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La bellezza ci salverà   versione testuale

L’arte e la bellezza ci salveranno
«La Chiesa ha sempre usato l’arte per dimostrare la meraviglia della creazione di Dio e della dignità dell’uomo, creato a sua immagine e somiglianza. Per questo la bellezza ci unisce e come dice Giovanni Paolo II citando Dostoevskij ci salverà» (Papa Francesco, La mia idea di arte, a cura di Tiziana Lupi, Edizione Musei Vaticani - Mondadori, Città del Vaticano-Milano 2015). Papa Francesco offre un’interessante riflessione sul ruolo dell’arte, che si rivela un «testimone credibile della bellezza del creato» e insieme uno «strumento di evangelizzazione». Il Papa rimarca inoltre il ruolo determinante dei Musei, custodi della memoria del passato, spazi da scoprire e da abitare dalle nuovi generazioni.
Nel ciclo di proposte dedicate a Cinema e Giubileo, per affrontare l’opera di misericordia spirituale “Insegnare agli ignoranti”, la Commissione Nazionale Valutazione Film della CEI - Fondazione Ente dello Spettacolo, in accordo con l’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della CEI, propone il film Francofonia (2015) di Aleksandr Sokurov.
 
Francofonia: tutelare i musei, difendere la civiltà
Presentato in Concorso alla 72. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia 2015, Francofonia di Aleksandr Sokurov – principale esponente della scuola cinematografica russa, autore di Madre e figlio, Moloch, Alexandra, Faust – è un nuovo viaggio che l’autore compie in un importante museo internazionale. Dopo il suggestivo sguardo nelle sale dell’Ermitage di San Pietroburgo con Arca Russa (Russkiy kovcheg, 2001), giocato tra storia dell’arte e storia del Paese, realizzato con un unico imponente piano sequenza, Sokurov conduce lo spettatore alla scoperta del Museo del Louvre di Parigi.
Il film documentario ricostruisce le vicende del Museo durante la Seconda guerra mondiale, in occasione dell’incontro nel 1943 tra Jacques Jaujard, direttore del museo parigino, e il conte Franziskus Wolff-Metternich, alla guida dell’amministrazione nazista; si rivela un tavolo d’intesa per tutelare i tesori dell’umanità dalla ferocia distruttrice della guerra. In Francofonia troviamo inoltre una raffigurazione di Napoleone e della Marianna per testimoniare la storia del Paese e le sue radici identitarie. Il grande museo parigino diventa esempio vivo di civiltà e occasione per entrare nel profondo dell’importanza che l’opera d’arte ha sulle vite che la osservano.
Sokurov compone un’elegia in difesa della memoria culturale, patrimonio della civiltà e speranza per il futuro, per coltivare l’animo al bello e alla condivisione con l’altro, tenendolo dunque al riparo dalla guerra e dal terrore. Messaggio, quello del regista russo, certamente attuale e di primo piamo, se si pensa al dramma consumato a Palmira sotto scacco di Daesh.
Il regista conduce lo spettatore all’interno del Museo del Louvre, svelando capolavori artistici, tra dipinti e statue. Sokurov fa tutto questo però non per regalare allo spettatore una mera visita turistica, ma per renderlo partecipe di un percorso di condivisione della memoria e della cultura, misure oggi più che mai necessari per difenderci dallo smarrimento sociale e valoriale, dalla serpeggiante ripresa della violenza.
Francofonia è un’opera pertanto preziosa per una riflessione sul tema dell’opera di misericordia spirituale “Insegnare agli ignoranti”, perché indica allo spettatore d’oggi e di domani l’urgenza di tutelare fermamente il patrimonio culturale universale, soprattutto laddove infiammano conflitti, dove l’uomo sembra aver perso la via della ragione.
 
 
Per approfondire con la Cnvf e Cinematografo.it
Commissione Nazionale Valutazione Film CEI: «“Chi sarei stato senza aver potuto vedere gli occhi di chi è vissuto prima di me?” dice il narratore, riflettendo su una galleria di ritratti, non semplici ricordi di volti ma radiografie di corpi e spirito, memoria fissate per noi di sensazioni e sentimenti che da un preciso periodo storico trapassano nel vortice di una storia universale. Il lavoro di Sokurov impressiona per la ricchezza di spunti e suggestioni che trasmette, conquista e commuove per la capacità di essere insieme diario, testimonianza, affresco. Una capacità non comune di farsi interprete di noi esseri umani in balia del tempo che passa e dell’arte che spesso lasciamo colpevolmente in mano alla violenza e alla guerra. Tristemente folle e attuale, è un film da vedere e meditare: affidato, con scelta intelligente per la versione italiana, alla voce di Umberto Orsini, una ricchezza in più. Dal punto di vista pastorale, per la capacità di costruire uno scenario forte e compiuto tra storia, arte, mente e spirito, entrando nel fondo del cuore dello spettatore, il film è da valutare come raccomandabile, problematico e da affidare a dibattiti» (www.cnvf.it).
 
Rivista del Cinematografo - Cinematografo.it: «La storia e la Storia, il film nel film, perché Sokurov non solo meta-testualizza, ma intertestualizza guidato da un solo faro: l’umanesimo. Con i musei ci sa fare: all’Hermitage di San Pietroburgo nel 2002 aveva realizzato Arca russa, l’anno precedente al Bojimans Museum di Rotterdam Elegy of a Voyage. […] Mentre Palmira, e il suo custode, viene decapitata dalla barbarie dell’Isis, Sokurov accoglie la sfida suprema, far ragionare ragione di Stato e ragione dell’arte, far stringere la mano e il cuore all’art pour l’art e all’umanesimo, per un nuovo, ultimo e utopico Rinascimento. Che sia, questa, operazione contemporanea lo ribadisce lo stesso intreccio di dubsmash (Hitler…), skype, montaggio del suono, interpolazione digitale, CGI che fa di Francofonia una Babele linguistica in cui, però, tutto è congruente, parlante e comprensibile: sistema aperto, in cui il cinema per l’arte tutta cerca di difendersi dal mondo stando nel mondo e donandosi al mondo. […] il fine ultimo, salvaguardare l’arte e dunque noi stessi, giustifica i mezzi, dice Sokurov, la collaborazione e il collaborazionismo. Sokurov ha la forza, e le palle, per dirlo, e ci mette la faccia: in Francofonia non c’è solo la sua voce, come nelle precedenti Elegie, ma lui stesso» (F. Pontiggia, Francofonia, in «Rivista del Cinematografo», n. 12, dicembre 2015, p. 57)