturizzati nellesperienza individuale. Condizione, questa, che rende il singolo abitante digitale un cittadino del mondo globalizzato dalla Rete e al tempo stesso proprietario di una minuscola porzione di quello spazio sterminato e senza confini apparenti che è il mondo digitale. A pensarci bene, dinanzi alla consapevolezza di questo spazio infinito e di questo tempo rapidissimo e frammentato, luomo digitale potrebbe avvertire un senso di spaesamento o addirittura provare le vertigini come quando, in alta montagna, si sosta sullorlo di un abisso. E invece galleggia, come sospeso in una bolla daria che la corrente sposta, provando persino una sensazione di leggerezza che a volte gli appare come una condizione perfetta, perché sembra semplificare le domande e fornire tutte le risposte. Ma così non è. Benedetto XVI sembra volerci dire che le grandi domande che sottendono lesperienza religiosa convivono con qualunque esperienza umana, appunto dalle caverne al digitale. E dunque che si tratti di nativi digitali o di migranti digitali (profondamente diversi per età, cultura, generazione, sensibilità), le grandi domande di senso potranno pure trovare parole diverse per essere esplicitate, modalità espressive molteplici e alternative nella loro riproposizione, ma avranno sempre il loro fulcro nellAltro e nellOltre. Un Qualcuno da incontrare e un Altrove da scoprire. Ecco, potrà sembrare paradossale, ma lambiente digitale ha molto dellaltro e delloltre (rigorosamente con le iniziali minuscole). Basti pensare ai meccanismi di ricerca propri della Rete, che restituiscono al moderno navigatore la sensazione di scoprire sempre nuovi mondi. Eppure, tutto nuovo non è. Altrimenti non sarebbe lì, a portata di mouse. Ovvero, non sarebbe stato raggiungibile, se non fosse stato già visitato, raccontato, sezionato. Lapprodo digitale non è, per usare una metafora letteraria, lisola che non cè. Ecco allora la sfida: fare del mondo digitale il luogo in cui è possibile aprirsi allAltro e allOltre. O almeno mettersi sulle loro tracce. Forse non è ancora maturo il tempo perché questo accada, ma è difficile che luniverso digitale possa trascurare luomo religioso, con i suoi bisogni essenziali, primo fra tutti la preghiera. Nel frattempo gli antropologi stanno già studiando le trasformazioni avvenute negli uomini e nelle donne immersi nellera digitale. Di sicuro, dovranno confrontarsi anche sul senso religioso di quelluomo e di quella donna. E raccontare se e come avranno incontrato lAltro e lOltre. E magari descrivere come avranno pregato il loro Dio. E se ancora avranno avuto il bisogno - come spiega magistralmente Benedetto XVI - di inginocchiarsi «spontaneamente». E a lui, allAltro, dichiarare «di essere deboli, bisognosi, peccatori». Magari con un solo, inestimabile, clic.