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In un film, il coraggio del perdono   versione testuale

“Perdonare le offese”: Philomena (2013) di Stephen Frears
 
Dalla parte degli ultimi
«Cari fratelli e sorelle, il perdono di Dio è ciò di cui tutti abbiamo bisogno, ed è il segno più grande della sua misericordia. Un dono che ogni peccatore perdonato è chiamato a condividere con ogni fratello e sorella che incontra. Tutti coloro che il Signore ci ha posto accanto, i familiari, gli amici, i colleghi, i parrocchiani… tutti sono, come noi, bisognosi della misericordia di Dio. È bello essere perdonato, ma anche tu, se vuoi essere perdonato, perdona a tua volta. Perdona!» (Udienza Generale, 30 marzo 2016).
Nell’Anno Santo straordinario della misericordia, papa Francesco non smette di ricordare alla comunità tutta, credenti e non, l’importanza della misericordia, che trova momento centrale nella capacità di perdonare ma anche di saper chiedere perdono. È la riconciliazione che rende liberi.
Tra le diverse proposte cinematografiche sul tema del perdono, certamente Philomena (2013) di Stephen Frears è una delle proposte più recenti e convincenti. Il film viene consigliato nel ciclo Cinema e Giubileo dalla Commissione Nazionale Valutazione Film della CEI - Fondazione Ente dello Spettacolo, in accordo con l’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della CEI, per approfondire l’opera di misericordia spirituale “Perdonare le offese”.
 
Philomena, il perdono che rende liberi
Presentato in Concorso alla 70. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia, dove ha ottenuto il Premio per la miglior sceneggiatura e il Premio cattolico internazionale SIGNIS, nonché vincitore del David di Donatello Miglior film Unione Europea, Philomena (2013) di Stephen Frears è un poetico e incisivo ritratto di una donna “resa libera dalla fede”.
Tratto da una storia vera, il film ricostruisce la vita di Philomena Lee – interpretata da una straordinaria Judy Dench, nominata per il ruolo all’Oscar e ai Golden Globe – sin dalla sua giovinezza in Irlanda negli anni Cinquanta. Rimasta incinta da adolescente, Philomena viene mandata in un convento per un percorso di rieducazione, dove appena partorito le viene sottratto il bambino per darlo in adozione. Cinquanta anni dopo, Philomena è sposata e madre realizzata, ma nonostante questo non smette di pensare al figlio che le è stato portato via. Chiede pertanto al giornalista Martin Sixsmith (un convincente Steve Coogan) di aiutarla a fare chiarezza sugli accadimenti. Comincia così una ricerca che porta i due a percorrere l’Irlanda e gli Stati Uniti, fino a scoprire la verità, fino al ritorno proprio in quel convento irlandese, dove Philomena si trova faccia a faccia con suor Hildegarde (Barbara Jefford), che si era occupata a suo tempo dell'affidamento del piccolo.
La giuria internazionale SIGNIS, tributando il riconoscimento al film Philomena, ha sottolineato il premio con la seguente motivazione: «Perché offre un intenso e sorprendente ritratto di una donna resa libera dalla Fede. Nella sua ricerca della verità, sarà sollevata dal peso di un’ingiustizia subita grazie alla sua capacità di perdonare».
Il film di Stephen Frears, sceneggiato da Steve Coogan, è un potente racconto della vita di una donna, lacerata da un’ingiustizia profonda, che però non si lascia toccare nell’animo, non si lascia influenzare nella dimensione della fede. Seppure la Chiesa irlandese è responsabile di tali fatti, Philomena non è assalita dal rancore o dal desiderio di rivincita. Il suo animo è riconciliato, in pace, grazie a una preghiera costante e solida. Dinanzi allo stupore del giornalista Martin, che la incita a reagire con voce alta e a ottenere “vendetta” per suo figlio, Philomena si abbandona al perdono, concede il perdono a coloro che le hanno tolto il figlio e le hanno negato la verità per molti decenni.
Il film presenta una sceneggiatura equilibrata, evitando di scivolare nel racconto a tesi, proprio grazie alla contrapposizione dei personaggi di Philomena e Martin. Entrambi sono graffiati dalla vita, devono convivere con dolori e delusioni, ma mentre la prima accetta il passato, è capace di leggerlo con il dono della fede, il secondo perde invece la propria fede, a favore di un astio costante e crescente. Sarà proprio il comportamento di Philomena, la sua capacità di perdonare, a destabilizzarlo, a far nascere in lui il dubbio della fede.
È proprio per queste motivazioni che il film Philomena di Stephen Frears risulta certamente adatto a declinare in maniera cinematografica il tema della misericordia spirituale “Perdonare le offese”. Philomena diventa infatti l’emblema del coraggio del perdono grazie all’incontro con il Vangelo.
 
 
Per approfondire con la Cnvf e Cinematografo.it
 
Commissione Nazionale Valutazione Film CEI: «In concorso a Venezia 70, il film è stato a lungo in lizza per i premi più importanti, ottenendo alla fine solo il Leone per la migliore sceneggiatura. Ha fatto invece incetta di molti premi “collaterali”, primo tra i quali il Premio SIGNIS, il più antico tra i riconoscimenti attribuiti al Lido (in precedenza era il Premio OCIC). Verità e perdono sono certamente i due elementi dentro i quali è racchiusa la parabola di Philomena, che da giovanissima subisce una violenza impossibile da dimenticare, che infatti per mezzo secolo non dimentica e che pure, ricostruiti i fatti, non alimenta in lei istinti di vendetta o di rivincita. Al giornalista che si meraviglia di tale generosità, la donna, anziana ma lucida, offre una lezione di civiltà e umanità, derivata da una fede che non è dogma ma intelligenza, tesoro di spirito e di preghiera, apertura verso l'altro. Giustamente premiato per la scrittura incalzante, serrata, stringata del copione, il film offre molti altri temi sottotraccia, sguardi non convenzionali sulla società inglese e americana, sulla religione, sulla famiglia. La regia di Frears miscela come sempre al meglio serenità, furbizia, attualità. E Judi Dench avrebbe meritato la coppa Volpi a Venezia come migliore attrice. Resta un film di notevole impatto drammatico che, dal punto di vista pastorale, è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti» (www.cnvf.it).
 
Rivista del Cinematografo - Cinematografo.it: «Stephen Frears torna ad inquadrare una donna indimenticabile sette anni dopo The Queen: la regina, stavolta, è Judi Dench, all’ennesima prova straordinaria, affiancata da un altrettanto eccellente Steve Coogan, coautore della sceneggiatura e produttore del film, tratto dal libro “The Lost Child of Philomena Lee” di Martin Sixsmith, pubblicato nel 2009 e basato sulla storia vera di una madre alla ricerca del figlio perduto. È un trattato sull’equilibrio, Philomena, la dimostrazione che il cinema può rapportarsi anche ad episodi reali senza dimenticare le mutevoli componenti che possono caratterizzare una storia, o la vita stessa: per farlo, Stephen Frears sceglie di non utilizzare un unico binario per le emozioni, creando in questo modo una miracolosa alternanza tra gli aspetti più struggenti di una vicenda di per sé strappalacrime e gli irresistibili, divertenti duetti tra Philomena e Martin. Da una parte la semplicità di una donna caratterizzata da un senso dell’umorismo a dir poco naïf, profondamente cattolica nonostante tutto, dall’altra il pragmatismo, il cinismo e l’ironia tipicamente British di un intellettuale ateo e abituato a ben altre storie. Mai banalmente, considerati gli sviluppi reali della ricerca intrapresa e l’evoluzione del racconto (che evitiamo di anticipare), il lavoro di Frears – realizzato su commissione – si svincola con maestria dal portare un semplice e superficiale attacco anticlericale, esaltando invece la dignità di chi crede proprio nella sequenza più significativa dell’intero film, affidando ad una parola – “perdono” – il senso ultimo e più profondo dell’intero viaggio» (V. Sammarco, Philomena, «Rivista del Cinematografo» - Cinematografo.it, 18 dicembre 2013)